Il calcio è uno sport imprevedibile, ma, alla fine, punisce sempre chi non è in grado di sfruttare le occasioni offerte dall’andamento di una partita o dalla fortuna. Gli dei del calcio avevano dato una chance al Messina quando mancavano poco più di 20 minuti al 90’, un calcio di rigore assegnato alla ripresa del gioco dopo il gol annullato a Mazzocco per fuorigioco, due decisioni prese dal VAR che potevano disegnare un esito diverso per questa sfida senza appello, ma i biancoscudati non sono stati in grado di monetizzare questo credito e la sconfitta di misura decreta l’amarissimo ritorno tra i dilettanti.
Una retrocessione meritata per quanto visto nei 180’ oltre recupero di questi playout, perché non si può essere in grado di costruire qualcosa solo per una parte del secondo tempo allo “Zaccheria”, dando, per il resto del tempo, l’impressione di avere le pile scariche, quasi essendo appagati del raggiungimento di questa coda post-season, invece di essere ferocemente in lotta su ogni pallone.
Il Foggia è riuscito a ricomporre un minimo di spirito collettivo, il Messina è rimasto prigioniero delle proprie paure, o della consapevolezza, forse inconscia, che, comunque fosse andata sul campo, ci sarebbe stato un futuro sulla sponda siciliana dello Stretto per il calcio professionistico. Peccato, perché, comunque, questo gruppo era riuscito a dare un significato e una dignità sportiva al Messina da gennaio in poi, quando si è sgretolata qualsiasi parvenza di società calcistica, ma, nel momento decisivo, le risposte positive non sono arrivate.
L’autogestione non ha portato i frutti sperati e le due sfide finali sono state interpretate male dal punto di vista tattico, mentale e caratteriale. Ne paga le spese Antonio Gatto (4,5 per la gara di ieri), il quale prova a sparigliare le carte rispetto all’andata, ma senza alcun effetto, visto che le scelte di formazione iniziale sono sbagliate e anche l’impostazione del piano gara ricalca le difficoltà dei primi 90’, portando a un primo tempo nel quale il minimo svantaggio può essere considerato una conquista. Nella ripresa, alcuni cambi producono un minimo di reazione, il Messina sembra rientrare nel match, poi l’errore dal dischetto chiude praticamente la contesa. Fuori contesto le dichiarazioni di Gatto nel dopo partita, ma, d’altra parte, il tecnico calabrese non può essere messo sul banco degli imputati di questa sconfitta, se non altro per manifesta impalpabilità, in un ambiente alieno dal concetto di organizzazione professionistica.
Qualche peccato in più ricade sui giocatori di maggiore esperienza, responsabilizzati dopo il cambio di allenatore, che, comunque, ha prodotto la scossa emotiva determinante per mantenere il distacco dalla penultima sotto i 9 punti, ma non ha dato la spinta giusta al cospetto del Foggia. Buchel (5) non incide mai, appare stanco, perde qualche pallone di troppo e riesce a domarne pochi, senza uno spunto degno del suo talento, così come Petrucci (4,5), un pesce fuor d’acqua, mai coinvolto nella manovra, sostituito dopo un primo tempo anonimo. Perfino Crimi (5,5) sembra rassegnato al destino infame, impreciso in fase di costruzione e lento nel contrastare gli avversari.
Lia (5) si limita al compitino, lasciando troppo spazio a Zunno, sia in occasione del gol che durante tutti i primi 45’, quando l’ex compagno lo supera più volte in modo troppo facile. Nel reparto difensivo Krapikas (5) para il parabile e poi sbaglia la respinta che porta al raddoppio annullato, Gelli (5,5) domina su Sarr dal punto di vista fisico, ma lo soffre quando il centravanti rossonero si sfianca nel pressing. Il ragazzo fiorentino è troppo morbido quando Emmausso lo beffa. Dumbravanu (5) è incerto, nervoso, risentendo troppo emotivamente dell’importanza del match. Infine, Garofalo (5) riportato da esterno sinistro basso, limita i danni in fase difensiva ed è troppo legato quando dovrebbe spingere e si trova a dover spostare sempre palla sul destro per poter giocare, perdendo preziosi tempi di intervento.
In attacco, l’ectoplasma Chiarella (4) non ripaga la fiducia dell’allenatore, Luciani (5) è l’unico a concludere pericolosamente verso Perina al minuto 60, per poi farsi ipnotizzare sul penalty battuto con troppa paura. Il bomber è mancato nel momento decisivo, lui sarà il primo ad esserne rammaricato, anche se potrà riprendersi presto in una delle tante squadre che lo stanno seguendo, qualcuna anche in serie B. Stesso discorso per Tordini (5), troppo contratto ieri, sfortunato per il taglio alla gamba, ma che avrà altre chance per la sua carriera.
Dalla panchina arrivano, dopo l’intervallo, De Sena (5), visto solo nell’azione del rigore concesso tramite intervento del VAR, e Dell’Aquila (6) l’unico in grado di dare una scossa reale alla manovra offensiva, ma senza la stoccata decisiva. La loro presenza, però, basta a creare un minimo di apprensione nella difesa rossonera, confermando l’errore nella formazione iniziale schierata da Gatto. Costantino (3) chiude ingloriosamente la sua parentesi messinese, con una presenza da fantasma interrotta dalla gomitata con cui costringe Calzavara a sventolargli in faccia il cartellino rosso durante il recupero. Pedicillo (sv) mette a referto l’ultima apparizione biancoscudata prima di fare la valigia e raggiungere Trieste, altro beneficiato dalla vetrina offerta dalla premiata ditta Acr Messina. Scorrono i titoli di coda sulla peggiore stagione tra i professionisti del Messina in senso assoluto, culminata con la retrocessione, in un campionato nel quale due squadre erano state estromesse.
Una macchia sportiva che appare sbiadita in un quadro generale nel quale il comportamento irresponsabile della proprietà rappresentata da Pietro Sciotto ha decretato, già il 2 gennaio 2025, il destino della società costituita a luglio di 8 anni fa, abbandonata da chi diceva di considerarla come una propria creatura e con un futuro, purtroppo segnato e in linea con quanto già accaduto più volte nel calcio messinese dal 1993 ad oggi. Un capitolo da trattare con molta attenzione nei prossimi giorni, per cercare di capire come finirà questa storia, magari provando a imparare per non ripetere gli stessi errori.
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