E’ esistito un tempo, ve lo assicuro, in cui essere tifoso di calcio era attività tremendamente divertente. Gli stadi erano pieni, i biglietti alla portata di tutti, gli orari compatibili con le esigenze lavorative, la pay-tv soltanto un’alternativa poco attraente. Nei settori popolari, spettatori assiepati come sardine costituivano davvero il dodicesimo uomo, offrendo, spesso e volentieri, spettacoli che per intensità e colore stregavano ed ammaliavano quanti avevano la fortuna di assistervi. Il pallone rimava con la passione, smuoveva le masse ed agitava i cuori, capace com’era di condizionare l’umore dei suoi adepti per il resto della settimana.

Nel paese del papa, al pari della messa, la partita era appuntamento fisso della domenica per un numero impressionante di persone, senza distinzione di età, etnia o ceto sociale. Tutti avevano, più o meno celatamente, una compagine da sostenere e la cosa più suggestiva in assoluto era che questa nella maggior parte dei casi finiva per coincidere con la città di appartenenza. Quello scudo cucito sul petto, girava in lungo e in largo lo stivale e, tu con lui sognavi, per la tua terra, un riscatto che andasse al di là delle semplici imprese sportive. Un mondo parallelo, una sorta di isola felice in cui dimenticare, almeno per paio di ore problemi e preoccupazioni, salvo poi, al triplice fischio tornare sulla terra.

 Il pallone ci ha accompagnato, cresciuto e forgiato, ha contribuito indiscutibilmente a renderci quelli che siamo e poi, come tutte le cose della vita, ha finito anche lui per cambiare. Travolto dall’incedere veloce del tempo, si è progressivamente spogliato della sua poesia, modernizzato e venduto al miglior offerente, lasciando a noi, ultimi romantici, come unico appiglio l’album dei ricordi. Scrutandone le istantanee, a fuoco scolpite nella nostra mente, troviamo la forza per non mollare, quando MessinaVibonese è lì e attende solo noi per cominciare.

Coppa Italia di serie C la chiamano, non ci interessa più di tanto, noi “lo facciamo per un ideale”. Ci avrebbe, quello si invece, fatto piacere un po' più di considerazione e rispetto, una presa di coscienza anche delle nostre esigenze, ma ci rendiamo conto di chiedere troppo. Le 16.30 di mercoledì sono orario improponibile per tutti e i 10,00 euro di biglietto un deterrente ulteriore, troppo assurdo per essere vero. In un mondo in cui il cliente ha sempre ragione, i tifosi rappresentano, con preoccupante frequenza, eccezione alla regola ed i risultati sono desolatamente palesi. 200 spettatori non è numero degno per l’Eccellenza e le colpe di questo disastro, scusate, ma facciamo fatica ad accollarcele.

Nonostante ciò gli spunti di interesse non mancano, è la prima sulla panchina biancoscudata di Cristiano Lucarelli, proprio lui, il bomber dal pugno chiuso che decise di rifiutare i soldi del Toro per fare grande la sua Livorno. Implacabile attaccante, da allenatore, fin qui non ha convinto. Noi speriamo sia l’aria dello Stretto ad invertire il trend.

Il pubblico sparuto, dopo venti minuti di silenzio, dettato da un po' di confusione generale, si compatta e inizia a cantare. Si inneggia alla città, ai colori, alla maglia. Siamo pochi ma cerchiamo di farci sentire, in fin dei conti, tutti abbiamo deciso essere lì per un solo scopo: vincere. In campo le due squadre non mostrano un gioco esaltante e la partita disputata su ritmi blandi, appare più che altro un allenamento. Nella ripresa il Messina trova il vantaggio con Ferri, raccogliendo i frutti di una leggera supremazia territoriale e, sul finire, con Madonia archivia la pratica. Si passa il turno e ad attenderci troveremo il Catania, per un derby dal sapore antico e dal fascino eterno. Un po' meno di mercoledì, un po' meno alle 16.30.

 

Sezione: Dimensione curva / Data: Gio 20 ottobre 2016 alle 16:29
Autore: Giovanni Sofia
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