Trovarsi nei bassifondi della graduatoria dopo otto giornate di campionato è forse la questione meno grave per il Messina, perché la sconfitta contro il Monterosi ha scoperto un vaso di Pandora da cui potrebbero nascere decisioni ancora non definibili nell’immediatezza.
Iniziamo dal primo imputato, naturale capro espiatorio nel mondo del calcio quando le cose non vanno bene. Mister Sullo (voto 4,5), col senno del poi sbaglia totalmente la gestione della gara, al di là di schieramenti tattici (il 3-4-1-2 di partenza favorisce l’avvio promettente della partita), episodi, errori dei singoli, condizione atletica della squadra. Con ancora mezzora piena da giocare, contro un avversario non irresistibile, in quello che doveva essere il match della svolta per dare continuità al progetto tecnico iniziato un paio di mesi fa, non è tollerabile vedere assenza totale di reazione, rassegnazione e paura nelle menti di chi è stato messo in campo. Preoccupa tantissimo l’atteggiamento della squadra che, alle prime difficoltà, si scioglie e non tende a riparare gli errori commessi, ma anzi, sembra tendere a farli diventare cronici. Individuare solo un responsabile, però, è troppo comodo e, quindi, occorre considerare tutta l’organizzazione messa in scena per la serie C ritrovata con l’obiettivo di fare un campionato di assestamento, ma senza soffrire.
Il presidente Sciotto, fino ad oggi piuttosto misurato nelle poche dichiarazioni fatte, starà sicuramente meditando una strategia per tentare di uscire dall’impasse, e, in questi casi, tutti possono essere messi in discussione. Il ds Argurio, a fine gara, ci “mette la faccia” e, in sala stampa, preannuncia una seria riflessione sul momento e sulle decisioni da prendere, preludio ad una ormai più che probabile separazione dal tecnico, ma l’avvio stagionale con il freno a mano tirato non riguarda solo l’aspetto più strettamente tecnico e, quindi, le decisioni potrebbero essere di portata più ampia. Una ipotesi estrema, ma non del tutto da escludere.
In gare come quelle di ieri sera, gettare la croce sulle prestazioni dei singoli è esercizio troppo facile, però alcune considerazioni vanno fatte, seguendo l’ordine della disposizione in campo, visto che individuare un “migliore in campo” sarebbe piuttosto ridicolo.
Partiamo, quindi, da Lewandoski (5), sorpreso sul primo gol, precipitoso nell’uscita in occasione del secondo, immobile sul piattone da grande attaccante di Mbende. Il portiere, in situazioni del genere, diventa la cartina al tornasole delle manchevolezze di tutti i reparti e non fa eccezione nemmeno il polacco ex Teramo.
Al fischio iniziale del signor Scatena (buona la direzione del fischietto abruzzese) il Messina si presenta con tre difensori centrali, ma le sbandate del reparto arretrato restano una caratteristica di questa squadra. Il primo gol del Monterosi coinvolge Moretti, in posizione ibrida sul cross, Mikulic, anticipato da Polidori per la sponda a Costantino, sul quale Carillo è in ritardo. Il trio piuttosto disomogeneo non supera il 5, perché nelle altre due occasioni in cui i laziali arrivano dalle parti della porta giallorossa, colpiscono con facilità irridente, approfittando di spazi e libertà eccessivi.
La situazione non è migliore sulla linea di centrocampo, infoltita da due laterali con maggiori attitudini difensive, in teoria, mentre, nella pratica, né Fazzi (5) né Sarzi Puttini (5,5) si capisce bene quale ruolo interpretino, ad eccezione di un paio di cross del secondo, che creano pericoli seri dalle parti di Borghetto. Al centro, i due pseudo martiri della impostazione tattica fin qui utilizzata, Damian (5) e Fofana (5,5) si perdono nella confusione generale, soprattutto l’ex Ternana, ormai involuto e pronto solo a imprecare e intavolare lunghe discussioni con l’arbitro di turno, piuttosto che cercare di inventare giocate degne della sua fama. L’ivoriano, invece, confeziona un assist perfetto per il temporaneo pareggio, battaglia come può, ma poi macchia una buona prestazione con lo sciagurato passaggio all’indietro trasformatosi in un lancio sfruttato da Costantino per mettere Polidori in condizioni di segnare il raddoppio. Da quel momento in poi, sparisce dal terreno di gioco, così come il resto dei compagni.
In attacco, da incorniciare il movimento ed il gol di Adorante (6), protagonista anche di una bella girata di testa in avvio di ripresa, poi nulla più, mentre il compagno di reparto Vukusic (5) al di là di qualche spunto non fa vedere nulla, finendo poi laterale nel blando finale. Infine, Balde (5) che inizia discretamente nella inedita posizione di trequartista dietro le due punte, poi entra nell’azione del gol recuperando palla, e viene sostituito dopo il 2-1 da un irriconoscibile Milinkovic (4,5) entrato per dare spessore alla rimonta e diventato immagine statuaria (proprio in termini di immobilità) della impotenza giallorossa. Nemmeno da considerare le apparizioni dalla panchina di Fantoni, Goncalves e Russo, inseriti all’interno di una struttura amorfa e senza mordente.
Resta, quindi, un amaro in bocca difficilmente superabile, dopo questa pesantissima sconfitta casalinga, perché le buone intenzioni manifestate da organigramma dirigenziale, staff tecnico e calciatori in questa nuova stagione stanno lastricando una strada tutt’altro che tranquilla. Sarà una domenica di fuoco per tutti i componenti la società, dal presidente al dg, al ds, allo stesso tecnico, di cui possiamo solo immaginare il dispiacere ed il rammarico per non essere riuscito ancora ad incidere in una città alla quale è legato affettivamente prima che professionalmente. Da queste decisioni dipende buona parte delle sorti di questo campionato con l’augurio che vengano presi con mente fredda, cuore caldo e polso fermo.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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