Il 27 maggio di cinque anni fa, oggi come allora, se ne andava il Cavaliere. Il suo nome è scolpito nella mente di ogni messinese, così come i suoi modi da guerriero indomito e le sue esternazioni da tifoso innamorato. Si, proprio così… Emanuele Aliotta non era un presidente, era U Presidenti, il primo tifoso di un Messina splendido, scintillante, glorioso. Una serie infinta di immagini scorrono nella mente come un fiume in piena, diapositive per nulla ingiallite da un tempo assassino che può tutto, meno che intaccare il ricordo di un uomo che ha incarnato la messinesità come pochi.

Cinquecento giallorossa, sigaro, pugno alzato, urlo carismatico, lacrime, gioia. Tutti elementi che compongono il suo inarrivabile profilo e, ne siamo sicuri, niente e nessuno potrà mai lambire la sua monolitica figura di signore d’altri tempi. Come spiegare ad un adolescente cosa significa il Cavaliere Emanuele Aliotta per ogni tifoso messinese? Impossibile, le emozioni donate da quell’animo aristocratico sono pressoché inesprimibili a parole. A noi, semplici cronisti che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, non resta che tentare di descriverlo come merita, ovvero come un sognatore perdutamente innamorato della sua creatura.

Dopo la sua uscita di scena, datata settembre 2002, i messinesi hanno vissuto solo scampoli di una gioia breve ed effimera, circondata da personaggi che hanno sciorinato “rosari” improponibili per un supporters. Anni passati a parlare di “project financing”, fallimenti, rami d’azienda, tribunali, società fantasma e presenze allo stadio. Anni di ricatti, polemiche inutili e insulti immotivati anche (e soprattutto) da chi avrebbe dovuto proteggere e coltivare una passione mortificata. No, i suoi anni furono tutt'altra storia. Una cavalcata esaltante durata dal 1995 al 2002, condita da acquisti a sensazione, battaglie omeriche e pulsioni inebrianti. Uno splendido settennato da Presidente, come un capo di stato, che fruttò ben quattro meravigliose promozioni. Ma si sa, persone come il Cavaliere nascono una volta ogni secolo. E a lui, che ne ha attraversati due, oggi va il nostro ricordo. Un quinquennio senza di lui pesa come un macigno, soprattutto per chi l’ha amato visceralmente. Un uomo che ha fatto, senza promettere. Un uomo che quando ha promesso, ha mantenuto. Un uomo che ha ricevuto solo dopo aver dato, senza proporre strani do ut des dal dubbio fine.

In una settimana particolarmente sofferta, ci piace pensare che il Cavaliere ci guardi da lassù, con il suo immancabile sigaro e la sua mezza risata sicura. Ci piace immaginarlo come sempre, pronto ad inveire contro gli avversari del suo Messina, intento a sostenere la biancoscudata, non per vincere una partita, ma esclusivamente perché la maglia va tifata, sempre e comunque, senza se e senza ma. Presidente, manchi a tutti. Il tuo trono è ancora vacante.   

Sezione: Amarcord / Data: Mer 27 maggio 2015 alle 16:40
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @redattore
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