Messina – Juve Stabia è la risposta a quel “Chi te lo fa fare?” che, con insistenza, ci sentiamo ripetere e di fronte al quale spesso restiamo in silenzio. Se raschi il fondo e la luce diventa miraggio lontano, è inevitabile ti manchino gli argomenti. Hanno ragione quando ti dicono di rimanere a casa, sarebbe più comodo e, sicuramente, neppure troppo sbagliato.

 Il numero delle umiliazioni subite cresce in maniera proporzionale al trascorrere dei giorni. Il mercato di gennaio è merce esclusiva di società coi portafogli gonfi, novero al quale, manco a dirlo, non apparteniamo. Se non fosse per le voci circolanti, secondo le quali, tantissimi calciatori sarebbero già, con le valigie in mano, pronti a scappare, non ci saremmo accorti, neppure, di essere in pieno periodo di trattative. Mancano lungimiranza, chiarezza e soldi così come campi di allenamento degni di questo nome e bisogna ringraziare soltanto chi ha a cuore questa maglia gloriosa, se, quotidianamente, a fronte di un continuo peregrinare, si riesce ad abbozzare una forma di preparazione. Se tutto ciò non costituisse deterrente sufficiente a spegnere passioni e buoni propositi, aggiungete la pioggia battente e capirete perché il confine tra l’idiota e l’eroe, è linea sottile, spesso, invisibile.

Al San Filippo giunge una formazione campana dal reparto offensivo formidabile, contro cui, specie in queste condizioni, fare risultato appare missione impossibile: la difesa è guidata da Santacroce, l’attacco da Aniello Cutolo, mentre, gli scorpioni di Paponi e Marotta sono incubi ricorrenti che, a distanza di anni, tolgono ancora il sonno ai supporters giallorossi. Malgrado la barca appaia sul punto di affondare, non ci sentiamo di abbandonarla, non lo abbiamo mai lontanamente pensato. Siamo frastornati, confusi, preoccupati ma, supportati, al contempo, da un’unica certezza: in estate abbiamo sottoscritto l’abbonamento per vedere la biancoscudata e nessuno, nemmeno un destino eccessivamente crudele, ci impedirà di essere su quei gradoni.

“Pretendiamo chiarezza o ci avrete lontano” è lo striscione dietro il quale si sono raccolti i gruppi organizzati. Venti minuti di silenzio assordante accompagnano le squadre sul terreno di gioco, poi inizia la contestazione. Cori eloquenti all’indirizzo di una presidenza colpevole di mortificare la storia e umiliarne i colori. A promesse sbandierate ai quattro venti, sono seguite azioni dal contenuto opposto e deprecabile e, con il baratro a un passo, è quasi scontato che l’aspetto sportivo passi in secondo piano. Eppure il Messina sul terreno di gioco è compagine viva, lotta e non si risparmia. Il gap tecnico è colmato da una grinta fuori dal comune e per certi versi commovente. In un’atmosfera surreale Nardini segna: il gol porta con sé un po' di entusiasmo ma non illude e, “manca una vita” rimane la frase più gettonata sugli spalti. L’espulsione di Lucarelli, qualche istante, più tardi rappresenta il momento della svolta. La curva gli tributa uno scrosciante applauso, sa quanto sia grande il merito del tecnico toscano se quegli undici giocatori, aldilà di tutto, oggi hanno la parvenza di una squadra vera. L’ex bomber livornese sta raggiungendo il tunnel che conduce agli spogliatoi, alza una mano, ringrazia, ci chiede di dargli manforte. Glielo dobbiamo. Se ne sarebbe potuto andare, nessuno gliene avrebbe fatto un biasimo, contro tutto e tutti ha deciso di restare. I valori d’altronde, sono nella bocca di tutti ma nel cuore di pochi.

In un clima d’altri tempi, con pioggia e fango a fare da cornice l’arbitro fischia la fine della prima frazione. Per contestare ci sarà tempo ora è necessario stringersi attorno alla squadra. “Messina, Messina, Messina”, per ribadire con fierezza chi siamo, per caricare il più possibile, oggi si, undici leoni. Si riparte, i minuti scorrono lenti, le forze, al contrario, velocemente vengono meno. Il mister in gradinata continua la sua personalissima, duplice battaglia: è guida tecnica ma anche primo tifoso. Un occhio al cronometro, uno alla gara, iniziamo a realizzare che forse è davvero possibile. Ogni pallone bloccato da Berardi è un sospiro di sollievo, un attimo di paura regalato agli archivi. Per la prima volta, si fa fronte comune, mi giro e resto incredulo: ad un quarto d’ora dal gong sono tutti in piedi a spingere i giallorossi. Il Messina sta compiendo l’impresa con buona pace dei pronostici, senza alcuna spiegazione razionale. Cinque di recupero poi l’apoteosi. Accanto a me qualcuno piange, altri urlano, la gioia è incontenibile. Questo Messina – Juve Stabia è già negli annali delle gare leggendarie, nel novero di sfide di cui parleremo per anni, mentre l’allenatore, finito l’esilio forzato accompagna fiero la sua squadra a prendersi il doveroso tributo.

Con il petto gonfio d’orgoglio e i denti digrignati, sfideremo il futuro. E’ per vivere pomeriggi così che abbiamo deciso di non mollare.

Sezione: Dimensione curva / Data: Dom 29 gennaio 2017 alle 13:12
Autore: Giovanni Sofia
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