Il Messina continua la sua marcia a ritmi da alta classifica, conquista tre punti anche ad Avellino e arriva a quota 32, un bottino ottenuto prevalentemente nelle ultime 10 partite, un periodo nel quale i biancoscudati, in una ipotetica graduatoria parziale, occupano la seconda posizione con 21 punti, una lunghezza solo dietro alla Juve Stabia, ma una avanti al Sorrento e 4 in più rispetto al Giugliano, vale a dire i prossimi due avversari destinati dal calendario agli uomini di Modica.
Non poteva iniziare meglio una delle settimane più intense in questo torneo, visto che i biancoscudati, scesi in nottata dal pullman che li portava dall’Irpinia a Messina, già oggi pomeriggio dovranno iniziare la preparazione per la gara di mercoledì 14 contro il Sorrento al “Franco Scoglio” e poi avranno 48 ore prima di rimettersi sulla A1 e raggiungere Giugliano.
La prima tappa del tour de force di metà febbraio ha portato una di quelle vittorie prestigiose che possono cambiare la direzione della stagione, perché passare al “Partenio” per qualunque tifoso giallorosso over 35 non è una vittoria banale, in quanto quello stadio è legato alla ferita legata al 12 maggio 2001, con l’esodo dei diecimila per festeggiare una promozione in B svanita dopo il rigore parato da Sansonetti a Vittorio Torino e il gol di Caridi per gli irpini nel recupero. La gioia degli oltre duecento tifosi messinesi presenti ieri ad Avellino, quindi, travalica la soddisfazione per il risultato positivo che conferma la tendenza iniziata a dicembre e questo deve inorgoglire soprattutto i calciatori ed il tecnico capaci di confezionare una prestazione di spessore sotto diversi punti di vista.
Giacomo Modica (voto 7,5) gestisce alla perfezione le difficoltà legate alle assenze per infortuni di Polito e Pacciardi, oltre a quella dello squalificato Salvo, cui si aggiungeva Rosafio, presente in panchina per tutta la gara al fine di evitare rischi dopo una settimana passata più a pensare alle terapie mirate a ridurre qualche problema fisico. Il tecnico biancoscudato, però, legge in modo acuto anche i problemi dell’Avellino, soprattutto quando si tratta di giocare in casa, capitalizza un corner, non rinuncia mai a giocare durante tutto l’arco dei 90’ più recupero, arriva più vicino al raddoppio che non i biancoverdi al pareggio, superando, con la forza del risultato finale, qualche perplessità emersa negli spettatori quando ha proceduto alle sostituzioni tra il 66’ e il 72’, adattando alcuni giocatori in ruoli non propriamente loro per mantenere l’assetto tattico fino ad allora vincente. Negli ultimi 25’, quindi, si è sofferto il giusto, affacciandosi anche qualche volta con pericolosità dalle parti di Ghidotti. Missione compiuta, meritando la vittoria con un atteggiamento sempre propositivo, cattiveria su ogni contrasto, furbizia al momento giusto e giocate tecniche di buon livello, al cospetto di un avversario costruito in estate e rinforzato nel mercato invernale con l’obiettivo di vincere il campionato.
Tutti i giocatori impiegati hanno dato il proprio apporto, partendo da Ermanno Fumagalli (7,5), autore di tre interventi più evidenti, due nel primo tempo, uno nella ripresa, frutto sia di reattività che di piazzamento, ma anche prezioso quando si trattava di allontanare la minaccia con i pugni o i piedi, senza badare granché allo stile.
Linea difensiva per la ottava volta in stagione capace di mantenere inviolata la propria porta, di cui sette coronate da vittoria, grazie non solo alle parate di Sant’Ermanno da Treviglio, ma per la attenzione di tutti i suoi componenti: Lia (7) chiude un paio di diagonali in modo quasi arrogante nel primo tempo, si propone con assiduità in fase offensiva, fa solo una sbavatura su un rinvio che carambola su un compagno e porta al tiro dal limite D’Ausilio e lascia il campo al 72’, quando non ne ha proprio più; Manetta (7,5) combatte metro su metro contro avversari diretti che si chiamano Patierno, Gori, Marconi senza mollare mai per difendere quel gol segnato con caparbietà e un movimento in area avversaria alla Gerd Muller (che Dio lo abbia in gloria e ci perdoni per l’ardire con cui evochiamo il più grande attaccante della storia del calcio); Dumbravanu (7) si fa scappare Sgarbi esclusivamente nella fase finale del primo tempo, ma prima e dopo impressiona per precisione negli interventi, piazzamento e sicurezza con cui tocca il pallone, permettendosi anche il lusso di un lancio da 60 metri per pescare un compagno solo nell’area avversaria quando stava scoccando il 90’ (con i ringraziamenti anche da parte nostra e della società giallorossa, vedi voce minutaggio, a Filippo Fusco, ds della Spal, che lo ha gentilmente consegnato al suo amico Domenico Roma); Ortisi (7) presidia la fascia con buona presenza fisica, posizione e tecnica quando si tratta di allontanare la minaccia oppure appoggiare l’azione offensiva. Dal minuto 66 fa parte della linea arretrata anche Scafetta (6,5) soldatino con personalità, sempre più duttile e umile nell’adattarsi ai momenti ed alle necessità di ogni singola partita in cui, negli ultimi turni, viene chiamato in causa.
Tutto questo meccanismo da mettere in atto in fase di non possesso sta in piedi se funziona la cerniera rappresentata dai due mediani e, ieri pomeriggio, tutto è andato secondo i piani. Franco (7) ha cantato e portato la croce, spostandosi anche più avanti negli ultimi 25’, mentre Frisenna (7) continuava a coprire gli spazi, intercettare palloni, ricucire il gioco e anche arrivare a un passo dal gol trovando il corpo di Luciani tra sé e la porta di Ghidotti. Nel momento della massima pressione da parte dell’Avellino quando il tempo scorreva e la porta di Fumagalli doveva essere aggredita, Modica si è affidato all’esperienza di Civilleri (6), impiegato nell’inedito ruolo di mezzala ma ancora non in condizione di dare il massimo e Firenze (6), pronto a fare l’operaio mettendo da parte le doti da artista.
La loro entrata smonta il trio di solisti e il vertice offensivo che, comunque, avevano garantito un ottimo apporto fino al minuto 72. Zunno (7) difficilmente perde un pallone, strappa anche con buoni risultati e viene sostituito proprio quando cala un attimo l’intensità, così come Plescia (6,5), ottimo quando impegna i tre centrali difensivi biancoverdi mettendoci fisico, tecnica, cattiveria agonistica, penalizzato di un voto per lo sciagurato errore al 65’, dopo una sgroppata prorompente, al momento di mettere il pallone in rete. Ragusa (7) gioca tutta la gara, con una prima metà molto promettente in fase di approccio all’area avversaria e un secondo tempo di puro sacrificio, da assistente terzino, a coprire le avanzate di un cliente scomodo come Tito, chiudendo gli spazi per le linee di passaggio. Infine, uno dei protagonisti principali di questa vittoria, perché serve il sacrificio e l’impegno di tutti per raggiungere certi risultati, ma poi alcune giocate di gente come Michele Emmausso (7,5) danno quel bonus in più che dà emozioni speciali allo spettatore. Veroniche, tunnel, tiri, assist come quello che mette Plescia in condizioni di andare solo verso la porta di Ghidotti, rendono più piacevole anche una gara sporca e un po’ bastarda come quella vista ieri al “Partenio”. Nei minuti finali, spazio anche a Luciani e Giunta, entrambi non giudicabili, ma degni comunque di finire nelle foto di festeggiamenti dopo il triplice fischio del signor Rinaldi.
Entusiasmo di un gruppo che sta costruendo, passo dopo passo, le premesse per una stagione nella quale, finalmente, potersi divertire insieme ai propri tifosi, quelli veri, che ieri hanno viaggiato per ore, non solo da Messina ma da ogni parte d’Italia per poter seguire la loro maglia. E, tra poche ore, sarà già Messina-Sorrento, sperando di stupirci ancora.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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