"Stare lontani dal calcio per così tanto tempo non è semplice, soprattutto per uno come me che del calcio ha fatto la propria vita". Cristiano Parisi, esperto centrale di difesa tra i leader del Città di Taormina, parla per sé ma anche per un intero movimento calcistico che vive in attesa di poter ricominciare a lavorare e divertirsi. L'emergenza sanitaria legata alla pandemia di COVID-19 ha fermato i campionati dilettantistici regionali e tanti sono i tecnici, i calciatori, i dirigenti e i membri degli staff delle società italiane che aspettano di conoscere la data dell'eventuale ripartenza. Le parole di Cristiano Parisi, che compirà 40 anni domani, diventano emblematiche e servono ad analizzare in modo approfondito il momento vissuto da un movimento intero: "Sono alle soglie dei 40 e il calcio per me è stato sempre fondamentale, doversi fermare non è per niente bello e nel mio cuore spero che tutto riparta. Però le notizie non sono positive attualmente. Non è soltanto il fermarsi quindi, ma anche l'incertezza su se e quando si ripartirà. Le notizie che riguardano la Promozione, ad esempio, sono sempre negative e sembra che almeno l'Eccellenza potrà partire. Questo accresce la nostra ansia e di tutti quei calciatori e quelle squadre che aspettano, dalla Promozione in giù".
Uno stop che influisce tanto sulla domenica, con l'assenza di calcio giocato, quanto sul quotidiano, come afferma lo stesso difensore, sottolineandone l'importanza: "Non è facile perché non viviamo soltanto del campo e della domenica. Ci manca lo spogliatoio, stare insieme, parlare, allenarci e scherzare, e quando viene a mancare tutto questo non è bello. Ci teniamo in contatto con telefonate e gruppi whatsapp. Noi più grandi cerchiamo sempre di coinvolgere tutti e fare gruppo il più possibile in attesa di sapere qualcosa".
Parisi e compagni attendono di poter riprendere quel cammino vincente iniziato qualche mese fa, con tante vittorie e una scalata verso l'Eccellenza che sembrava inarrestabile, frutto non solo del calcio giocato ma anche dell'ambiente, dallo staff alla dirigenza: "Lu Vito è un allenatore molto preparato, che ha voglia di arrivare, che si applica e non lascia nulla al caso. Sono stato felicissimo in estate di ricevere la chiamata del direttore Cardullo, del gruppo Lo Re e del presidente Castorina, che conoscevo da anni: sono persone serie e per bene. Sono stato felice anche perché ricevere una chiamata ancora alla mia età fa piacere, è un motivo di orgoglio per me sentire la loro fiducia".
Un'età anagrafica che non rispecchia quanto dimostrato in campo da un calciatore che, qualche anno fa, ha dovuto affrontare il momento peggiore della sua storia sportiva, per poi rialzarsi e scovarne il più bello: "Il momento più bello della mia carriera è arrivato dopo aver attraversato quello più brutto. A 34 anni ho rimediato la rottura del crociato e credevo che, vista l'età, avrei smesso di giocare. Soltanto 4 mesi e 20 giorni dopo, invece, sono tornato a giocare da titolare nella prima giornata del campionato 2015-2016 a Castelbuono. Una gioia immensa, un momento stupendo perché ho visto ripagati gli enormi sacrifici fatti per tornare a giocare".
E ora, sei anni più tardi, Parisi è ancora in campo, con la voglia di un ragazzino: "Dico la verità, ho sempre avuto il desiderio di poter dire di aver giocato fino a 40 anni nel mio piccolo. Per me è sempre stato un traguardo da raggiungere e sono felicissimo di averlo fatto, al di là di questo blocco dovuto all'emergenza COVID. Sono riuscito a raggiungerlo e ora chissà. Mi sento bene fisicamente e mentalmente, pur consapevole di non avere moltissimo calcio giocato davanti, ma spero almeno un altro anno. Mi rende triste ovviamente pensare di chiudere la carriera, dopo aver giocato tanti anni con la passione e la professionalità che c'ho messo. Sono sicuro che mi mancherà tantissimo ovviamente, ma non mi lamento perché allo stesso tempo mi sento fortunato rispetto a chi, purtroppo, si è ritirato prima a causa di infortuni o problemi fisici". Fisiologico, quindi, pensare a una chiusura di carriera che potrebbe, però, nascondere nuovi sbocchi: "Ho preso il patentino da allenatore facendo grandi sacrifici quando giocavo a Biancavilla, tre anni fa. Ora non avrei subito la voglia di mettermi ad allenare, ma magari se un amico, un ex compagno, un allenatore che conosco mi chiamasse per dare una mano forse accetterei. Dipenderà anche dal lavoro, dagli impegni, dalla famiglia, ma potrebbe stuzzicarmi una situazione simile".
Ai nostri microfoni, il classe '81 analizza anche il diverso rapporto tra generazioni e sport, che ha portato a una crisi dei settori giovanili ormai da anni sotto i riflettori: "Purtroppo ormai la generazione attuale è diversa dalla nostra, da chi è cresciuto con poco e non aveva niente. Lo sport per noi è sempre stata la prima cosa per stare insieme, giocare per strada, uscire e darsi appuntamento. Oggi i ragazzi hanno troppe distrazioni: la playstation, i telefoni, i social. Diventa difficile trovare ragazzi motivati, sembra quasi che bisogna pregarli per allenarsi. A questo si aggiunge il problema legato alle strutture. Non sempre trovi società che possono invogliarti con strutture adeguate. Io parlo spesso con mio figlio di sport, non solo di calcio, cercando di motivarlo e portandolo ad allenarsi con me, andando a correre insieme. Io sono stato fortunato da ragazzo, perché l'esperienza avuta con la Reggina mi ha formato: stare lontano da casa, cavarsela da solo, mi ha fatto molto crescere e dato tante regole che mi porto dietro".
Infine, un pensiero e un augurio per i prossimi mesi: "Sarà banale ma per quest'anno mi auguro che finisca tutto al più presto, che sia tramite vaccini, regole o qualcos'altro. Questa vita non è più la stessa di prima, sembra di essere in un film quando per strada vedi tutti con le mascherine. Quello che è passato è stato un anno difficile, con tanta gente che ha perso la vita, c'è chi ha perso i propri cari o il lavoro, le aziende. Mi auguro che durante il 2021 potremo esultare per la fine di questa pandemia".
Autore: Giuseppe Fontana / Twitter: @peppe_fontana
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