19.30 in punto. La macchina entra nel parcheggio del PalaRescifina, dove c'è il botteghino. Cancellare un'estate in cui di calcio si è parlato meno del dovuto con la prima del Messina in campionato: finalmente! Dalla macchina scende un quartetto armato di denaro, documento ed entusiasmo — tanto entusiasmo, condiviso con i circa 200 già sul posto, in coda. Una coda strana: non era atteso molto pubblico, ma un'ora di tempo sulla carta basta e avanza per sbrogliare questa situazione.

Il problema, però, è più grande di quanto possa sembrare a una primissima occhiata: la fila non si muove. Fermi, come un monumento sociale al tifo, attendiamo che il solo pc alla biglietteria stampi con tempi biblici ciascun biglietto. Tra gente che prova a cambiare punto vendita e persone che arrivano con meno tempismo, dal botteghino passano circa 600 persone. Almeno. Tra questi, alcuni cedono e tornano a casa. Un padre incolonnato chiede al figlio, che stava sbadigliando, se volesse tornare a casa. Il bimbo annuisce: il 3-1 che maturerà in campo dirà che quel ragazzino poteva innamorarsi, e per un disservizio ha perso l'occasione.

La croce non va gettata, giusto precisarlo, su chi era lì a lavorare al botteghino. Il problema nasce perché è inammissibile che una società metta a disposizione un solo computer e una sola stampante e neanche (eufemismo) di ultima generazione, specie quando la campagna abbonamenti, a dispetto del balletto di cifre delle prime settimane, ha offerto il desolante dato di circa settecento tessere; in una domenica di fine estate ampiamente godibile, inoltre, qualcuno può anche decidere proprio nel pomeriggio che "sì, fazzu 'na scappata o campu". La prevendita aperta dal giovedì è una scusante valida per tutto questo? No: qualcuno avrebbe potuto acquistarlo indubbiamente prima, ma chi lavora? Chi non aveva la certezza di arrivare? Chi, semplicemente, vuole sfruttare un servizio che la società concede? Cosa viene aperto a fare il botteghino se poi i disservizi vengono liquidati con un laconico "se volevi venire lo compravi prima" come tanti tifosi, mancando di solidarietà tra di loro, esclamano in queste ore?

I dati parziali, quelli a cui abbiamo assistito nella serata di ieri dalle 19.30 fino circa alle 21, parlano di circa 600 persone passate al PalaRescifina. Di queste sono tante, tantissime quelle tornate a casa, quelle che hanno dovuto rinunciare a passare la prima al fianco della compagna desiderata, quella biancoscudata che fortunatamente non ha ballato da sola, ma poco ci è mancato. Nonostante l'assenza forzata di molti invitati, alcuni dei quali già nella serata di ieri si dicevano dubbiosi su un altro appuntamento futuro. E questo per il Messina (non per la società: per il MESSINA) è un danno oltremodo grave. La passione deve essere alimentata, non respinta. "Il Messina siamo noi" non sono parole a caso da cantare mentre in campo si danno calci a un pallone: è un coro di appartenenza perché si tifa la biancoscudata, si esulta per la biancoscudata, si piange anche, di gioia o tristezza, per la biancoscudata. E se io tifoso o appassionato, anche occasionale, vado allo stadio per vedere la biancoscudata, per rendere anche mio quel momento, non posso attendere in coda al ritmo di un quarto d'ora a biglietto per un disservizio che poteva e doveva essere evitato. È bene che lo si capisca e che chi di dovere prenda i giusti provvedimenti. Un danno è stato fatto e non si può fare nulla, se non rimediare ed evitare che accada di nuovo.

Ps: è un vero peccato che molti non siano potuti entrare. Sia per la società, che evidentemente ha gestito la situazione botteghino con superficialità perdendo un buon incasso (non solo di ieri sera, ma anche in chiave futura: prima giornata, un bel 3-1...), ma anche in chiave solidale. La Sud, infatti, ha raccolto più di 1500 euro per le popolazioni colpite dal terremoto. In mezzo a tutta la disorganizzazione, a vincere è sempre l'anima vera del Messina.

Sezione: Dimensione curva / Data: Mar 30 agosto 2016 alle 08:57
Autore: Gregorio Parisi / Twitter: @wikigreg
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