LE PEGGIORI ANNATE DELLA NOSTRA VITA BIANCOSCUDATA - Ancora qualche settimana, e, finalmente, finirà questa stagione, probabilmente la più assurda e indecifrabile a memoria d’uomo, dopo il campionato 2007-2008 l' ultimo (per chissà quanti altri decenni) disputato dal Messina in serie B, una categoria conquistata allora dopo grandi sacrifici, con la macchia indelebile della morte di Tonino Currò e buttata nella fogna da una decisione presa dalla famiglia proprietaria, che ancora resta incomprensibile anche a chi visse da protagonista quei mesi assurdi, come testimoniano le dichiarazioni di Biancolino, rilasciate al termine del match vinto al “Franco Scoglio” da allenatore dell’Avellino.
Quella che sta per finire sarà al secondo posto nelle annate più infami nella storia del calcio messinese, ma solo per il livello di categoria nel quale si trovava allora il Messina e non per la gravità delle condotte messe in atto da chi, indegnamente, è il caso di dirlo, rivestiva la carica di presidente della massima espressione calcistica nella nostra città avvalendosi della vicinanza, o complicità, di altri soggetti mediocri nelle idee e nei comportamenti, decisivi per mettere in scena una pantomima indecorosa, ennesimo insulto alla passione di un popolo legato al football dal 1900, ma tradito da chi è esperto di un altro sport, molto praticato alle nostre latitudini, il futticumpagnu” una assonanza tragicamente ironica.
Tra cordate e gruppi più o meno interessati al Messina, lettere e dichiarazioni del sindaco, di improvvisi innamorati della biancoscudata o profumieri di lungo corso, silenzi da parte dei principali colpevoli, scenari giuridico-legislativi più o meno cupi a secondo chi li propala, scivoliamo lentamente verso l'ennesima scomparsa dal calcio professionistico, proprio nell'anno in cui decorre il 125° anniversario dalla fondazione prima squadra di calcio messinese. L'ennesima beffa che una piazza comunque storica, sebbene abituata alle delusioni, deve subire.
COME E' DURA LA SALITA - Il calendario assegna a questa squadra, creata a gennaio scorso, ancora 7 partite, tante quante quelle già giocate con Banchieri in panchina, in cui sono stati raccolti 6 punti, nelle prime 4 uscite del nuovo tecnico, per poi incorrere in tre sconfitte dure da digerire perché evitabili pur essendo arrivate contro avversari di altissimo livello (Trapani, Monopoli, Avellino).
Adesso verrebbero gli impegni più abbordabili, ma come potranno affrontarli calciatori senza più figure di riferimento in società, con un clima da autogestione basato sulle entrate correnti e spese di strettissima necessità, senza alcuna certezza di avere saldati stipendi e contributi alla scadenza di metà aprile che riguarderà il bimestre febbraio-Marzo? Una criticità reale, pur senza avere il minimo dubbio sulla professionalità e attaccamento alla maglia dimostrato sempre nelle gare fin qui disputate e ribadito anche ieri contro l’Avellino, affrontato con lo spirito giusto, maltrattato per quasi mezz’ora, in cui il Messina ha costruito tre nitide palle gol, prendendo anche un palo, per poi capitolare alla prima conclusione irpina, un colpo di testa preciso e forte spentosi in rete. Infine, enorme rammarico per il pareggio sfuggito a causa della prodezza di Iannarilli in pieno recupero, così come accaduto una settimana fa a Monopoli, dove Vitale salvò la sua porta in due occasioni. E’ mancata, quindi, anche un pizzico di fortuna, indispensabile nel gioco del calcio, dove questa volta non è nemmeno valsa la regola gol mangiato-gol subito, dopo l’erroraccio di Patierno capace di calciare fuori, solo e indisturbato davanti al portiere biancoscudato.
Però, non bisogna nascondere le responsabilità di Simone Banchieri (5), il quale non riesce a gestire in modo accurato i cambi, prigioniero, ancora una volta come contro Trapani e Monopoli, del piano partita studiato ed applicato da inizio gara. La doppia sostituzione di Buchel e Petrucci, i due esponenti più tecnici ed esperti in maglia biancoscudata, al 60’, toglie fosforo nel momento fondamentale per provare a riequilibrare il punteggio,passando a un 4-2-3-1 reso sterile dalla fumosità di Vicario (5), dal calo di Dell’Aquila (6,5), strepitoso e imprendibile nel primo tempo, capace di lampi nella ripresa, spentosi alla distanza, e da Tordini (5), crollato fisicamente dopo la solita sequela di strappi, dribbling, tiri tentati senza risultato.
Il ruolo di prima punta, fino al 72’, viene ricoperto da Costantino (5), tanta buona volontà, qualche duello fisico vinto, ma assoluta sterilità nei pressi della porta avversaria, come nel primo tempo, quando viene pescato davanti a Iannarilli, perde l’attimo fatale e si fa chiudere. De Sena (5,5) si getta su ogni pallone vagante nell’area irpina, con poca fortuna.
Tra i subentrati dalla panchina, invece, impatta in modo eccellente Pedicillo (6,5), autore del tiro durante il recupero salvato con una splendida parata da Iannarilli. Il ragazzo col numero 28 deve trovare più spazio nella fase in cui si dovrà rischiare il tutto per tutto con l’obiettivo di alimentare almeno la speranza delle due gare di layout. Luciani (5,5), nei 10’ concessigli da Banchieri, propizia l’azione che porta all’occasione per il pari, nella fase più convulsa del match.
Passando agli altri protagonisti in biancoscudata, Meli (6) è incolpevole sul gol, fa una splendida parata su Sounas, ma è troppo incerto nell’azione che porta Patierno a fallire una clamorosa chance per il raddoppio, Gyamfi (6) copre bene la propria corsia nelle due fasi, Dumbravanu (4,5) forse gioca la sua peggiore prova in due stagioni al Messina, fuori ruolo e protagonista dell’inutile fallo da espulsione per cui mancherà in gare importantissime per le sorti del campionato.
Gelli (7) è uno dei due migliori in campo con la maglia biancoscudata, perché giganteggia contro gli attaccanti più forti del girone, sempre a testa alta, non sprecando un intervento, con o senza palla. Bene anche Marino (6,5), preciso e molto attento in marcatura, mentre, per 60’, il Messina dimostra di poter reggere il confronto anche con una squadra monstre come l’Avellino grazie ad un centrocampo espertissimo e concreto, in cui Buchel (6,5) detta i tempi della manovra, Petrucci (6,5) fa il vertice alto in appoggio all’attacco, Crimi (7) riesce a mantenere la stessa tensione agonistica per 95’ senza beccare l’ammonizione, essendo in diffida. Probabilmente, sarebbe stato il caso di mantenere intatti almeno due terzi del reparto nevralgico al momento della prima sostituzione, inserendo Pedicillo, elemento duttile, invece di lanciare solo Garofalo (5,5) poco incisivo anche perché senza riferimenti di peso vicini a lui.
DIETRO L'ANGOLO - Volendo restare al terreno di gioco, quindi, c’è stata l’impressione di una squadra ancora viva, migliorata dal punto di vista fisico, che, però, si complica la vita da sola con letture poco lucide da parte del tecnico, pur con tutte le considerazioni pesanti sull’ambiente attorno a questo gruppo e alla poca fortuna negli episodi decisivi. Se, invece, pensiamo alle vicende paradossali in ambito societario, senza qualcuno che riesca a spezzare gli equilibri tossici creati da chi possiede attualmente le quote azionarie del Messina (Sciotto e AAD), tremiamo al pensiero di quanto potrà essere mediocre il prossimo progetto che, sicuramente, qualche mente raffinatissima appartenente a nostri concittadini, starà allestendo per creare l’ennesima sigla illusoria di un rilancio inutilmente atteso da troppi anni. Ma ci sarà tempo e modo per comprendere meglio cosa accadrà, ammesso che a qualcuno, in questa città, ancora interessi di un pallone che rotola sul prato inseguito da ventidue giovanotti in mutande.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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