Il calcio è mondo crudele, universo in cui la gratidudine semplicemente non esiste. Si vive di risultati e la memoria corta è strumento fondamentale per voltare pagina se la classifica non sorride e la piazza rumorreggia.

Cristiano Lucarelli è stato Re di Livorno, uomo capace di rinunciare ai soldi per amore di gente e città. La Serie A a distanza di 55 anni dall'ultima volta, l'Europa e una valanga di azioni finite a esultare sotto la curva col pugno alzato valgono un miliardo. Ce lo ha insegnato lui e noi, con lo sguardo ammirato, abbiamo imparato la lezione e preso appunti.

Quando il centravanti, nelle vesti di allenatore, giunse a Messina, il tempo sembrò fermarsi. Gli scioperi, la grinta del capitano in campo e nella vita: l'obiettivo da raggiungere, nonostante l'acqua fredda e i portafogli vuoti. Erano cambiate le coordinate, non la sostanza. Allora era vero, pensammo: i valori, la biografia, un pallone con più fango e meno lustrini. Fu un'illusione, perciò fece più male. La squadra fallì, lui imboccò l'autostrada direzione Catania. Scelse l'elefante e fu una pugnalata al cuore: inutile fingere il contrario, ostentare indifferenza e superiorità.

Oggi, per citare Battisti, ci ritorna in mente e non è un caso, ma è un cerchio che si chiude. Ring composition la definiscono  gli esperti. Spinelli esonera il figliol prodigo e la decisione, da un punto di vista tecnico non fa una piega. Perdi e ti cacciano, funziona così anche a Livorno, anche per Lucarelli. D'altronde, le cartoline ingialliscono e le fotografie, dal momento in cui hanno smesso di stare negli album, sono meno eterne. Magari non te l'aspettavi, ma non preoccuparti Crstiano dopo un po' passa: ce lo hai insegnato tu e a noi è toccato, nuovamente, prendere appunti.

Sezione: Erano a Messina / Data: Mer 07 novembre 2018 alle 16:47
Autore: MNP Redazione / Twitter: @menelpallone
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