C'è un'istantanea che racchiude bene quanto accaduto sabato sera al "San Filippo". Un'immagine precisa, che meglio di tante parole può descrivere quanto successo in un sabato sera magico che ha ridato al Messina la vetta di Lega Pro per sette giorni, dopo aver solo assaggiato i cibi di prima classe la scorsa settimana. Per arrivare a quell'istantanea, però, dobbiamo fare un passo indietro e riavvolgere il nastro della serata, partendo da prima dell'inizio della partita.

Metto piede in curva quando mancano circa tre quarti d'ora all'inizio del match. Soliti posti, solita combriccola di pazzi scatenati a farmi compagnia con qualche new entry legata all'orario favorevole. Lo stadio illuminato è meraviglioso e ricorda i fasti di una decina d'anni fa; accanto a noi sale gente di qualsiasi tipo, molti dei quali probabilmente alla prima stagionale — e non solo. Poco male: al "San Filippo" tira un vento che levati, e abbracciarsi tutti per "Mi sbigghiai chi era viatu" è un ottimo metodo per combattere quella che a Oxford definiscono in gergo "sciangazza". C'è il maxischermo nuovo che tiene il tempo, c'è Parisi capitano, c'è una curva viva che comincia a cantare a gran voce: sembra qualcosa di già vissuto, qualcosa di meraviglioso, reso molto più bello da chi c'è in campo: calciatori che corrono, che sudano per la Biancoscudata. Non è cosa da tutti i giorni.

La Curva c'è: anche se con fatica a causa del buon numero di paganti, si riesce a cantare compatti. La Lupa attacca, la Curva fischia. Il Messina ha la palla, si innalzano cori massicci. Parisi prova la bomba, ma non va: "non ha segnato perché non era sotto la curva", è il pensiero condiviso da molti. Aumenta il fresco, si alzano i giri del motore per "Uragano" Barraco e di tutta la squadra: quattro minuti dopo l'inizio della ripresa il Messina è avanti. La curva è ormai un concentrato totale di adrenalina, con quasi tutti, chi più chi meno, a dare fondo a tutte le proprie risorse vocali per spingere i quattrordici scesi in campo e il condottiero dalla panchina verso una vittoria dall'inaudito valore simbolico.

È così, in queste condizioni che si arriva all'istantanea di cui sopra. Mancano tre o quattro minuti al termine, ma il cronometro è relativo: dalla curva si alza un coro altamente rappresentativo, per cui chi scrive ha un debole. Nella sua semplicità, urlare ai quattro venti l'orgoglio di essere di questa città, di tifare questa maglia, di supportare questi colori è una cascata di brividi. È per questo che quando parte il coro "Messinesi" sulle note di Last Christmas degli Wham! tutto si ferma; il tempo va avanti, ma è come se fosse superfluo, quasi un finale già dolcemente spoilerato dalla grinta con cui questi i ragazzi in campo sopperiscono di tanto in tanto a qualche mancanza dal punto di vista fisico. L'orgoglio di cinquemila persone sbandierato a squarciagola e racchiuso in una sola parola, in un'unica istantanea. "Messinesi..."

Fischio finale. Esultano tutti, il gruppo viene sotto la curva, parte Dirty Old Town e tutti ricordiamo, insieme, di quell'amore che non era una donna, ma che era tutto per noi. Qualche centinaio di tifosi resta anche fino a dopo venti minuti dopo il termine della gara. In novanta minuti non è possibile urlare tutto l'amore, tutto l'orgoglio di essere così come siamo. Nel bene e nel male... Messinesi.

Sezione: Dimensione curva / Data: Lun 26 ottobre 2015 alle 07:57
Autore: Gregorio Parisi / Twitter: @wikigreg
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