Sparare sulla Croce Rossa non è esercizio piacevole, nel caso del Messina edizione 2022-2023, non ci troviamo di fronte ad un ente emerito che si occupa di intervenire nelle emergenze umanitarie internazionali, ma di una associazione (riunita più volte) dedita a creare emergenze in campo sportivo, vista la pervicace insistenza con la quale anche questa proprietà della maggiore espressione calcistica cittadina, così come le altre succedutesi negli ultimi 15 anni, tende a distruggere qualsiasi tentativo di costruire passione, interesse, professionalità attorno ad un fenomeno sociale con risvolti economici come può diventare il pallone quando si è in grado di farlo bene.
LA PARTITA DI IERI - Inutile valutare i sedici calciatori messi in campo da mister Auteri contro la Gelbison, perché quella vista ieri pomeriggio non era una squadra, da nessun punto di vista, e solo a sprazzi si sono visti movimenti o decisioni degne di calciatori professionisti (nel primo tempo Fofana e, nel finale, qualche spunto di Versienti). Mediocrità diffusa, esprimibile con un 4 a tutti, dal tecnico in giù, per passare ad un esame complessivo della situazione.
UNA ROSA CON TROPPE SPINE - Iniziamo con il chiarire che questa rosa presentata ai nastri di partenza del campionato di serie C è quella costruita peggio a memoria d’essere umano messinese nelle partecipazioni a tornei professionistici. Un ritiro lunghissimo, in tre posti diversi, fatto con calciatori (Morelli, Thiago Goncalves, Carillo, Simonetti, Celic, Di Stefano, Fazzi) tollerati a malapena e spinti, tranne uno di loro trattenuto per necessità (e si vede dalle sue prestazioni) e il croato rimasto sul groppone, a rescindere il contratto biennale sottoscritto nell’estate 2021, insieme ad altri legati all’Acr dalla passata stagione (Fofana, Balde, Konate, Catania) tra i quali solo il centrocampista ivoriano aveva i gradi da titolare e poteva ambire ad essere uno dei pilastri della nuova squadra. Accanto a questi sono arrivati giovani senza esperienza tra i grandi e con poche presenze nelle compagini Primavera, uno degli under più presenti al Messina lo scorso anno (Trasciani), preso dopo lunga attesa per la scomparsa del Teramo, società con cui era tesserato, cavalli di ritorno di passaggio in biancoscudato, come Camilleri, arrivato dopo un mese dal primo contatto di mercato per fare da chioccia ai ragazzi della difesa, lui che nel girone di ritorno aveva collezionato 8 presenze, dimostrando le proprie qualità solo nello scontro diretto di Andria. I “colpi” di mercato sono stati Marino (buon centrocampista di categoria), Fiorani (2002 di sostanza, in prestito dall’Ascoli), Grillo e Curiale, questi ultimi sempre insieme da qualche stagione con poche presenze a Catanzaro e una retrocessione sul groppone a Vibo, ed infine l’altro attaccante Iannone, reduce dall’esperienza non esaltante a Pagani.
NESSUN ALIBI - Nessuna deroga al principio del massimo risparmio, perfettamente concordato e promosso nella gestione della stagione da parte di presidente, direttore generale e direttore sportivo, che hanno scelto, in totale accordo con l’allenatore, i giocatori individuando figure professionali e strategie per settore giovanile, organigramma e collaborazioni. Obiettivo era la salvezza e porre le basi per avere una maggiore partecipazione da parte della città, non solo in termini di presenze allo stadio ma anche con riguardo alle istituzioni ed a quella parte di Messina allontanatasi dalla propria squadra di calcio. A metà ottobre, quando le prime scadenze finanziarie sono arrivate e la proprietà si appresta ad onorarle tutte, il campo recita sei sconfitte in otto turni di campionato, presenze allo stadio ridotte agli abbonati, apporto di sponsor locali pari a zero, collaborazioni con le istituzioni in via di formalizzazione, struttura organizzativa in costruzione (già cambiati gli steward a seguito delle problematiche riscontrate nelle prime due partite in casa, addebitabili, però, alla gestione della biglietteria).
PALLE DICHIARATE - Purtroppo, tutto ampiamente prevedibile, la sensazione di quelle che, a biliardo, si chiamano "palle dichiarate". Resta la solita, insopprimibile, impressione di precarietà generale, visto che una parte dei tifosi è già arrivata alla contestazione nei confronti del presidente Sciotto, invitato ad andarsene, come puntualmente avviene da oltre 5 anni in questo periodo, ma anche successivamente nel corso dei mesi che hanno composto l’esperienza dell’imprenditore di Gualtieri alla guida del Messina. E, francamente, diventa difficile giustificare le scelte prese dalla proprietà nel mese di luglio, confermando la coppia composta da DG e DS con l’obiettivo di ridurre all’osso le spese cercando di massimizzare le entrate, senza minimamente considerare che una retrocessione comprometterebbe qualsiasi possibilità di ottenere minutaggio, contributi o apporti finanziari. Sarebbe interessante sapere dal presidente Sciotto se esistevano alternative credibili a tali scelte, ma, senza voler entrare nell’ambito degli scenari da letteratura fantascientifica ammantati di paranoia, quest’anno il risultato sul campo, sembra ormai chiaro, è stato affidato alle capacità professionali di mister Gaetano Auteri, ritenuto in grado di trasformare il mix di giovani volenterosi ed elementi esperti in cerca di riscatto, in una squadra capace di salvarsi con il gioco e creando l’interesse della piazza. Invece, appare evidente che l’allenatore, per quanto bravo, non è un mago e adesso, forse, si sta esagerando nell’esporlo in maniera eccessiva come unico credibile frontman societario, anche perché Auteri ha una reputazione e una carriera da difendere.
COME INTERVENIRE? - Alcuni tifosi chiedono, dalla fine del mercato estivo, un intervento sul mercato degli svincolati, che servirebbe, ma solo in caso di elementi in grado di essere pronti a dare una mano subito, anche temporaneamente fino a gennaio, quando bisognerà fare l’ennesima rivoluzione per tentare una salvezza complicatissima. Quindi, provare a reperire calciatori di nome, disposti a una esperienza breve per migliorare la propria condizione e che abbiano necessità di una vetrina in vista del proprio rilancio a gennaio in realtà più ambizione nella categoria o in serie superiori. Su questo fronte, nessun segnale da parte della società, almeno in via ufficiale, perché su quelle ufficiose è meglio stendere un velo pietoso. Fatta una istantanea, forse brutale, della situazione attuale, quali potrebbero essere le vie di uscita? In un ambiente “normale”, il proprietario prenderebbe delle decisioni drastiche, riconoscendo i propri errori e correndo ai ripari, per riconquistare la fiducia dell’ambiente. Oppure cercherebbe partner credibili per avviare una nuova fase societaria, preparando la propria uscita di scena e garantendo la continuità del titolo sportivo nella categoria. In un ambiente “malato”, invece, si prospetterebbero scenari lugubri, passaggi di proprietà senza condizioni a fantomatici “salvatori della patria” o “mecenati” di livello troppo elevato per esporsi in trattative secondo i canoni, prossimi fallimenti per situazioni debitorie insostenibili se non da parte di chi si esporrebbe solo per “un atto d’amore”.
In definitiva, la telenovela non ha né interpreti né trama diversa da quella cui assistiamo, in ambito calcistico da almeno tre lustri, appassionando sempre meno persone: vedremo cosa ci riserveranno le prossime puntate.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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