Un derby sporco, combattuto, con l’episodio decisivo causato da una palese svista arbitrale, viene vinto dal Catania che ha conquistato questo risultato essenziale per il suo campionato costruendolo prima dei 90’, legittimandolo solo con la prima mezz’ora giocata a ritmi adatti a chi vuole prevalere sul campo e badando a mantenere lo striminzito gol di vantaggio contro un avversario mai domo, non in grado, però, di concretizzare i propri sforzi con la necessaria determinazione e cattiveria al momento di concludere verso Furlan.
BYE BYE PLAYOFF - Il rammarico, nelle file biancoscudate, è enorme perché, così come in tante, troppe, altre occasioni nelle ultime 10 partite, il Messina ha raccolto, non solo per sua responsabilità, meno di quanto avrebbe meritato, e, a questo punto, non può essere stato solo il caso, o la lunga sequela di errori collezionati dai direttori di gara, a negare l’accesso ai playoff, alla portata di un gruppo andato oltre le aspettative, ma che avrebbe coronato, con questo premio, uno sforzo collettivo encomiabile. Dispiace per loro e per i tifosi, da troppi anni costretti a vivere contesti mediocri o accontentarsi di salvezze stentate, nella speranza, vana, di una svolta positiva.
PALLE E SPALLE - Ieri sera, immersi nell’atmosfera di uno stadio gremito da ventimila persone unite nel sostegno di una squadra come il Catania, in palesi difficoltà fisiche, mentali, attanagliata dalla paura di precipitare nell’inferno dei playout, si percepiva netta la differenza di approccio con l’ambiente che ruota attorno al Messina. Sarebbe bastato anche solo un episodio favorevole ai biancoscudati per far cambiare totalmente lo scenario, trasformandolo nel palcoscenico di un dramma sportivo con conseguenze imprevedibili. Invece, sostegno incondizionato per tutti i 90’, applausi a tutti i protagonisti al momento dei cambi, una tensione palpabile ogni volta in cui il Messina si avvicinava alla porta di Furlan, sciolta solo all’ultimo minuto di recupero, prima dell’istante in cui Signorile ha davvero rischiato di far saltare le coronarie di qualche tifoso rossoazzurro presente al “Massimino” e sfogata al triplice fischio di un arbitro come il signor Delrio, autore di una prestazione “visionaria”, che i tifosi giallorossi più accaniti, hanno visto interpretare magistralmente il ruolo di “spalla” della squadra di casa. Al di là delle battute, i maltrattamenti subiti dal Messina nella parte cruciale di un campionato che avrebbe potuto portare ai playoff dovrebbero essere oggetto di un intervento deciso della società, senza dimenticare che l’aspetto relativo ai rapporti con Lega, arbitri, Figc e altre squadre deve essere trattato e seguito da professionisti del mestiere e non restare in balia della buona volontà del presidente o di qualche consulente esterno o interno all’organigramma. Un punto basilare da mettere tra quelli prioritari nella programmazione della prossima stagione.
LA PARTITA - L’analisi della prestazione dei giallorossi al “Massimino” non può prescindere dall’atteggiamento complessivo della squadra, apparsa in difficoltà solo in avvio di gara, pur senza restare sopraffatta dalla pressione esercitata, a folate, dai rossoazzurri, per poi prendere in mano il pallino del gioco, dettando i ritmi, ma restando invischiata nel dispositivo difensivo orchestrato da Zeoli oltre che vittima di qualche scelta non proprio indovinata, sia in campo che sulla panchina.
Giacomo Modica (6,5) non può essere, infatti, esente da elogi per la capacità di dare un canovaccio tattico e tecnico ben preciso ai suoi uomini, pur in un ambiente difficile per tanti motivi, ma nemmeno da qualche appunto riguardante le scelte iniziali di formazione, e, soprattutto, la gestione dei cambi negli ultimi 15’ di gara, incluso il recupero. Giocare senza una punta centrale di ruolo era un pallino del tecnico mazarese, ma restare privi del riferimento avanzato con un minimo di spessore fisico nella fase conclusiva del match, quando il Catania stava subendo la pressione maggiore sul mantenimento del vantaggio, è apparso un peccato di presunzione, al di là del fatto che, comunque, il Messina ha creato almeno tre occasioni abbastanza nitide proprio in prossimità del triplice fischio, mancando proprio di killer instinct sotto porta.
Piccoli particolari, purtroppo anch’essi decisivi in una gara così equilibrata e giocata sul filo della tensione.
In questo contesto, ha spiccato la figura di un leader naturale in questo gruppo, vale a dire Domenico Franco (7,5), onnipresente in ogni zona del campo e frangente della partita, pronto a dare manforte dalla difesa, impostare il gioco e farsi sentire sia nei contrasti fisici che quando bisognava calmare gli animi o sollecitare i compagni. Gli altri punti di riferimento sono stati, non a caso, i due più esperti uomini in campo, non solo da parte giallorossa, perché sia Ermanno Fumagalli (7) che Nino Ragusa (7) hanno dato il massimo per mantenere in linea di galleggiamento il Messina fino all’ultimo istante del match. Il portiere ha chiuso la saracinesca nell’unico momento in cui il Catania ha provato a proporsi in avanti, il numero 90 ha cercato di prendere per mano la squadra nella fase finale, quando le forze non erano al massimo, ma lui non ha mollato creando, con un paio di progressioni, le premesse per il pareggio, non avendo la fortuna dalla sua parte. La sorte che ha girato le spalle a Marco Zunno (6,5) al minuto 38 protagonista di una giocata da fuoriclasse, culminata con il tiro sul quale Bouah ha fatto un salvataggio acrobatico, ripetendosi subito dopo. Zunno ha creato scompiglio ogni volta in cui prendeva palla, calando un po’ alla distanza fino alla sostituzione dell’80’, quando sembrava in debito di ossigeno, ma privarsi di uno come lui non deve essere mai una scelta da prendere con leggerezza. Meno impattante l’apporto di Marco Rosafio (6), attivo a sprazzi, con poca attitudine a liberare il tiro quando si apre gli spazi con il dribbling e anche non determinato a sufficienza nel cercare la profondità.
Solo un tempo per Vincenzo Plescia (5,5), sacrificato dopo una prestazione senza particolari picchi per dare spazio a Michele Emmausso (5,5), che avrebbe dovuto dare lo strappo decisivo, ma rimane a metà del guado producendo soltanto un tiro dalla distanza nello specchio della porta, neutralizzato da Furlan, qualche tentativo fuori misura, troppe giocate individuali chiudendosi nell’imbuto dei raddoppi o delle triple marcature rossoazzurre. Difficile valutare gli ottanta minuti di partita fatti da Giulio Frisenna (6), caratterizzati da strappi importanti, imponendosi con discreta personalità ad avversari di spessore ed esperienza, ardori spenti con il passare del tempo da un pizzico di stanchezza.
Buona, nel complesso, la tenuta del reparto difensivo, in cui Damiano Lia (6) ha sbrigato i compiti nelle due fasi con buona lena, Marco Manetta (6,5) ha badato soprattutto a Di Carmine usando le maniere forti, Federico Pacciardi (6) si è adoperato a fare l’essenziale con profitto, Daniel Dumbravanu (6,5), non è stato solo un terzino sinistro bloccato ma ha avuto la capacità di proporsi anche in appoggio ai compagni nella manovra di attacco.
L’apporto dalla panchina, così come per il già citato Emmausso, non è stato particolarmente sconvolgente per le sorti della gara, in senso positivo, ma nemmeno in negativo. Civilleri (5,5) ha messo in campo le sue armi, soprattutto fisico e carattere, Salvo (6) è stato tra i più attivi nell’attaccare l’area rossoazzurra, Giunta (5,5) si è visto poco, Signorile (6) ha avuto sul sinistro la palla di un clamoroso pareggio proprio sul filo della sirena, ma quella conclusione schizzata a pochissima distanza dalla traversa è l’emblema di questo derby sfortunatissimo per i colori biancoscudati.
La delusione è tanta, ma il campionato non è finito ieri sera al “Massimino” ed occorre concluderlo con le ultime soddisfazioni, in termini di risultati, per non deludere l’affetto dei tifosi e non svilire il grande lavoro fatto da questo gruppo.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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