Stagione finita da pochi giorni ed è già tempo di bilanci, delle pagelle consuntive di un campionato che il Messina ha condotto in porto senza patemi, conquistando aritmeticamente la salvezza con un turno di anticipo, anche se, in realtà, la categoria non è mai stata in discussione, con 39 punti raggiunti a otto giornate dal termine. L’andamento deficitario degli ultimi due mesi, con 6 punti raccolti in 9 gare, però, ha creato qualche pensiero, chiudendo ai biancoscudati la porta che conduceva ai playoff, una soglia avvicinata fino a una sola lunghezza, ma mai oltrepassata. E’ mancato, quindi, il premio di concludere nella parte sinistra della classifica, che avrebbe ripagato il gruppo squadra, ma anche la società, degli sforzi compiuti a partire da luglio scorso, quando venne ufficializzato l’ingaggio della coppia Giacomo Modica-Domenico Roma a cui si affidò la costruzione della rosa capace di collezionare 45 punti, miglior risultato numerico tra i professionisti di questo Messina rinato nel 2017, con un quattordicesimo posto che eguaglia quello raggiunto, a quota 39 con 36 partite conteggiate, nel 2021-22 dalla squadra che vide in panchina Sasà Sullo, poi Eziolino Capuano ed infine Ezio Raciti.
SANGUE FREDDO - Iniziamo, quindi, il gioco delle valutazioni, partendo dalla proprietà: a Pietro Sciotto va attribuito un giudizio più che sufficiente. Il patron ha mantenuto freddezza e convinzione nelle proprie scelte quando, a cavallo tra ottobre e novembre, con 6 sconfitte e solo un punto raccolto su 7 gare, qualunque altro presidente avrebbe sacrificato la testa del proprio tecnico e avviato la terza rivoluzione consecutiva in corso d’opera. Invece, conservare la stessa guida in panchina ha consentito di costruire un gruppo coeso attorno alle idee di calcio del tecnico, che, a sua volta, è stato capace di cambiare l’atteggiamento in campo della squadra, partendo dalla disposizione tattica, ma soprattutto responsabilizzando alcuni uomini chiave, dal punto di vista carismatico, presenti nella rosa.
TREGUA ARMATA - Il rapporto di Pietro Sciotto con una parte della tifoseria non è mai andato, in 7 anni, oltre più o meno lunghi periodi di tregua, tra una contestazione e l’altra. Forse la pace armata della stagione appena conclusa è stata la più duratura, ma il riesplodere di cori e striscioni polemici nei confronti del presidente nei minuti finali della gara con il Potenza, a salvezza quasi raggiunta, riporta in primo piano la frustrazione da parte di quei sostenitori biancoscudati, con la forte voce dei club organizzati, sempre presenti in tutte le trasferte, che meriterebbero ambizioni più alte e ritengono l’attuale proprietà non adeguata a questo compito. Una posizione ampiamente reiterata e conosciuta da tutte le parti in causa, ormai cristallizzate nei propri convincimenti ed appare arduo trovare un punto di incontro che possa consentire di superare questo blocco.
BASTONI E CAROTE - Giudizio complessivamente positivo per tutti coloro i quali hanno ricoperto i diversi ruoli dell’organigramma, perché l’impegno non è mai mancato, la professionalità neanche e le difficoltà strutturali sono state affrontate e mitigate con senso di responsabilità. Da rimarcare la presenza continua, e anche numericamente importante, dell’area comunicazione, in tutte le trasferte stagionali, preziosa nel mantenere buoni rapporti con i media nazionali, nell’anno in cui Sky è stata partner della Legapro, forse troppo pragmatica, in certi casi anche brusca, la gestione delle testate locali, ma qui si entrerebbe in considerazioni eccessivamente personali per un “pagellone”.
MARIO, INFRONT E SUPERMERCATI - Resta il punto interrogativo legato al marketing ed agli sponsor, voce potenzialmente essenziale per la vita di una società di terza serie, affidata alla collaborazione esterna di una figura come Mario Bonsignore, con la partecipazione, a un certo punto della stagione, di Infront quale partner e la presenza di un marchio internazionale sulla maglia del Messina. Entità i cui contorni sono sfumati con il passare dei mesi, non sappiamo con quali conseguenze o impatti sui conti finanziari ed economici della società, mentre, vicino a Sciotto, sempre più assiduamente, si è visto Immacolato Bonina, da più di un decennio più volte accostato all'Acr, senza mai entrarci da protagonista.
Capitolo a parte quello delle promozioni per gli accessi allo stadio, con qualche numero di presenze “drogato”, ma serve riavvicinare soprattutto giovani e famiglie al Messina e ogni iniziativa può essere utile, seppure il senso di appartenenza o la partecipazione alle vicende biancoscudate si costruiscano con il tempo e non solo con i biglietti a un euro come buono spesa nei supermercati.
SPERANZE INFRANTE - Infine, un accenno al settore giovanile, che ha trascorso un’annata su standard più alti a livello organizzativo e strutturale rispetto a quanto sperimentato da queste parti in passato, ma, il prossimo anno, ci sarà una diversa soluzione, perché l’accordo siglato tra Pietro Sciotto e Antonio D’Arrigo la scorsa estate, sarà rescisso. Il programma triennale stilato dalla dirigenza forte dell’esperienza maturata dal 2014 con il Camaro e voleva sperimentare le proprie capacità in campo professionistico, non ha funzionato, dal punto di vista finanziario, per una serie di circostanze derivanti dall’esterno (normative federali e leggi dello Stato anche in campo fiscale, con un profondo impatto sul calcio giovanile italiano) e la proprietà dell’Acr non intende sobbarcarsi gli ingenti investimenti di un settore giovanile interamente in house, e neppure in compartecipazione.
Una occasione sfumata, considerando anche alcune sinergie, avviate attraverso il settore giovanile, ma rimaste in fase embrionale, legate ai rapporti con tante realtà calcistiche di primissimo livello nazionale, alla collaborazione inizialmente programmata con Claudio Lucchini, adesso vicino alla Sampdoria, all’accordo con la Federazione Maltese che ha portato solo qualche contratto di sponsorizzazione, senza che l’Acr sia riuscita a mettere realmente a frutto tali opportunità.
I giovani sono il futuro di qualsiasi società calcistica e bisogna trovare le risorse da investire in strutture, formazione dei tecnici, puntando a una programmazione pluriennale. Facile a dirsi, molto meno a mettere in pratica queste parole, ma si tratta di un problema endemico del calcio italiano, a tutti i livelli.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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