Rilancio è una parola che si intona con lo spirito dello sport, in cui c’è sempre un’altra partita da giocare, anche dopo la sconfitta più bruciante, e il suo inserimento nell’acronimo della società fondata ad agosto 2017 da Pietro Sciotto sembrava essere di buon auspicio per consentire, finalmente, anche ai tifosi biancoscudati di tornare a vivere il calcio con gioia e con il dolce sapore della vittoria. Le belle prestazioni del Messina nella stagione conclusa a maggio, sembravano preludere alla costruzione di una squadra capace di far tornare l’entusiasmo nella piazza, ma, invece, dopo solo 5 giornate di campionato, ecco di nuovo l’amarissimo gusto della sconfitta, anzi della umiliazione, non solo in campo, ma anche fuori, con un ambiente dilaniato da fazioni, sempre più minuscole, e la vergogna di un impianto da 42.000 posti, chiuso al pubblico perché non c’è nemmeno unità di intenti per rendere possibile la presenza dei tifosi sugli spalti, evento normale in quasi tutti gli altri campi del girone.  

Ecco che, parlare solo di Messina-Acireale 0-3 diventa, paradossalmente, un sollievo, rispetto allo spettacolo deprimente offerto dal contorno. Ed allora, occorre partire da chi appare essere il principale imputato per il rendimento deficitario offerto dall’Acr in questi primi 5 turni, con 4 punti all’attivo, 13 gol subiti e 5 segnati: Pietro Infantino (voto 4), che, però non ha la responsabilità delle mancate decisioni o del carosello di tecnici, direttori sportivi, potenziali manager contattati,  incaricati o scaricati dal presidente Sciotto in questi ultimi 5 mesi; ed il tecnico di Cammarata non ha nemmeno tutte le colpe sulle scelte dei calciatori di una rosa assortita secondo almeno due progetti tattici diversi, ma soprattutto carente di carattere, determinazione, cattiveria, in una parola di quella fame che è ingrediente indispensabile per primeggiare nel torneo di serie D.

Tutto ciò premesso, Infantino ha dimostrato di non avere il carisma e la capacità di scuotere i senatori di questo insieme di elementi non ancora diventato gruppo né tantomeno squadra, e nemmeno di dare fiducia ai più giovani. Un esempio di quest’ultima difficoltà è data dalle prestazioni del portiere Meo (ieri 5), messosi in mostra nel torneo precedente come uno dei più promettenti numeri uno nella categoria, passato attraverso una estate travagliata, non solo per motivi fisici, e adesso troppo altalenante tra interventi di pregio ed errori pesanti, come in occasione del raddoppio acese.  La difesa, in un modulo come il 4-3-3, deve avere elementi coordinati tecnicamente e dotati fisicamente come centrali e due laterali pronti sia in fase propositiva che di copertura. Dascoli (5) e Cimino (5) sembrano decisamente fuori contesto, il primo non riesce a prendere le misure ad un Madonia straripante, il secondo fa fare un figurone a Leotta, mentre sia Porcaro (5) che Russo (5) crollano dopo che la squadra rimane in dieci al 66’, vivendo quasi 30 minuti, incluso il recupero, da incubo, dopo l’uscita dal campo di un ottimo Bellomonte per il castigamatti Manfrellotti, autore di una doppietta su un totale di 5 palloni toccati, a voler esagerare.

E’ vero che i tanti gol non dipendono solo da errori individuali dei difensori, ma lasciare solo al limite dell’area di porta gli avversari, non pressarli sui corner o lasciargli autostrade libere verso il portiere è il modo migliore per essere etichettati come la “banda del buco” del girone I. Questo Messina, oltre a non possedere un canovaccio di manovra credibile, ha il grossissimo problema di non avere condizione fisica sufficiente per tenere 90 minuti, ed il progresso del raggiungimento dell’ora di autonomia viene vanificato dalla liquefazione avvenuta dopo l’espulsione di Genevier. Il francese merita un discorso a parte, raggiungendo ampia sufficienza per larghi tratti dei 66  minuti giocati, ma rovinando tutto con l’intervento killer su Talotta a centrocampo che causa il doppio giallo, ingiustificabile per un elemento della sua esperienza in quel momento della contesa. Il risultato finale è un 4,5 che mortifica anche il tentativo timido di diventare leader in campo, ruolo in cui l’ex Reggiana dovrà lavorare molto prima di poterlo ricoprire seriamente. Gli interni di centrocampo designati dall’inizio erano Cocimano (4,5), che soffre il confronto con la sua ex squadra, e Biondi (5,5), invece tra i pochissimi a fornire un rendimento prossimo alla sufficienza, non solo per il rigore procurato con una bella iniziativa e un pizzico di furbizia.

L’attacco è la vera sorpresa negativa del match, perché un trio composto da interpreti come Arcidiacono, Gambino e Petrilli dovrebbe produrre gol, giocate decisive e presenza in campo. Invece, Biccio si innervosisce subito perché il ragazzino Iannò (classe 2000) non è l’avversario diretto tenero che si aspettava Infantino quando lo piazza a sinistra, e sbaglia il penalty in modo grossolano, il centravanti stavolta va solo una volta in fuorigioco, vince qualche contrasto col fisico, ma sbaglia il gol del vantaggio qualche minuto dopo essersi girato dall’altra parte al momento di svolgere il ruolo di rigorista, e, infine, l’ex patavino galleggia nella mediocrità, ad eccezione di un assist nel primo tempo, sprecato da Arcidiacono.

Per tutti e tre un 4,5 di incoraggiamento a tirare fuori gli attributi subito, partendo dal prossimo impegno previsto dal calendario al “Liguori” di Torre del Greco, contro la Turris, avversario tradizionalmente ostico per i biancoscudati, reduce dal pareggio nientemeno che al “S. Nicola” di Bari. E se il piccolo sintetico di Cittanova era un terreno difficile, stando alle parole di mister Infantino, chissà come sarà il pomeriggio  in Campania, senza l’unico riferimento del gioco fino ad oggi, ovvero lo squalificato Genevier. Ma, forse, non sarà più un problema dell’attuale guida tecnica.

Sezione: Il focus / Data: Lun 15 ottobre 2018 alle 09:30
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
vedi letture
Print