La fatal Lamezia colpisce (indirettamente) ancora: si chiude più o meno come si era aperta la parentesi messinese di Gianluca Grassadonia, subentrato in panchina a Gaetano Catalano pochi giorni dopo la brusca sconfitta interna incassata contro la Vigor il 1° Dicembre 2013. Si chiude pochi giorni dopo il pessimo secondo tempo del "D'Ippolito", all'indomani dell'ennesima brutta prova stagionale contro il Melfi, e termina nel peggiore dei modi una storia d'amore che, nella scorsa stagione, sembrava poter essere infinita.
L'idillio, infatti, dopo un periodo di adattamento (e di semi-stravolgimento della rosa costruita nel mercato estivo), era scoppiato quasi all'improvviso, portando i giallorossi sino al primo posto in classifica, con un girone di ritorno in cui il 3-5-2 di Grassadonia ha sbaragliato ogni ostacolo, arrivando sino alla finale di Supercoppa contro il Bassano.
L'amore del pubblico verso il mister è evidente; ovvio, vince e la squadra gioca bene, Pedro Costa Ferreira con lui rende tanto bene da attirare le attenzioni di club di categorie superiori (si era parlato di Parma e Torino, finirà all'Entella neo promosso in B) e il suo Messina si presenta ai nastri di partenza della Lega Pro unica come mina vagante, pronta a tutto per salvarsi, ma capace di fare lo sgambetto alle più quotate. Lo dice la storia del Messina, lo conferma il tipo di gioco che Grassadonia ha mostrato in Seconda Divisione. Eppure, qualcosa comincia a rompersi.
Il Messina gioca male e perde. Il 12 Settembre la vittoria a Reggio Calabria inebria i tifosi, disposti a perdonare al mister il doppio scivolone interno contro Matera e Casertana; è emblematica quest'ultima gara: sia a fine primo tempo che al novantesimo la squadra è subissata di fischi, ma lui no. Grassadonia è l'unico a salvarsi, agli occhi della Curva. Esce, quasi timidamente, tra gli applausi di una tifoseria che dove si trova il confine tra le sue colpe e quelle della società, tant'è che la fiducia nei suoi confronti regge ancora per molto. Poi, un girone dopo, tra pochi alti e tanti bassi, si arriva di nuovo al derby: lo Stretto è ancora giallorosso, e questa resterà l'ultima gioia messinese per Gianluca Grassadonia. È il 25 Gennaio, la settimana dopo finirà il mercato e la rosa sembra ancora incompleta. Non ci saranno più interventi di rilievo, fatta eccezione per il vice-Corona, De Paula.
Intanto è andato via Ferrigno e al suo posto è arrivato Danilo Pagni. Intanto, sopratutto, il Messina si è abituato a perdere malamente. Ha paura, e l'allenatore non riesce a svegliare i suoi calciatori. I giallorossi arrivano spesso in vantaggio all'intervallo, ma sbagliano, sempre, la ripresa. Non succede solo in due occasioni, nel 2015: la vittoria di inizio anno con il Savoia, e il suddetto derby.
Grassadonia ha perso la bussola e alcune scelte non sembrano neanche del condottiero dell'anno precedente: alcune scelte tattiche e le sostituzioni mostrano la stessa paura dei suoi calciatori, come se il doppio pokerissimo incassato a Settembre non sia ancora stato digerito; grave, gravissimo: sono passati quasi sei mesi da allora, e intanto si sono giocate ventitré partite, nelle quali il Messina ha raccolto la miseria di quattro vittorie. Il dato è importante, perché anche amore e riconoscenza spesso si devono piegare ai numeri: la squadra non c'è, il mister nemmeno. Le dichiarazioni settimanali sono sempre le stesse, e il rapporto si logora.
Finisce dopo poco più di quindici mesi una storia che avrebbe meritato un finale migliore; il condottiero della Seconda Divisione, autore di un miracolo sportivo da non dimenticare, annega per primo. Sperando che il nuovo ammiraglio, Nello Di Costanzo, possa prendere il comando della ciurma biancoscudata, superando la tempesta e portandola in acque sicure.
Autore: Gregorio Parisi / Twitter: @wikigreg
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