La sfida con il Cosenza è, per i tifosi del Messina, una sorta di derby anomalo, perché i silani sono tra le compagini che più frequentemente hanno incrociato i destini dei giallorossi, ma sicuramente le partite più sentite sono quelle con Catania e Reggina, così come per i cosentini avere di fronte il Catanzaro o gli stessi amaranto ha ben altro sapore. Messina-Cosenza è stato anche uno spareggio per la promozione in B nel campionato 1949-50, ripetuto per illecito sportivo e vinto dai giallorossi, fino a diventare, nel decennio dal 1983 al 1992, un emblema del gemellaggio tra le tifoserie, promosso dal cosentino Padre Fedele e finito, per motivazioni conosciute solo all’interno dei gruppi ultras, dopo la doppia sfida del torneo 1991-92. Proprio quello è il periodo in cui Messina-Cosenza divenne un appuntamento atteso dalle rispettive tifoserie per organizzare la classica trasferta-scampagnata, con famiglie al seguito e atmosfera festosa a prescindere dal risultato finale. Al “S. Vito” Padre Fedele accoglieva con gli ultras calabresi le carovane di tifosi giallorossi, a volte offrendo loro anche la colazione a sacco, e questa atmosfera da “Peace & love” sembrava essere di buon auspicio anche per le sorti rossoblù. Infatti, furono 5 le vittorie del Cosenza e 4 quelle del Messina, con 5 pareggi in sette campionati di sfide tra serie C1 e serie B. Curiosamente, negli anni in cui erano i giallorossi a cogliere il maggior numero di punti nelle due sfide di campionato, questa circostanza coincideva con risultati negativi per il Messina. Nel 1984-85, infatti, gli uomini di Scoglio pareggiarono 2-2 al S. Vito e vinsero 1-0 al “Celeste” con gol di Diodicibus, ma non riuscirono a coronare il sogno di tornare tra i cadetti. Nel 1991-92, in serie B, invece, la squadra allenata da Colautti impose il risultato ad occhiali in Calabria, mentre, nella gara di ritorno, fu il subentrato Veneranda a condurre i giallorossi ad un netto 2-0, ma il campionato si concluse mestamente con il ritorno in C1, preludio alla scomparsa dell’Acr dai quadri professionistici l’anno successivo.
Fu anche l’ultimo atto dello storico gemellaggio tra ultras messinesi e cosentini, vissuto con una certa insoddisfazione da entrambi, e soprattutto dai tifosi giallorossi meno caldi, che percepivano una scarsa cattiveria agonistica da parte dei loro calciatori, soprattutto al “Celeste”. Quella con i “lupi” divenne, nell’immaginario del tifoso medio peloritano sinonimo di partita poco avvincente, dolce eufemismo per non dire accomodata e come dare loro torto se ricordiamo, per esempio, il pareggio per 1-1 del campionato 1983-84. Le due squadre si affrontavano al “Celeste” in un caldo pomeriggio di inizio giugno per l’ultimo turno del torneo, abbondantemente salve e posizionate a metà classifica, ed i ritmi erano quelli che di solito si derubricano alla voce “da fine stagione”. Una lunga serie di passaggi a centrocampo, qualche tiro sbilenco, mentre il solito tifoso che, in Curva Sud, si posizionava qualche scalone più in su di chi vi scrive, con la sua sciarpa lunga fino ai piedi e due baffoni da competizione, strappava l’abbonamento sdegnato tra le risate di chi gli stava attorno. Quando, all’improvviso, al 73’, su una punizione battuta da circa una quarantina di metri di distanza dalla porta difesa da Busi, sotto i popolari lato monte, Del Rosso spara un sinistro potentissimo che finisce la sua traiettoria in fondo alla rete cosentina. L’esultanza del giovanissimo centravanti di Montecatini fu davvero sproporzionata se messa a confronto con la sorpresa dei suoi compagni di squadra e capitan Bellopede inseguì il numero 9 fin sotto la propria panchina per mollargli un sonoro ceffone, più che il classico buffetto di complimenti per la marcatura. Le cose vennero subito messe a posto, perché il Cosenza mise la palla al centro e, dopo una serie di passaggi senza quasi nessun contrasto, fu Frigerio a siglare l’immediato pareggio, risultato assolutamente mai nemmeno minimamente insidiato nei minuti che mancavano al 90’.
Sette anni dopo, il 5 maggio del 1991, andò in scena al “Celeste” una delle pantomime più esilaranti del calcio peloritano, quando Messina e Cosenza si affrontarono alla tredicesima giornata agli ordini del signor Cinciripini di Ascoli Piceno. Allenatore dei giallorossi era Materazzi, papà del futuro campione del mondo del 2006, allora in forza alle giovanili dell’Acr, e il risultato sembrava cristallizzato sull’ 1-1 con i gol di Breda al 36’ e Aimo al 65’. L’elemento destabilizzante della gara fu, questa volta, il cosentino Galeano, che segnò all’86’, ma i lupi persero improvvisamente la loro vis pugnandi e, nei minuti successivi, si aprirono generosamente agli attacchi avversari. Prima un tiro sballatissimo di Onorato, che era entrato indisturbato in area, poi due corner consecutivi con i peloritani che saltavano senza alcuna opposizione, e, infine uno scambio tra Protti e De Trizio, mise quest’ultimo solo davanti a Vettore, il quale posò le sue terga al suolo con largo anticipo lasciando all’ex barese tutto lo spazio necessario, sul primo palo, per siglare il pari. L’esultanza sotto la curva sud venne accolta in modo molto poco urbano dai tifosi giallorossi, consapevoli della farsa che si stava consumando sotto i loro occhi.
Anche questa edizione 2015 della sfida tra giallorossi e rossoblù giunge dopo tre sfide conclusesi al “S.Filippo” senza reti, ma la situazione delle due società e lo spirito dimostrato dagli uomini di Di Napoli sembra far prevedere un andamento molto più combattuto rispetto al recente passato. L’augurio è che nessuno, dopo questa gara, pensi a strappare il proprio abbonamento, ma che, anzi, una prestazione convincente e, soprattutto, vincente dei biancoscudati possa fare avvicinare sempre più tifosi a questo nuovo Messina.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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