Una presenza fondamentale, per il calcio messinese, fu l’Unione Sportiva Peloro che, nel corso della sua storia, mise insieme quasi venti anni di attività, raggiungendo buoni successi a livello interregionale. A differenza di Giostra, Gazzi ed Arsenale, la Peloro non disputò mai un torneo di serie C nazionale ma si contraddistinse come una delle società più attente nella formazione dei giovani messinesi, passati poi alla “sorella maggiore”, il Messina. Storico capitano della Peloro, inoltre, fu Giovanni Celeste, eternato dai messinesi con l’intitolazione dell’impianto più amato in città. Un primo nucleo della squadra venne fondato nel 1906, da alcuni fuoriusciti del Football Club Messina ma, fino al terremoto, vennero disputate solamente partite in ambito locale. In quel biennio, la Peloro utilizzò una divisa rossazzurra, colori di certo inusuali (nonché invisi per l’identificazione con quelli catanesi) per la città dello Stretto.
Sciolta per via del sisma, la Peloro venne rifondata quasi casualmente nel 1919: alcuni abitanti del rione Portalegni, appena riedificato intorno alla nuova via Cesare Battisti (che ricalca il percorso della vecchia Via Cardiness), si riunirono per fondare una compagine di quartiere. Tra gli invitati ci fu anche Pietro Marino, nipote del cassiere della vecchia U.S. Peloro preterremoto, che portò con sè, all’incontro, la carta intestata ed il timbro della società precedente, miracolosamente salvati dal sisma. L’idea di riprendere, anche solo nominalmente, la vecchia tradizione, piacque a tutti i partecipanti, i quali si accordarono immediatamente sulla denominazione della società che avrebbe rappresentato la zona del torrente Portalegni.
I soci, però, decisero di utilizzare, come divisa ufficiale, una maglia a scacchi bianco e neri, che rimarrà fortemente legata alla tradizione peloritana: nel 1994, infatti, quando il cav. Crupi e, successivamente, Emanuele Aliotta, rinverdiranno i fasti dell’U.S. Peloro, la compagine nata dalla fusione di Villafranca e Tremestieri sfoggerà nuovamente la gloriosa maglia scaccata. Il padre del famoso gioielliere, tra l’altro, aveva militato nella formazione del rione Portalegni negli anni ’30, tra le cui fila si era guadagnato il soprannome di strunca, per via dei suoi interventi difensivi notevolmente decisi.
Dopo la famosa riunione di via Cesare Battisti, la Peloro disputerà, ininterrottamente, ben 13 campionati interregionali (tutti tra prima e seconda divisione siculo-calabra), nei quali affronterà diverse volte squadre blasonate come Palermo, Catania, Reggina e, naturalmente, U.S. Messinese. Nonostante la Peloro fosse una compagine rionale, ebbe sempre un vasto seguito tra la tifoseria messinese, che affollava il campo sportivo Enzo Geraci della Cittadella, impianto di casa della società bianconera. Nel 1934, però, la storia della formazione venne bruscamente interrotta: la Peloro, infatti, verrà sciolta con l’accusa di antifascismo. Solamente cinque anni dopo, grazie all’opera incessante di alcuni ex calciatori, la Peloro tornerà a giocare in prima divisione, conquistando una dignitosa salvezza. L’anno successivo, la dirigenza accostò l’anno della prima fondazione (1906) alla denominazione ufficiale, prima di trasformarsi in Unione Sportiva Mario Passamonte Messina, diventando la prima squadra cittadina.
Nel 1944, grazie alla strenua volontà di Giovanni Celeste, una rifondata U.S. Peloro 1906 prese parte al campionato siciliano (torneo regionale disputato durante l’amministrazione alleata dell’isola), nel quale otterrà un ottimo quinto posto. E’ l’ultimo vagito della gloriosa società del rione Portalegni, il cui nome rivivrà nella tradizione sportiva messinese grazie al Football Club Messina Peloro, società che, grazie ad Aliotta ed alla famiglia Franza, giungerà settima in serie A nella stagione 2004/05.
Continua l'01/05/18
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @menelpallone
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