Il calcio al meridione non è mai stato un gioco, o un “semplice sport”. Nei territori appartenuti al Regno delle Due Sicilie, infatti, il football è spesso visto come uno strumento di appropriazione identitaria, come una tragica molla di riscatto sociale. Il cittadino del sud vive il calcio a 360°, sette giorni su sette. E di certo, la parola “derby” non viene mai accolta con un sorriso leggero sulla faccia.

Lo si attende, lo si respira, spesso lo si subisce, come un pericoloso germe che si appropria della mente e del corpo di chi viene contagiato. Il derby dello Stretto è questo e molto altro. Non è una stracittadina, non è una sfida regionale. E' qualcosa che squarcia ed unisce due città che in comune hanno tutto e niente. La dicotomia è quanto mai importante per le due sponde dello Stretto...non c'è un'unità territoriale unica, se non quella nazionale.

Eppure, messinesi e reggini, sono abituati a guardarsi in faccia dalla notte dei tempi, nonostante in cori e striscioni si augurino il contrario. Si conoscono, lavorano fianco a fianco, si mescolano ed a volte si sposano. A volte vincono insieme e gioiscono come “cugini”. Spesso si aiutano e si onorano, affrontando le stesse tragiche calamità, siano esse naturali o artificiali. Ma il derby è una cosa seria, nelle acque dello Stretto. Avverti una vibrazione nuova nell'aria, senti il semplice uomo della strada che parla di tiranni ellenici, di capitali, di regni e di Università. Già, anche l'Ateneo peloritano, storico luogo di confronto tra i cittadini delle due sponde, viene investito da una febbre onirica, diventando terreno di ironici sfottò e falsi auguri, conditi da ridicole frasi come "che vinca il migliore".

Tutto questo accadde anche dodici anni fa, ma in maniera più potente e viscerale. Per la prima volta nella storia, infatti, Messina e Reggina si incontravano nella massima serie, roba da grandi. E mentre i media nazionali smistavano i loro inviati nella città peloritana, l'attesa per la supremazia dello Stretto diventava quasi una ragione d'onore, un bivio tra l'esaltazione e l'oblio. La pioggia cadde copiosa nella notte precedente il derby e qualcuno, colpito da un'illuminante estasi cabalistica, la benedisse anche. "Chissenefrega se rischiamo la polmonite, non ricordi che con la Roma abbiamo vinto con la pioggia?". Il San Filippo venne vestito a festa, grazie a 35 mila messinesi adornati di giallorosso, seduti proprio di fronte a più di duemila cugini amaranto, come nella vita di ogni giorno.

E quando Racalbuto fischiò l'inizio della sfida, anche Giove Pluvio parve sedersi a guardare, interrompendo i suoi violenti scrosci di pioggia. Dopo una buona mezz'ora di studio, ansie e scaramucce, fu Bonazzoli, centravanti calabrese dal lungo pedigree, a portare in vantaggio la Reggina, ammutolendo pesantemente la cattedrale giallorossa. Ne passarono di minuti, tra campo e spogliatoi. Sugli spalti la gente sudava tensione, temeva la debacle sportiva, la perdita della serenità sul posto di lavoro... la supremazia sui tre chilometri di mare più importanti del Mediterraneo stava sfuggendo per sempre. Ma poi, come la tradizione fiabesca dei migliori Grimm insegna, due ragazzotti con una casacca giallorossa indosso, traslarono fuori dal tempo convenzionale otto minuti, nei quali gonfiarono due volte la rete amaranto. Zampagna prima e Di Napoli poi, aiutati da un platinato nipponico di nome Yanagisawa, riconsegnarono la dignità ad un popolo di 250 mila anime.

Re Artù, come un novello Napoleone, guidò il suo esercito alla conquista di un derby ancora vergine, quello della massima serie. Di anni ne sono passati molti, sicuramente troppi. Ma alzi la mano chi non ricorda quella splendida sensazione di viva onnipotenza, derivante dall'urlo di una comunità intera, inebriata da una semplice sfera scagliata in un sacco. Fu così che, Cariddi atterrò Scilla. Fu così che il braccio di mare dove Tirreno e Jonio si incontrano da millenni come due frivoli amanti si tinse, fortemente, di giallorosso. La storia avrebbe ancora parlato, troppo spesso in favore degli amaranto, purtroppo, ma quel pomeriggio di zucche accese e di frutta martorana, consegnò alla ninfa Pelorias la bellezza di una Nike, la dea alata della vittoria. 

IL TABELLINO DELLA GARA 

MESSINA-REGGINA 2-1 

MESSINA: Storari, Zanchi, Rezaei, Aronica, Parisi; D'alterio (1'st Iliev), Coppola, Donati, Sullo (17'st Yanagisawa); Di Napoli, Zampagna (25'st Amoruso). In panchina: Eleftheropoulos, Ametrano, Gonias, Cucciari. Allenatore: Mutti

REGGINA : Pavarini; Zamboni, Cannarsa, Franceschini; Mesto (41'st Dionigi), Paredes, Colucci (31'st Borriello), Mozart, Balestri; Nakamura (31'st Ganci); Bonazzoli. In panchina: Soviero, Morabito, Piccolo, Tedesco, Dionigi. Allenatore: Mazzarri

ARBITRO: Racalbuto di Gallarate

RETI: 33'pt Bonazzoli, 20'st Zampagna, 28'st Di Napoli.

Sezione: Amarcord / Data: Lun 31 ottobre 2016 alle 09:55
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @redattore
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