Un monarca, lo sappiamo bene, abbandonava il regno solo in seguito ad eventi di una certa importanza: morte, sconfitte militari o depennamento dalla linea di sangue. Un sovrano, però, poteva liberamente scegliere di lasciare un trono, sancendo l’abdicazione verso un consanguineo o un erede designato. La storia è piena di queste “cessioni” più o meno volontarie. L’autorevole regno (calcistico) di Messina, travagliato da numerosi passaggi di mano, ufficializza oggi il suo cambio di insegne: il popolo peloritano, infatti, ammaina la bandiera di Re Giorgio per innalzare quella di Re Artù. Un passaggio di “Corona” ammantato da una velata tristezza per il monarca detronizzato, sostenuto però da un entusiasmo dilagante per il Ritorno del Re.

L’arrivo del sovrano di Rozzano, a onor di cronaca, è ufficiale da qualche settimana, ma alcuni tifosi biancoscudati si interrogavano sulla possibilità di applicare una reggenza consolare di romana memoria, ancora utilizzata da poche entità nazionali. Forse qualcuno ci sperava, altri invece si dicevano convinti dell’impossibilità di questo “concubinato” forzato. La caratura dei personaggi in questione, però, sempre corretti e difficilmente sopra le righe, ha badato a dirimere la questione.

Giorgio Corona, infatti, si è accasato al Città di Scordia, compagine di Serie D, per scongiurare la chiusura della carriera con un rovente insuccesso. Il centravanti palermitano, segnato dalla tremenda sconfitta ai play-out, ha deciso di provare a chiudere la sua avventura calcistica con un successo, magari in tono minore, ma comunque importante. Il monarca palermitano, con le spalle coperte da 147 presenze e 51 reti in maglia giallorossa, s’incammina verso altri lidi, “calciando” la sfera solare sul viale del tramonto. Il crepuscolo, seppur vicino, è stato allontanato per un anno, lasciato indietro da un cavallo di razza, che ha ancora la caparbietà e la tecnica per regalare sogni ad un popolo.

Messina, una delle tappe più gloriose del suo grand tour, non può far altro che ringraziarlo, per esserci stato sempre, anche nei momenti più oscuri. Messina tornerà a lottare, sotto un altro blasone, senza dimenticare cosa ha rappresentato quel lungagnone capelluto, tutto classe, cuore e autorevolezza, capace di fantastiche gesta con un 9 cucito sulle spalle. 

Sezione: Erano a Messina / Data: Mer 02 settembre 2015 alle 10:50
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @redattore
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