Oscar Wilde, il celebre letterato irlandese, in una delle sue meditabonde passeggiate notturne, affermò che “siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle”. Questo aforisma, poi divenuto celebre come quasi tutti gli altri pensieri del dubliner, si cuce alla perfezione su quella notte, tutta messinese, detonata il 5 giugno di 13 anni fa. Una serata folle, delirante, vissuta all’estremo, che regalò dignità e orgoglio a una città troppo spesso martoriata e stuprata nel suo essere intrinseco.

C’è chi lo definì “il giorno dei giorni” (a proposito di citazioni), chi lo indicò come la “data della rinascita”, chi si abbandonò a quella gioia che sembrava non poter avere una fine. Mettetela come volete, in ogni caso, tutti coloro che hanno il Messina nel cuore, ricorderanno per sempre quella data, come impressa in una lapide extrasensoriale fluttuante nella memoria. 5 giugno 2004. Una gioia nata dal fango delle serie minori e giunta fino alle stelle della serie A, dopo una cavalcata inarrestabile e, soprattutto, inattesa.

E, visto l’auspicato ritorno della prossima stagione, impossibile non indicare un assoluto protagonista, in quella serata di colori e sussulti: il vetusto e adorato Giovanni Celeste. D’accordo, il Messina guadagnò la promozione in massima serie grazie alle gesta di uomini ormai entrati nella mitologia peloritana, ma il primo attore fu senz’altro lui, quell’impianto che, invece di rimanere nei ricordi dei tifosi giallorossi, è appena tornato prepotentemente dinnanzi alle luci della ribalta. In molti si auspicano di ritrovare il suo abbraccio e, stando alle parole di Proto e Manfredi, tutto questo potrebbe diventare realtà tra qualche mese.

Di certo, in quella calda notte di messinesità, l’impianto di Via Oreto si presentò alle telecamere come un attore in procinto di ritirare un Oscar, sorridente ed emozionato, avvolto in una scintillante livrea giallorossa. La partita fu più che una formalità, con un Como già retrocesso che non cercò neanche l’onore delle armi, consegnandosi mestamente a un Messina in stato d’ebbrezza da successo. La doppietta di Re Artù, il bolide di Parisi, la gioia compassata del 41, i balletti di Zoro, l’esaltazione di Carminiello, le corse di Storari, la serenità del Pampa, la felicità di Mamede, il sorriso pulito di Mutti… tutto all’interno di quel gioiello, costretto in mezzo a strade, palazzi e balconi, che tanto ha donato a Messina e che forse, adesso, sta per ricevere.

Impossibile prevedere se sarà davvero “lui” a far tornare grande il Messina… di certo, grazie a quell’ultima gara disputata nella sua pancia, tredici anni fa, la nostra città ebbe l’ultimo momento di vera esaltazione sportiva. 

Sezione: Amarcord / Data: Lun 05 giugno 2017 alle 16:14
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @redattore
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