Avevamo lasciato la serie C cinque stagioni fa, dopo un campionato chiuso con la salvezza all’ultima giornata, grazie al pareggio ottenuto a Vibo, in uno scontro diretto giocato fuori casa, ma la solita agonia legata a vicende finanziarie resero inutili gli sforzi di un gruppo di calciatori forgiato nelle difficoltà, sotto la guida carismatica di un allenatore come Cristiano Lucarelli, capace di fare da tecnico, uomo immagine, presidente, capo tifoso, padre, fratello e procuratore- sindacalista ai suoi calciatori. Già la sera di quel 7 maggio 2017 si chiuse la stagione relativamente al campo di gioco e si aprì l’ennesima recita a tinte fosche, conclusa con la mancata iscrizione del Messina, unico erede della storia sportiva dell’ultimo Messina che disputò la serie A.
Questa rievocazione storica serve come memento per tutti, società, dirigenti, tecnico, giocatori, tifosi, addetti ai lavori, perché questa piazza, o ciò che ne resta, ha una innata tendenza a deprimersi cercando vie di uscita fantasiose quanto improbabili, alternative basate su chiacchiere pompose o capri espiatori comodi, in genere i presidenti o proprietari di turno.
Il sostegno o il senso di appartenenza non si trova nelle patatine, ma si acquisisce negli anni e con le esperienze, anche quelle negative e, quindi, occorre trovare, tutti insieme, le ragioni per costruire la salvezza della categoria, prima possibile, perché è vero che mancano ancora 23 giornate alla fine del campionato, extra season esclusa, ma si riducono i margini di tempo per evitare l’abitudine alla sconfitta.
Sono già 9 su 15 le gare senza punti per questa squadra e non serve ricordare il poco tempo avuto per costruire la rosa (altre società sono avanti in classifica pur essendo state ripescate o ammesse), la scelta di acquisire le prestazioni di 25 elementi nuovi è stata presa scientemente dal management incaricato, con pieni poteri, dal presidente Sciotto, il budget, stimato in circa 1,5 milioni, è stato accettato da dg e ds, e non è inferiore a quello di altre compagini ben sopra alla zona play out, la rinuncia al “minutaggio” per ragioni non meglio specificate di “blasone” si aggiunge alla penuria, per usare un eufemismo, di entrate da incassi, sponsor o altre iniziative che, a Messina, hanno sempre avuto poco appeal, ad eccezione della celebre “stella in più” inventata da Confocommercio nella stagione di serie B 2003-4, riproposta nei primi anni della serie A, in cui i “bonus”, più o meno evidenti, erano superiori all’impegno di ciascun commerciante aderente.
Partendo da questo presupposto, ogni protagonista di questa stagione, quella del secondo ritorno tra i professionisti negli ultimi 14 anni, deve prendersi la propria quota di responsabilità, agendo, fino all’ultimo secondo dell’ultima partita, con l’unico obiettivo di portare a casa l’obiettivo dell’annata agonistica 2021-22: restare in serie C.

La sconfitta al “Francioni rappresenta la cartina di tornasole del momento stagionale, terza gara di fila in cui gli avversari dei biancoscudati, indipendentemente dalla caratura di ciascuno di essi, approfittano di una situazione singola per sbloccare un andamento equilibrato (verso il basso), mantenendo, poi, il risultato fino al 90’ più recupero.
Un andamento che rispecchia la visione del calcio di Ezio Capuano, bravo ad applicare meccanismi complicati da superare per chi affronta le sue squadre, finalizzati a ridurre il tempo di gara in pochissimi episodi da sfruttare a proprio favore. Se aggiungiamo che questo Messina edizione 2021-22 ha perso 4 partite su 5, nell’ “era Sullo” dopo essere passata in vantaggio, ecco che la collezione di risultati negativi continua ad allungarsi anche cambiando il “manico”, forse anche perché questa rosa è stata costruita indipendentemente dal modulo preferito applicato dal tecnico pro-tempore, non diventando ancora “squadra” nel senso più ampio della parola.
Diventa, quindi, arduo valutare le prestazioni di chi è stato impiegato a Latina, considerando anche i continui cambi di assetto tattico confermati da Capuano (voto 5) al termine della partita, “per mettere in difficoltà” i nerazzurri. La girandola finale, che porta Distefano nel ruolo di terzino sinistro, produce due occasioni da gol, entrambe di testa, ma la fortuna non aiuta i biancoscudati, cui non basta consentire una sola chance agli uomini guidati da Di Donato, e nemmeno costruirne altre due nel primo tempo, per portare a casa almeno un punto. Ancora una volta, Lewandoski (6) esegue un solo intervento, a gioco fermo, con una uscita bassa su Carletti, che gli costa il taglio alla testa e la fascia da portiere anni 20 per coprire la ferita. Il trio difensivo, pur subendo poco, non dà mai impressione di sicurezza, Celic (5) gioca 45’ in difficoltà, Mikulic (5) causa il rigore per la sua “legnosità”, Carillo (5,5) riequilibra con un paio di recuperi miracolosi nel momento di maggiore spinta dei suoi, altrettanti svarioni, come il liscio in area avversaria che libera un contropiede avversario nel primo tempo o la palla svirgolata nella propria area in avvio di secondo tempo.
Gli esterni, in un modulo 3-5-2, hanno una funzione fondamentale, ma devono avere corsa, equilibrio, cattiveria agonistica e piedi buoni, tutte doti che Fazzi (5,5) e Sarzi Puttini (4,5) non dimostrano al “Francioni”. Il primo, al rientro dopo l’infortunio muscolare che gli ha fatto saltare le gare contro Catanzaro e Avellino, almeno ci mette la “cazzimma”, il prestito dell’Ascoli disputa una delle sue peggiori prove in maglia biancoscudata. Nell’intervallo, Capuano da una chance a Rondinella (6) e l’esterno classe 2001 non sfigura, candidandosi come alternativa credibile in una fase complicata della stagione. Fazzi, invece, nel secondo tempo, fa altri due ruoli diversi, il “braccetto” di destra difensivo e, poi, il centrale accanto a Carillo, mettendoci esperienza e spirito di servizio.
Il centrocampo resta uno dei misteri del Messina, perché il ruolo di difesa attiva (“difendente”, nel gergo capuanesco) viene portato a termine positivamente ma si stenta a costruire. Fofana (5,5) non emerge, Simonetti (5,5) altrettanto, eccetto in una fase della ripresa, ma al 73’ viene sostituito con Distefano, ingiudicabile perché non trova una collocazione sul terreno di gioco. Gioca poco più di 30’ anche Damian (6,5) e la differenza si vede subito, perché il numero 10 biancoscudato, pur reduce da 10 giorni di quarantena post Covid, dà ordine, prova, almeno nei primi 15’ in cui è in campo, a costruire qualcosa e, se riuscirà a rimettersi davvero “sul pezzo”, potrà dare un contributo essenziale alla risalita. Malissimo Konate (4,5) e la sfortuna del momento si manifesta anche sul fatto che l’unica palla gol del primo tempo costruita dal Messina arriva proprio sui suoi piedi, e lui la spreca pensando di essere sulla spiaggia di Fiumara Guardia e non in un campo di serie C italiano. Dalla panchina entra anche Catania (6), unico capace di saltare il diretto avversario e creare qualche problema alla difesa nerazzurra, ma non basta per incidere.
Infine, gli attaccanti utilizzati da Capuano, ovvero il reparto più sacrificato in questa fase del torneo, perché Adorante (5) e Vukusic (5) hanno solo una opportunità per tirare verso la porta in 99’ minuti incluso il recupero, Busatto (sv), in un quarto d’ora, tocca solo un pallone di testa, rischiando di diventare l’eroe biancoscudato di giornata. Ma non è tempo di eroi, più o meno fortunati, in casa Messina. Occorre tornare a giocare a calcio, fin dalla prossima, complicatissima gara contro la Fidelis Andria.

Sezione: Il focus / Data: Dom 21 novembre 2021 alle 20:02
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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