Messina – UniCusano Fondi rappresenta, mi duole dirlo, la vittoria del calcio moderno, quello che non ci piace, lo stesso da cui, tentiamo invano di fuggire. Nel 2016, il business travolge ogni aspetto della nostra esistenza, inquina le emozioni e, con disarmante facilità, usurpa la storia. Possiamo far finta di niente, continuare ad illuderci del contrario, tapparci occhi e orecchie, chiudere fuori la realtà per rimanere rintanati nella nostra bolla di sapone ma, finiremmo soltanto per assomigliare allo struzzo, svelto, in odore di pericolo, a nascondere la testa sotto la sabbia.
Lustri orsono, quando decidemmo di legare la nostra vita alla squadra della città, mai scelta ci sembrò più azzeccata. Era l’ultima epoca di stadi stracolmi e presidenti tifosi, disposti a tutto pur di esultare con la propria gente, dopo il successo nel derby o la conquista della promozione. Conferire gloria ad un luogo, attraverso le vittorie sportive era l’obiettivo comune e, per tale ragione, si faceva fatica a comprendere chi, distaccandosi dal coro, sosteneva, con lo stesso ardore, i colori di altri club, sebbene più blasonati. La mia terra, con i suoi infiniti problemi, ed un’immensa voglia di riscatto, scendeva settimanalmente in campo assieme ai calciatori, chiamati, semplicemente, a difenderne l’onore.
Oggi, purtroppo, a distanza di dieci anni, quel quadro, così fulgido si è progressivamente scolorito. La globalizzazione ha azzerato le distanze e avvicinato terribilmente il modello americano. Accendendo la TV con sempre maggiore frequenza, sentiamo parlare di super leghe e contorte strategie di marketing, finalizzate a massimizzare i ricavi e spettacolarizzare gli eventi. Nuovi campionati si stagliano all’orizzonte, in cui troveranno posto solamente le formazioni più "importanti", individuate in base alla capacità di produrre denaro, con buona pace di sogni, tradizione e campanile. Addio Leicester campione d’Inghilterra, tanti saluti al Nottingham Forest sul tetto d’Europa e, per guardare più vicino a casa nostra, arrivederci anche alla bella favola dell’Atalanta targata Gasperini. Fantascienza? Assurdità? Può darsi, ma non è un caso che simili pensieri abbiano iniziato ad occupare la mia mente, leggendo il nome dell’ultimo avversario del Messina, appunto l’UniCusano Fondi. Per carità, nulla contro la squadra laziale, organizzata, dotata di ottimi elementi e sicuramente in grado, senza troppi patemi, di raggiungere gli obiettivi prefissati. Ciò precisato, tuttavia, nel mio animo nostalgicamente romantico ed indissolubilmente attaccato a determinati valori, il nome di uno sponsor anteposto a quello della città non può essere metabolizzato. E’ la resa firmata agli interessi economici, il cedimento dell’ultima barriera, posta a custodia di un universo a cui, abbiamo regalato tutti noi stessi, finendo per essere, alla fine, buttati fuori senza troppi complimenti. Nel mondo del pallone la denominazione è elemento sacro, fortifica il legame col territorio e, come avviene per le persone è sinonimo di identità. In essa ci si rispecchia, si ritrova racchiusa la propria storia e per tali ragioni si spendono cuore e fiato al fine di proteggerla.
Amiamo Messina, quindi, sosteniamo il Messina.
E’ questa l’equazione che ci spinge, l’unica per cui andiamo avanti e, se davvero un Dio del calcio, da qualche parte esistesse, contro il Fondi, dovremmo raccogliere la giusta ricompensa per una passione autentica. Siamo pochi ma ci facciamo sentire, non smettiamo un secondo di cantare e, sul prato verde, ci rivediamo in una formazione che, pur con evidenti limiti tecnici, si prodiga, con abnegazione notevole, per portare a casa il risultato. Com’è nel nostro dna, si soffre maledettamente: l’espulsione a Rea, il rigore calciato fuori, un palo. I brividi si susseguono ma non demordiamo. Poi il vantaggio, un lampo improvviso frutto di una giocata estemporanea, confluita nell’illusione che, forse, per una volta, tutto vada davvero per il verso opportuno e a raccogliere il nostro scalpo siano gli avversari.
Il sogno dura lo spazio di cinque minuti, arriva la svirgolata, segue il pareggio. “La gente come noi non molla mai”, il Messina è un “ideale”, la realtà, invece, ha altre sembianze.
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