Certe partite vengono cerchiate di rosso nell’esatto istante in cui la Lega ne dirama orari e date. Non si tratta di incontri di cartello o avversari blasonati, dipendesse da quello saremmo rimasti davanti alla TV per goderci lo spettacolo di un San Paolo gremito in occasione di Napoli – Juventus. Divano e chilometro 0, pantofole e birra ghiacciata, un quadro praticamente perfetto, ma forse, proprio per questo, non il nostro. Cresciuti col mito di Jimmy Grimble e del suo gran rifiuto, non ha costituito peso eccessivamente gravoso rispondere “Il Messina”, alla domanda su cosa ci fosse di meglio della semifinale di Coppa Italia. Una vittoria contro l’Akragas potrebbe significare salvezza, se non matematica quantomeno virtuale, e raggiungerla a cinque giornate dall’epilogo di un campionato assurdo, avrebbe il significato, non retorico, di uno scudetto.
La tabella di marcia inevitabilmente risente del traffico cittadino ma, imboccata l’autostrada, lo stress della quotidianità lascia spazio a disquisizioni inerenti classifiche e formazioni. Problemi e preoccupazioni sono rimasti allo svincolo, li passeremo a prendere al ritorno. I riflettori accesi hanno il potere innato di conferirti importanza, specie quando non ci sei abituato: in fondo è per la serata di gala che tiri fuori dall’armadio lo smoking. Prima il Camaro, poi i bambini delle scuole calcio, sfilano sotto applausi scroscianti, mentre, lo stadio progressivamente si riempie. La campagna di sensibilizzazione della società biancoscudata sta portando i suoi frutti, i risultati della squadra sono farmaco imprescindibile per risvegliare una passione accantonata, mai dimenticata. In curva l’attesa s’inganna mangiando calia e salutando vecchi amici, ma quando matura il tempo di fare sul serio, la cartolina è degna di altri palcoscenici. L’abito buono della Sud ha l’odore delle torce pronte a brillare, il colore delle bandiere levate al cielo, la voce di chi non ha mollato mai.
Sul prato verde i giallorossi non si risparmiano, vorrebbero regalare alla loro gente i tre punti e per farlo si riversano in avanti. “I giganti”, malgrado il nome, non incutono timore e badano esclusivamente a contenere le continue folate offensive, agevolati nel compito dall’assenza di un centravanti di ruolo. L’infortunio alla mano di Anastasi è, infatti, il problema maggiore con cui Lucarelli deve fare i conti e, con Plasmati ancora a mezzo servizio, si intuisce perché l’urlo rimanga costantemente strozzato in gola. Vorremmo esplodere di gioia, lasciarci definitivamente alle spalle incubi e fantasmi, scacciare con un pallone in fondo al sacco le scorie di una stagione travagliata, d’altronde il traguardo è a un passo e tagliarlo non dovrebbe essere difficile, se non fosse che siamo il Messina. La sofferenza è dama a cui facciamo fatica a rinunciare e, sorniona, ci aspetta al varco, pronta a comparire con aspetto di volta in volta differente. Lo 0-0 sul quale andiamo a riposo, rientrati in campo, dura pochissimo, sbloccato da un’azione che, oltre ad essere fulminea e rocambolesca, è anche l’unica creata dagli ospiti. Insomma siamo alle solite. Imprecazioni, disperazione e mani nei capelli: il copione di una vita, spiattellatoci in faccia da un regista crudele. Tuttavia, lavato il sangue, a rimanere è soltanto la cicatrice, fiera testimonianza di un passato avverso ma superato. Un attimo per riordinare le idee, poi fiato, polmoni e orgoglio infinito. Da Silva pareggia, il resto è ostruzionismo e istinto di sopravvivenza. “Il fine giustifica i mezzi” e ad Agrigento la lezione di Macchiavelli sembra l’abbiano recepita piuttosto bene: la permanenza, a quelle latitudini, passa soprattutto da giornate così.
L’amarezza si assottiglia sbirciando una classifica tutto sommato positiva. Ci sarà da lottare, ma ci penseremo domani. Adesso è quasi mezzanotte e con le sciarpe ancora al collo ci dirigiamo al centro. Le birre ghiacciate sono sul tavolo, la focaccia è quasi pronta: “Che cosa c’è di meglio di Napoli-Juventus” “Messina – Akragas, signore”.
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