Esaurita la fase relativa all’iscrizione al campionato di Serie C, il Messina si dovrebbe tuffare nella nuova stagione, con la voglia e la convinzione di invertire la rotta rispetto agli ultimi due campionati, vissuti sempre in zona playout o in ultima posizione, ad eccezione di poche giornate, con il copione di un girone di andata deficitario, seguito da 19/20 gare a ritmi da playoff, per salvare la categoria. Questo avrebbe dovuto essere l’incipit di un pezzo giornalistico in una piazza calcistica normale o perlomeno in un luogo nel quale le vicende sul campo di gioco sono il punto focale e, tutto il resto viene pensato e concepito in funzione di ciò.
INCERTEZZA CRONICA - Concetto piuttosto semplice da comprendere, ma totalmente inapplicabile a Messina, dove, ormai da tempi remoti, se ragioniamo con i parametri dello sport, non si pensa a fare le scelte in tempo per evitare di lasciare esclusivamente al caso o alla gestione dell’emergenza il risultato finale, fosse anche una salvezza ottenuta mettendo sul piatto risorse economiche in linea alla media delle squadre di serie C. Tutto resta incerto o affidato , almeno all’apparenza, all’estro del momento di chi detiene la proprietà del club o di chi ritiene di poter manovrare gli eventi o gli umori dell’ambiente, in uno scenario nel quale l’accumularsi di strategie aggrovigliatissime finisce per amplificare la percezione generale di essere all’interno di un quadro tra l’assurdo, il paradossale e il farsesco, anche perché parlare di tragedia in questo contesto appare eccessivo e fuori misura. Ecco, quindi, il dipanarsi di eventi secondo un canovaccio già visto più volte in questi ultimi sei anni, perché stiamo parlando delle sorti del Messina rinato nel 2017, tralasciando un’analisi che comprenda il periodo susseguente al settimo posto in serie A, datato 2005.
A.A.A. ACR VENDESI - In ciascuna delle stagioni della cosiddetta “era Sciotto”, infatti, il proprietario della “franchigia” ha più volte manifestato la volontà di passare la mano, per una motivazione di base declinata in modi diversi, ovvero l’impossibilità di creare un legame con la città, la tifoseria e la maggior parte di coloro i quali si ostinano ad appassionarsi alle sorti della biancoscudata.
ORGOGLIO - L’orgoglio e la voglia di dimostrare al “mondo” le proprie capacità anche in campo calcistico ha spinto Pietro Sciotto, fino ad oggi, a restare al timone della sua creatura, consentendo la disputa di quattro stagioni tra i dilettanti e, considerando la prossima appena avviata, tre nel gradino più basso del professionismo. Questo atteggiamento ha fatto mantenere in vita il calcio a Messina, senza però mai creare un coinvolgimento serio attorno a questa realtà, ma, anzi, alimentando quella insanabile e atavica voglia di contrapposizione insita tra noi messinesi, dando spazio a fazioni agguerritissime, con urla amplificate dall’ambiente aberrante dei social, le cui fortune sono basate proprio sulla polarizzazione.
MIRAGGI - Ed ecco, quindi, periodicamente, cordate, singoli benefattori, probabili soci, finanziatori, imprenditori, investitori, che diventano beniamini di una parte e bersaglio dell’altra al loro semplice apparire sulla scena, ingenerando un processo che non ha mai portato a nessun passaggio di quote, eccetto l’esperienza di Carmine Del Regno, nella stagione 2020-2021, con il suo 30% e l’organizzazione trasferita dalla Campania in riva allo Stretto per vincere un duello fratricida contro una società non a caso capeggiata da uno dei “sedotti e abbandonati” nel tentativo di accaparrarsi l’Acr Messina. Scenario ripetuto in modo che potrebbe apparire inquietante anche da una quarantina di giorni, in cui si è palesato Fabrizio Mannino, modi gentili, eleganti, eloquio forbito, naturalmente empatico in un ambiente calcistico che brama dalla voglia di cambiare marcia e pensare con ambizioni al futuro. .
ODI ET AMO - Pur essendoci state altre potenziali opportunità (Ilari, qualche imprenditore interessato, in ultimo D'Onofrio) ha preso forma il rapporto solo tra Mannino e Pietro Sciotto che potrebbe essere oggetto di un trattato di antropologia umana, materia nella quale bisogna essere esperti per poterla maneggiare, perché l’andamento di questa relazione non ha seguito, se non sporadicamente, quello tipico di una trattativa economica, anche di un bene particolare come una società calcistica. I due soggetti in causa, perché la personalizzazione delle questioni rende più immediata la creazione di schieramenti e la semplificazione dei conflitti, si sono incontrati solo due volte di persona, affidandosi a uno scambio di missive, con contenuti più o meno attinenti alla circostanza (richieste di concessioni pluriennali, interminabili ricognizioni di debiti ipotetici, pretesa di garanzie personali anche in nome e per conto, ultimatum smentiti a tempo di record, valutazioni a spanne e pagamenti scadenzati in modo molto creativo con compensazioni articolatissime). In questa relazione si sono inseriti tanti soggetti più o meno qualificati ad avere parte in commedia, dal sindaco “garante” poi probabile partner istituzionale delle molteplici attività promosse da Mannino, ad intermediari di vario ordine e grado, consulenti di vario spessore, collaboratori, fino ai tifosi e ai giornalisti utilizzati come sponda di stati d’animo o possibili proposte. Andando al sodo, però, siamo rimasti ai due fogli vergati a penna a metà giugno dai consulenti/amministratori di Mannino e da Sciotto nella concessionaria di Giammoro, con la somma di 700.000 euro da versare per far fronte alle necessità legate all'iscrizione (stipendi e contributi del periodo marzo.maggio) ottenere il 51% al momento della firma di un preliminare e un residuo di circa 2,3 milioni di euro da compensare, in parte o totalmente, con i debiti della società, altro argomento topico della parte potenzialmente acquirente e della fazione che ne sostiene l’avvento. Le dispute successive a quel momento, al di là del merito nel quale non è corretto entrare se non si è protagonisti diretti della “trattativa”, hanno ammorbato un ambiente già tossico, in cui gli unici momenti di respiro, almeno per chi tiene realmente alle sorti del Messina, sono stati la presentazione della domanda di iscrizione il 20 giugno e, ieri, il nulla osta trasmesso in tarda serata dalla Covisoc al rilascio della licenza per disputare la prossima serie C.
DIGNITA' - Le ultime evoluzioni rischiano di aggiungere benzina sul fuoco della contestazione, alimentano le contrapposizioni, dando adito a scenari ancora più estremi, proprio quando serviva creare le premesse per ripartire con criterio, magari valutando eventuali nuovi ingressi o possibili acquirenti. Invece, Messina sembra condannata a seguire, con sguardo sempre meno appassionato, ma comunque attento, le ulteriori evoluzioni di una vicenda che, francamente, adesso deve vedere una fine, qualunque essa sia. Per dignità di tutti noi, prima che delle parti in causa.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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