E’ un Franco Proto a tutto tondo, quello intervenuto a Radio Amore, chiaro nel fare il punto sulla complessiva situazione dei giallorossi, partendo proprio dal pareggio ottenuto domenica sul campo della Casertana: “Al Messina visto a Caserta non darei un voto numerico, concentrandomi, invece, sul sentimento riversato nella prestazione, non solo dai giocatori, ma anche dallo staff di lavoro e cioè da coloro che hanno aiutato gli atleti a scendere sul terreno di gioco nelle migliori condizioni possibili. Mi riferisco ai magazzinieri, all’autista, in generale a quelli che contribuiscono al raggiungimento del risultato. Già durante la settimana, avevo colto indicazioni di armonia, partecipazione e determinazione da parte di gente ostinata. Ho visto una compagine brava a coprire il campo in modo continuo e non più affetta, come in passato, da qualche pausa. Si sono ammirati concentrazione e voglia”.

Resta un po' di amaro in bocca per l’espulsione rimediata da Musacci nel finale, proprio quando la vittoria appariva impresa alla portata: “Non sono solito arrabbiarmi con i singoli in quanto, dietro un gesto istintivo, si può celare una reazione determinata da motivazioni a noi sconosciute. Cerco, quindi, di fare una valutazione globale e collettiva: Musacci è un collaboratore di Lucarelli e a quest’ultimo spetta il compito di valutare ed eventualmente   dei comportamenti. Io faccio un altro mestiere e non voglio commettere alcuna invasione dal punto di vista tecnico né, tantomeno, disciplinare. Non voglio giustificare nessuno, comunque, poiché sono per un atteggiamento rigoroso e molto serio. Due doppie ammonizioni, in tre partite, sono eccessive e, sia contro il Catania che domenica a Caserta, non affermo che abbiano determinato l’esito finale ma, sicuramente, complicato il raggiungimento dell’obiettivo”.

Un Messina quadrato quello ammirato nelle ultime uscite, a cui è forse mancato il guizzo decisivo sotto porta: “Una maggiore solidità non è riconducibile a me, piuttosto alla normalità che tutti da Lello Manfredi a Marcello Pitino, hanno trasferito a questa formazione. Fare stare meglio i ragazzi li induce ad una prestazione migliore. La squadra, però, dovrebbe fare qualche gol, perché se magari io sono quello imputato per il fatto che non ne abbiamo presi in due partite, sarebbe stato meglio essere indicato come colui con il quale abbiamo segnato di più. Sono una persona a cui è congeniale la capacità di proposta piuttosto della neutralizzazione degli altri. Non mi piace interdire ma essere offensivo, offrire una soluzione. Se non c’è un minimo di rischio, non si vince mai”.

Allargando l’orizzonte al passato ma soprattutto al futuro, il neo patron biancoscudato conferma di avere idee chiare e precise: “Inizialmente avevo riscontrato qualche ostilità da parte di chi, magari, non mi conosceva, ma una valutazione di prudenza è bene ci sia. Avete visto, nonostante ciò, nel tempo quanto sia stato determinato. Avevo un obiettivo da perseguire e l’ho raggiunto. Adesso siamo nella fase dell’innamoramento, ma passare all’amore è il momento più importante. C’è un entusiasmo dovuto alla ritrovata serenità, agli ultimi risultati, ad un gruppo compatto, alla sinergia con i media e le istituzioni, ma sarà fondamentale trasferire tutto questo in una logica destinata a rimanere. Abbiamo iniziato ora un processo destinato ad essere lunghissimo. Non solo di carattere patrimoniale ed economico ma anche di scelte, le stesse che fatte oggi, decideranno il nostro futuro e ci ritroveremo fra anni. C’è in atto un percorso di cambiamento forte e continuo. Io vedo una politica sportiva di indirizzo strategico, fatta di opportunità, ma non sarà immediato il riscontro. Sul lungo termine ci penseremo noi società, ma nel breve abbiamo necessità di supporto e sostegno”. Già da domenica: “Essendo il successo sportivo fondamentale, ci vuole il famoso dodicesimo uomo. Al Celeste era una costante, ma ho visto la partita col Catania in cui c’era moltissima gente. Contro il Taranto ci sarà una squadra che non ho scelto ma che nel bene e nel male ho trovato, a cui diventa essenziale dare supporto. E non solo sui social. Lo faccio io, lo fa il direttore, ma dobbiamo farlo all’unisono. Dobbiamo essere in grado di poter ribaltare ad una prestazione che potrebbe anche, nelle fasi iniziali, essere opaca. Nella sfida al Monopoli gli ultras con i loro cori sono stati decisivi. Non avevo mai avevo visto una cosa del genere dal primo al novantesimo, tanta intensità, passione, calore e amore nei confronti del Messina. Questo deve essere moltiplicato. Sappiamo che con i risultati la gente tornerà ma questo è un bivio e battendo il Taranto stacchiamo le altre compagini. Le prossime due, tre partite saranno quelle fondamentali per uscire fuori da una situazione di crisi e transitoria. Per non dovere dipendere più dai risultati provenienti da campi diversi. Andremo incontro alle penalizzazioni e dobbiamo, quindi, moltiplicare le prestazioni, accelerarle, liberare le energie. Messina è nelle condizioni di farlo e i ragazzi hanno bisogno di Messina. Non mi riferisco ad un fatto economico ma al sostegno. Naturalmente in uno stadio più piccolo come il Celeste una crescita di duemila persone porterebbe ad una vera e propria esplosione ma anche al San Filippo, dove c’è un gruppo portante si farebbero sentire. I ragazzi vogliono la gente, sarebbe la testimonianza del gradimento, della volontà decidere di andare a vedere il Messina. E’ la manifestazione del consenso”.

Immancabile un riferimento agli stipendi: “Siamo arrivati la settimana scorsa e abbiamo saldato gennaio, fra quindici giorni pagheremo febbraio e credo sia una cosa difficile da riscontrare in tante altre società, non solo calcistiche, in una fase di depressione economica”.

Il sogno, non troppo nascosto, rimane tornare al Celeste: “Giocare lì la serie C è l’obiettivo di Lello Manfredi dal primo momento in cui abbiamo deciso di collaborare. Messina può vantare un grande direttore generale bravo nel ruolo, nella mansione ma soprattutto messinese. Io mai ho visto una persona così innamorata della squadra della sua città. Fa tutto per la causa, non ha alcun interesse e lavora 24 ore su 24 per questo. E’ lui la vera risorsa dell’Acr”.

Risvegliare la cittadinanza dal letargo, costituendo riferimento soprattutto per i giovani è un punto focale: “Negli ultimi dieci anni c’è stato un vuoto, vogliamo che tornino ad avvicinarsi al mondo dello sport, offrendo un prodotto diverso”. Ma priorità anche alla questione debitoria, scomodo partner con cui dover fare i conti: “Per affrontare l’argomento occorre serietà. La società è stata acquisita in uno stato pressoché fallimentare. Stiamo facendo una serie di scelte per la ristrutturazione, in modo da andare a ricreare un sodalizio forte, parzialmente solvibile, credibile dal punto di vista economico e finanziario. Questa prospettiva la gente vuole, perché da ciò si parte per garantire la permanenza del club negli anni. Il grande passo, una vera svolta epocale, sarà riuscire a garantire l’autofinanziamento al club. Lavorare sul settore giovanile, creare plusvalenze ed interessi sul territorio. Non formare ed addestrare giocatori da dare agli altri. Non possiamo fare queste scelte di marketing: formare e poi al momento del ritorno, i benefici vanno a soggetti diversi da noi. Dobbiamo garantire solidità, attraverso scelte di politica sportiva. Nel calcio moderno il botteghino non è un elemento di guadagno ma una variabile ed assume le sembianze di un ricavo sperato. Vogliamo arrivare ad una voce riferita ai salari dei calciatori tale da non superare il 40% delle attività, come è previsto in ogni azienda. Esistono parametri ed indici da utilizzare”.

Una volta ridisegnato l’assetto societario, l’esito del campo diverrebbe elemento fisiologico: “Se riuscissimo a rendere tutto normale ed a stabilizzarci, i risultati sportivi saranno conseguenziali. Sicuramente non sono venuto a Messina per disputare campionati di sopravvivenza o per lottare per i play out. Mi pongo sempre davanti l’asticella del successo, ma questo è passaggio successivo. Avendo comunque un passato nel mondo del calcio, so dove mettere le mani. Le scelte dirigenziali e strutturali sono momenti obbligati, antecedenti al resto ma influiscono sulla costruzione dell’organico, sui giocatori da prendere e quindi sui responsi del prato verde. Ovviamente io l’obiettivo me lo pongo, ma devo raggiungerlo senza esasperazione, dovremo arrivarci senza accorgercene. Non voglio restare in lega pro a vita, il salto di categoria deve arrivare e voglio anche ottimizzare i tempi. Ma non posso dire quando accadrà. Ho mantenuto un profilo basso, senza promesse, ma puntando, a partire dal gruppo di lavoro di quest’anno, a crescere progressivamente. Ripeto sempre le stesse cose, fossi arrivato nel mercato di gennaio, Pozzebon non lo avrei ceduto, ma avrei rinforzato con un altro giocatore il reparto. Ciò si è ripercosso sulle chance da gol non sfruttate nelle ultime partite. Prendiamo in considerazione che nell’ambito di un campionato un portiere forte ti da sei, sette punti in più, un attaccante di spessore, lo stesso. Certi ruoli sono fondamentali ed imprescindibili nella costruzione di un organico”

Sviluppo a cui accedere grazie anche alla collaborazione degli imprenditori locali: “Al momento non si è fatto avanti nessuno. Forse la gente è timorosa data la situazione attuale, ma spetta a noi condurre in porto il campionato e portare ad avvicinarsi le persone. Naturalmente per pensare ad un futuro sempre più roseo, con prospettive interessanti è fondamentale che la società diventi della comunità. Io ho fatto una scelta per ristrutturare l’azienda con uno sforzo finanziario. Non sono uno sceicco, un indonesiano o un cinese ma neppure un pirla. Dobbiamo lavorare insieme per un solo risultato. Il club rimane della città. Mi piacerebbe e già in questi quindici giorni stiamo dando segnali importanti, essere una sorta di calamita per gli imprenditori, una forza di attrazione per conferire concretezza a questo sentimento di forte passione. La partecipazione non dovrebbe essere imposta tanto dalla forza economica, quanto dall’attività che svolgono sul territorio. E’ il territorio che consente loro di lavorare e fare profitti quindi è doveroso restituirne una parte per lo sviluppo dello stesso. Ognuno di noi deve fare qualcosa per gli altri, non possiamo pensare esclusivamente a noi stessi. Se manca l’acqua dobbiamo preoccuparci di fornirla se manca il club, dovere di chi può è garantire alla città una squadra dignitosa”.

Sezione: Acr Messina / Data: Mer 15 marzo 2017 alle 15:34
Autore: MNP Redazione / Twitter: @menelpallone
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