Il San Filippo (chiamarlo Franco Scoglio viene più difficile) non è il Celeste. Su questo siamo tutti d'accordo: troppo grande e dispersivo già in Serie A, una volta passata l'euforia generale. L'atmosfera del Celeste era diversa, unica. Eppure, basta trovare la partita giusta, le sensazioni giuste e la voglia giusta e anche l'elefante nel deserto può diventare una Bombonera seppur in formato ridotto.

Per chi scrive queste righe, i primi cinquanta minuti di Curva Sud in Messina-Catania di Coppa Italia rappresentano uno dei picchi massimi raggiunti dalla tifoseria messinese negli ultimi, travagliatissimi anni. Uno sforzo incredibile, figlio di una passione senza pari, per fronteggiare rivali mai amici verso i quali c'è un malcelato odio sportivo, che troppe volte è sconfinato in cronaca extra sportiva. Ferite ancora aperte, rimarginate nell'anima da quell'urlo per Tonino innalzatosi forte e chiaro subito dopo l'inizio di una gara che, da allora, non avrà quasi mai attimi di sosta.

I tifosi ospiti entrano sotterrati dai fischi di tutti i presenti mentre la curva canta per la biancoscudata ma, ciò che più è importante, si diverte a voce unica per la biancoscudata. Finalmente la squadra riesce a corrispondere sul campo al sostegno sempre presente di chi non molla mai, di chi perdeva la voce anche quando le cose andavano male. C'era un ambiente particolare al San Filippo, mercoledì: sembrava di essere da un'altra parte, sembrava che quella salita infinita non esistesse perché l'ingresso era proprio lì, accanto al viale Gazzi. Per qualche interminabile minuto l'aria ricordava quella di uno stadio ormai abbandonato a sé stesso da una gestione negli anni sempre più scellerata, ma che nei suoi anni più splendenti era dodicesimo e tredicesimo uomo in campo, contemporaneamente. Per qualche interminabile, meraviglioso minuto, quel Messina-Catania non si è giocato nel freddo del San Filippo, in una curva dispersiva in cui 3000 presenze sembrano poche centinaia di spettatori, no: sembrava di essere di nuovo lì, a cantare con infinito entusiasmo nel catino di via Oreto per una squadra che sta riacquistando la fiducia necessaria per spiccare di nuovo il volo.

Mercoledì, per qualche interminabile, spettacolare minuto, abbiamo vissuto Messina-Catania respirando l'aria di un meraviglioso Celeste. Il resto è storia: i ragazzi Erasmus in curva quasi increduli davanti a tanta compattezza, i cori massicci di una tifoseria che sogna di tornare a pensare solo al campo, là dove non ha rivali non teme confronti con chicchessia, il gruppo prima unito attorno a mister Lucarelli, dopo un meraviglioso derby... della Madonia portato a casa, e poi a festeggiare, a saltare sotto la curva. Perché anche chi è qui da poco, anche chi ha vissuto per la prima volta proprio mercoledì l'emozione di un Messina-Catania, sa bene che "chi non salta catanese è"; e salta, salta come se non ci fosse un domani, e come se oggi fosse un passato neanche troppo lontano lì, sui gradoni di un Celeste tornato a vivere in un altro luogo e in un'altra forma, in un caldo mercoledì di inizio novembre, per celebrare la netta vittoria sul Catania.

Sezione: Dimensione curva / Data: Ven 04 novembre 2016 alle 09:22
Autore: Gregorio Parisi / Twitter: @wikigreg
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