L’estate del 2003, immediatamente precedente alla cavalcata del Messina verso la serie A, venne animata dall’ormai celeberrimo “caso Catania”. Il ricorso orchestrato dalla società rossazzurra, inerente le squalifiche non scontate da alcuni calciatori, portò alla riforma dei campionati, con una serie B allargata a 24 squadre grazie ai ripescaggi di Genoa, Salernitana, Fiorentina e dello stesso Catania.
Il Messina, pertanto, dovette prepararsi a sostenere un campionato infinito, che a giugno avrebbe contato ben 46 giornate. Per affrontarlo, il presidente Pietro Franza decise di puntare su Vincenzo Patania, allenatore emergente che, l’anno precedente, aveva sfiorato la serie B con il Martina, perdendo la finale play-off contro il Pescara. La squadra venne rivoluzionata, con le rinunce a due senatori come Portanova e Manitta, che lasciarono Messina insieme a Zampagna, Bellucci, Sportillo, Princivalli, Corona e Cecere. Sullo Stretto, invece, giunsero Parisi, Zaniolo, Mamede, Aronica, Fusco, Gentile e Guzman. A ridosso dell’inizio del campionato, inoltre, venne perfezionato l’accordo con Arturo Di Napoli, rimasto svincolato dopo l’esperienza a Palermo.
L’inizio non fu dei migliori, con quattro pareggi (tutti in casa contro Triestina, Napoli, Vicenza e Cagliari) e tre sconfitte esterne contro Livorno, Ternana e, soprattutto, Catania. Il presidente Franza, pertanto, provò a cambiare le cose, esonerando Patania e ingaggiando Bortolo Mutti, personaggio di grande esperienza nonché grande conoscitore della categoria e della Sicilia (aveva giocato, infatti, nel Catania ed allenato il Palermo l’anno precedente). Il Messina iniziò, quindi, una serie estremamente positiva, rialzandosi in classifica: i giallorossi, infatti, misero in fila sette risultati utili, con cinque vittorie (Avellino, Piacenza, Salernitana, Bari e Verona) e due pareggi con Atalanta e Pescara. Dopo una battuta d’arresto a Venezia, il Messina ripartì con tre vittorie consecutive, demolendo, in casa, la Fiorentina (3-0) e il Genoa (4-0), con in mezzo un’importante vittoria per 1-2 a Treviso. Parisi e Di Napoli, inoltre, cominciano a segnare con regolarità e, alla fine del campionato, saranno i migliori marcatori della squadra, rispettivamente con 14 e 19 gol.
Nonostante un periodo di appannamento, tra la metà di dicembre e il mese di febbraio, nel quale si registrarono sei pareggi, due sconfitte e due sole vittorie in dieci partite, i giallorossi non si scollarono mai dal gruppo promozione, pronti a giocarsi le carte per la promozione in serie A. Per non abbandonare la corsa alla massima serie, inoltre, il presidente Franza perfezionò gli acquisti di Roberto El Pampa Sosa e Domenico Giampà, elementi che si rivelarono molto utili nel girone di ritorno.
Il 2 marzo, arrivò la grande svolta, che consegnò ai peloritani convinzione ed entusiasmo: il Messina umiliò il Catania con un secco 3-0, in un Celeste inebriato dalle reti di Di Napoli, Sullo e Giampà. I ragazzi di Mutti continuarono a macinare gioco, rischiando di vincere a Cagliari, dove vennero raggiunti al 93’ da Loria. Poco male, perchè i giallorossi inanellarono una nuova serie di successi sconfiggendo l’Avellino, annichilendo Salernitana ed Atalanta per 3-0 e vincendo di misura contro Pescara, Bari e Venezia. La sconfitta di Firenze, nella quale siglò una rete Riganò, non fece male e i nuovi successi contro Treviso e Albinoleffe e i pareggi con Genoa e Palermo avvicinarono il Messina alla matematica promozione in serie A.
La festa cominciava ad avvicinarsi, la gioia pronta a detonare ma il 29 maggio i giallorossi fallirono il primo matchpoint: al Del Duca di Ascoli la banda-Mutti uscì sconfitta per 2-1, con Zaniolo che si divorò una rete impossibile da sbagliare, con tanto di pianto finale.
Poco male, anzi… la scienza esatta del senno di poi ci porta a considerare l’importanza dell’errore del buon Igor. Il Messina, infatti, si apprestò a guadagnare la promozione, attesa da 39 anni, dinnanzi al proprio pubblico, nella sfida contro il Como già retrocesso. Il resto è storia notissima… i giallorossi vinsero la gara per 3-0, mandando al tappeto i lariani già nella prima frazione di gioco con un doppietta di Di Napoli. Il sigillo di Parisi, dopo uno schema su calcio di punizione, mise fine ad una gara storica, l’ultima giocata nel mitologico stadio Giovanni Celeste.
Il triplice fischio di Pierluigi Collina diede il via a una notte indimenticabile, con una città insonne ed ebbra di festa. Un paradiso che, dopo il 1964 era stato solo sfiorato, divenne totalmente giallorosso, proprietà unica del Messina della famiglia Franza. Nell'ultima giornata di campionato, ormai ininfluente, un Messina B, con in campo le riserve, si prese il lusso di battere 1-3 il Torino al Comunale: la degna conclusione di una stagione nella quale sarebbe riuscita qualsiasi cosa.
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @menelpallone
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