5 giugno 2004. Sullo Stretto il sole è quasi prossimo a tramontare mentre Messina, ormai, si avvicina a sorgere. In un Celeste gremito in ogni ordine di posto, e sicuramente molto di più, gli dei pagani di una città impazzita si apprestano a conquistare l’Olimpo. A provare ad opporre un minimo di resistenza, sul rettangolo verde peloritano, c’è il Como, una squadra retrocessa ormai da diverse giornate e che, di lì a poco, fallirà due volte in undici anni.
Prima dei calciatori, nel tripudio di bandiere con la prima lettera dell’alfabeto latino in bella vista, diversi personaggi fanno il loro ingresso nelle tribune dell’impianto di Via Oreto. Persino la barcellonese Francesca Chillemi, da pochi mesi incoronata miss Italia, tributa il suo saluto alla squadra del suo capoluogo, sfilando prima della gara, con una sciarpa del Messina al collo, insieme al presidente Pietro Franza.
Alle ore 20,30, Pierluigi Collina, che aveva diretto il Messina ad Ascoli la settimana precedente, fischia l’inizio di una delle gara più importanti della storia peloritana. E in un frastuono assordante, già al 7’, il capocannoniere peloritano Arturo Di Napoli fa capolino in area avversaria ma un difensore lariano gli sporca la conclusione. Al 14’, però, un brivido corre lungo le schiene dei messinesi: il Como si fa avanti con Massimo Rastelli ma il portiere Marco Storari, in uscita bassa, blocca la trama offensiva dei lombardi.
“Vedrai - pensa qualcuno - vedrai se il Messina non rovina anche questo sogno”. No, stavolta non accadrà e, al 15’ spaccato, Luigi La Vecchia sfonda sulla destra e mette in mezzo per il solito Di Napoli che, con l’opportunismo del rapace d’area, mette la palla alle spalle di Stefano Layeni. Il Messina è in vantaggio e la serie A comincia a materializzarsi concretamente. Dieci minuti più tardi, un lancio di Marc Zoro, spizzato dal Pampa Sosa, viene arpionato da Re Artù che lo scaglia oltre la linea di porta. Adesso tutto è chiaro: il Messina andrà in serie A, 39 anni dopo. Re Artù, il più amato dal popolo del Peloro, corre a braccia aperte, finisce a terra, abbraccia i compagni e poi, dinnanzi alla Tribuna, si rivolge al suo presidente e mima il gesto del volante. Una scommessa che passerà alla storia: quando Pietro Franza ingaggiò il bomber di Rozzano chiedendogli la salvezza, si sentì rispondere che i giallorossi, con lui, sarebbero andati in serie A. E il presidente, ridendo della follia del suo nuovo calciatore, gli promise la sua macchina se avesse davvero portato il Messina in massima serie. Adesso, anche questo è realtà, l’automobile del patron giallorosso andrà al numero 11 giallorosso.
Finisce il primo tempo, in gradinata appare lo striscione “Da San Cataldo a San Siro. Grazie”. E’ vero anche questo, chi c’è sempre stato ricorda sorridendo. All’11’ del secondo tempo arriva la giusta apoteosi: Di Napoli e Sullo imbastiscono uno schema su punizione, lasciando la palla ad Alessandro Parisi che la scaglia con violenza nella porta del Como. Il 3-0 è servito, la festa diventa ancora più rumorosa, mentre la partita si sposta sulle tribune. Appaiono grandi stendardi in Curva Sud, ognuno dei quali reca la gigantografia dei calciatori della rosa. Nessuno, neanche i giocatori del Messina, si accorgono della fuga di Massimo Rastelli che prova il tiro, spedendo la palla al lato facendo la barba al palo. Niente di preoccupante. Collina lascia scivolare la gara e, al 90’ spaccato, fischia per tre volte, sancendo la promozione in serie A del Messina.
Come chiesto dalla società, i tifosi non invadono il manto erboso del Celeste, lasciando spazio al tripudio della squadra. Le interviste appartengono, ormai, alla storia: mister Mutti, artefice del capolavoro, non riesce a parlare, Franza esulta affermando “spero di rimanere in A per diversi anni” mentre Di Napoli, piccato, si rivolge a chi non ha creduto in lui in estate, lasciandolo senza squadra. Ormai, tutto questo è davvero storia. E’ successo venti anni fa, anche se abbiamo deciso di raccontare la partita al presente perchè, siamo certi, nessun messinese può aver dimenticato tutto quello che accadde il 5 giugno del 2004.
Oscar Wilde, il celebre letterato irlandese, in una delle sue meditabonde passeggiate notturne, affermò che “siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle”. Quella notte, a Messina, lo fecero tutti, soprattutto il presidente Franza che chissà, quest’oggi, cosa penserà ricordando quel meraviglioso cielo di un giugno peloritano.
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