Quarta sconfitta casalinga su 8 gare disputate al “Franco Scoglio”, seconda in uno scontro diretto dopo quella contro il Monterosi che costò la panchina a Sasà Sullo, mentre proprio l’ottava presenza come allenatore potrebbe portare all’esonero anche del suo sostituto Eziolino Capuano.

Il Messina si suicida al cospetto della Fidelis Andria, collezionando la decima debacle su 16 turni in campionato, ed occupa la penultima piazza nella classifica solo perché la Vibonese non sembra ancora essere in grado di fare i punti che servono per lasciare il fanalino di coda ai biancoscudati. E’ vero che una combinazione di risultati lascia la zona salvezza (senza playout) distante 5 lunghezze, ma adesso ci sono quattro impegni da fare tremare le vene ai polsi (Taranto e Turris in trasferta, Catania e Paganese in casa), prima della sosta natalizia. Una squadra appena decente farebbe quadrato e cercherebbe di superare la tempesta, ma il Messina visto ieri pomeriggio fa sprofondare anche il più ottimista dei tifosi nella sfiducia estrema.

In questi ultimi 4 anni e mezzo è stato il principale capro espiatorio della mancata rinascita dopo il fallimento del 2017, ma, oggettivamente, dare la croce addosso solo al presidente Sciotto per la situazione attuale sarebbe un eccesso, pur partendo dalla considerazione che il patron è responsabile di avere chiuso in modo traumatico l’esperienza con il gruppo (dirigenziale, tecnico e organizzativo) della promozione in C per scegliere la strada del ricorso a un navigato uomo di calcio come Pietro Lo Monaco, legato a lui da una amicizia pluridecennale, con la finalità di costruire una società in grado di stare stabilmente tra i professionisti. Purtroppo, occorre ammettere che, nel mondo del calcio, Pietro Lo Monaco non ha più l’appeal di una decina di anni fa, i guai giudiziari derivanti dalla sua ultima esperienza catanese contribuiscono, probabilmente, a ridurne la lucidità e, quindi, non è riuscito nell’impresa di costruire un meccanismo credibile sul piano tecnico e organizzativo in meno di un mese trascorso dalla fine del campionato di serie D all’inizio della nuova stagione. Questo era l’obiettivo per cui era stato scelto da Sciotto e non lo ha centrato. Adesso sarà costretto a correre ai ripari, modificando, ovviamente, il budget pianificato in estate, ma le decisioni di queste ore devono essere prese con un occhio al contingente (prossime 4 partite da non sbagliare assolutamente) e un altro al mercato di gennaio, senza trascurare nessun aspetto.

In questa ottica, occorre valutare con freddezza e obiettività le figure del ds e dell’allenatore, sulle quali si deve fondare la risalita. Argurio e Capuano sono in discussione, quindi, perché le loro responsabilità devono essere definite in modo chiaro da chi dovrà scegliere che strada intraprendere. Il direttore sportivo ha costruito la rosa in tempi ristrettissimi, ma ha accettato le condizioni della proprietà e del dg, puntando su elementi non adatti alla filosofia tecnica di Sasà Sullo sul piano tecnico e caratteriale. Una scommessa ardua che richiedeva tempo e una solidità della struttura societaria, presupposto indispensabile per dare concretezza al progetto “sulliano”, ma requisito che era pura utopia pensare di possedere nel Messina appena nato al professionismo. Il marchio direttamente impresso da Argurio agli acquisti del gruppo croato (Celic-Mikulic-Vukusic) con la “ciliegina” del ritorno di Milinkovic, alla luce del rendimento deficitario dei difensori, dell’impiego non proprio esaltante dell’attaccante arrugginito dopo alcune stagioni con poco minutaggio e dell’addio al serbo-francese dopo prestazioni da ex calciatore, non rientra tra i plus della carriera dirigenziale del buon Christian, messinese tifoso della propria città, che sarà il primo a rammaricarsi dell’attuale crisi tecnica.

Passando poi all’allenatore, Ezio Capuano è stato assunto per conferire personalità e certezze a un gruppo giovane, con l’età media più bassa del girone, ma composto da almeno 6-7 elementi con buona esperienza in terza serie e anche al piano superiore. L’esordio vittorioso al “Viviani” di Potenza aveva fatto pensare ad una svolta ed alla possibilità, per questo globetrotter della serie C, di trovare a Messina il luogo in cui dare la svolta decisiva alla sua carriera di allenatore dalle tante salvezze e dagli altrettanti addii più o meno burrascosi. Nulla da dire sulle doti umane di mister Capuano e sulla passione che mette in ogni sua azione, ma, pur con una quantità di episodi negativi, dentro e fuori dal campo avvenuti dalla gara contro il Campobasso, vinta meritatamente, raramente abbiamo assistito a così tante scelte cervellotiche attorno a una partita di calcio. Invece di puntare a poche certezze, dopo le prime, seppur pesanti, assenze, Capuano ha iniziato una sequela di scelte tattiche contrastanti, mettendo calciatori fuori ruolo o ricorrendo alla panchina per cambiare moduli di gioco in corsa, lasciando ai margini elementi che aveva a disposizione, pur essendo in emergenza per le numerose assenze (Marginean e Fantoni inutilizzati, Rondinella solo nelle ultime due gare).

Lo scollamento tra tecnico e uomini in campo si è percepito abbastanza chiaramente nel match contro la Fidelis, riproponendo in modo piuttosto inquietante la medesima sensazione vista da parte degli stessi elementi nei confronti di Sullo. Vedere al 93’ due calciatori come Damian e Balde sprecare un calcio di punizione nei pressi dell’area avversaria regalando palla agli avversari è stato l’ennesimo esempio di come questo gruppo pecchi di personalità e cattiveria agonistica perfino negli elementi di maggior peso specifico guardando alla loro carriera. Per questo, sembra più congruo rispetto al momento del Messina evitare valutazioni sui singoli per la partita contro la Fidelis, perché tutta la squadra, in primis il tecnico, merita 4 per il rendimento offerto in uno scontro diretto, anche se, ad esempio, Russo e Catania hanno buttato ogni energia in campo, Adorante ha segnato nell’unica palla decente avuta a disposizione e Konate non ha demeritato.

Ma non contano i flash di qualche singolo all’interno di una prestazione che non ha avuto nulla di collettivo, pur con la considerazione di non avere in panchina qualcuno in grado di dare un minimo di direttive chiare. Non servono alibi, se ne sono dati troppi a una rosa di 23 giocatori (esclusi Matese e Milinkovic) mai diventata gruppo. Servono decisioni serie, equilibrate ma ferme, che diano ossigeno immediato alla squadra nelle prossime 4 gare, da sfruttare per capire chi avrà forza, stimoli e attributi per volere continuare questa esperienza e chi, invece, già da domani, vorrà dare tutto se stesso, in campo e fuori, per salvare il Messina. Non c’è più tempo.

Sezione: Il focus / Data: Lun 29 novembre 2021 alle 09:30
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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