Il Messina fa tredici, ma non sono i punti in classifica e nemmeno quelli della vecchia cara schedina Sisal o Totocalcio. Si tratta, ahinoi, del numero di sconfitte su 18 partite di campionato, che fanno precipitare l’Acr in un gorgo dal quale appare sempre più utopistico pensare di poter riemergere. Dal punto di vista puramente statistico sembrerebbe una esatta riproposizione della situazione di dodici mesi fa, ma, in realtà, le prospettive sono obiettivamente ancora più cupe, pur considerando che, con una vittoria nella prossima partita, ultima del girone di andata, si potrebbero eguagliare i 14 punti ottenuti al giro di boa della scorsa stagione, sperando di schiodarsi dal fanalino di coda.
Ma spingersi alla speranza, nella contingenza attuale, appare esercizio di dabbenaggine, eppure occorre fermare in qualche modo questo gioco al massacro o questa veloce corsa verso il baratro, perché, comunque, prendendo le decisioni indispensabili e non più rinviabili su staff tecnico, organizzativo e calciatori, si potrebbe ancora tentare, se non la miracolosa salvezza diretta giunta ad aprile 2022, almeno la chance dei playout, sulla scia di altre piazze, come ad esempio Pagani, capaci di mantenere la categoria per oltre un decennio stando sempre sul filo del rasoio.
NON PERDIAMO TEMPO - Quindi, un presidente degno di tal nome e con la voglia di preservare gli sforzi, non solo economici, fatti in sei stagioni agonistiche, dovrebbe agire immediatamente, individuando le figure professionali adatte a sostituire direttore generale, direttore sportivo, staffi tecnico in modo da programmare quei correttivi da apportare alla rosa per ritornare dentro il campionato di serie C. Perché, in assenza di questa determinazione da parte del patron Pietro Sciotto, l’unica alternativa positiva sarebbe l’avvento di una nuova proprietà, non appartenente alla categoria dei “becchini” di realtà calcistiche già ampiamente sperimentata alle nostre latitudini, ma realmente convinta di investire a Messina per ridare dignità a una piazza mortificata da troppi anni di umiliazioni e farse in ambito sportivo-pallonaro. Altrimenti, ci si rassegni ad un percorso lastricato di brutte figure in giro per l’Italia centro meridionale, oltre quelle nelle gare programmate al “Franco Scoglio”, salvo ulteriori esili per mancanza di manto erboso regolamentare. Ci sarebbe anche l’opzione “ritiro”, molto in voga tra coloro i quali ritengono che “a Messina non si può fare calcio”, magari da scongiurare con l’avvento di qualche “salvatore della patria” pronto all’ “atto di amore”, fautore del “calcio sostenibile”, ma è uno scenario già visto, anche se la memoria a termine di molti non riesce a superare i 6 minuti, figuriamoci se riesce ad arrivare a sei anni fa.
RESPONSABILITA' - Abbiamo scritto una settimana fa che chiudersi in uno sdegnato silenzio non risolve i problemi, così come costruirsi dieci alibi al giorno non esenta dalle responsabilità. Nel caso del Messina edizione 2022-23, i quattro protagonisti principali sono Pietro Sciotto, Raffaele Manfredi, Marcello Pitino e Gaetano Auteri, che hanno determinato strategie e scelte alla base di una prima metà di campionato vergognosa per la loro professionalità producendo umiliazioni a chi, tra tifosi, addetti ai lavori e amministratori o sponsor hanno riposto fiducia in loro. Aggiungeremmo anche coloro i quali si sono occupati del settore giovanile, da cui arrivano notizie non proprio esaltanti, non dipendenti dai risultati sul campo, ma da aspetti organizzativi ancora lontani dall'essere definiti.
DIMISSIONI - L’esercizio delle dimissioni non è molto in voga nel nostro Paese e, men che meno, nel calcio, ma sarebbe il caso di farsi un esame di coscienza e riuscire a guardarsi allo specchio se una mancata decisione in tal senso potesse implicare conseguenza totalmente distruttive per il Messina. Perdere tempo riduce le possibilità di salvare la categoria, programmando poi, insieme alle massime istituzioni cittadine, un passaggio di proprietà, unica chance per riprendere a parlare di calcio e non solo di psicodrammi singoli o collettivi o di trame da film distopici.
DECISIONI - Quindi, Pietro Sciotto, se davvero vuole distinguersi dai presidenti susseguitisi a Messina dalla stagione 2007-2008 ad oggi, ma anche da chi, a partire dal 1993, era alla guida della società calcistica al momento dei tanti fallimenti, prenda in mano la situazione, faccia l’ultimo sforzo e ponga le premesse per una sua uscita di scena da vero appassionato giallorosso, come ha sempre affermato di essere da sempre. Il suo onore e la sua dignità di uomo e imprenditore di successo nel suo settore non possono essere sporcati da un abbandono o da una retrocessione derivante dall’inerzia in questo momento essenziale della stagione.
LO SCEMPIO DEL MENTI - La partita di ieri a Castellammare di Stabia deve essere l’ultima di questa fase indefinibile se non con il termine vergogna usato già domenica scorsa da Gaetano Auteri dopo la sconfitta casalinga col Picerno. La prima considerazione sulla prestazione di ieri al “Menti” parte da un particolare forse trascurabile di fronte al resto, ma indicativo rispetto all’approccio generale con cui si è affrontata questa annata agonistica: la maglia rossa con croce gialla ripropone quella utilizzata dall’altra squadra cittadina che ha conteso la promozione in C al Messina nel 2020-21, non ha precedenti nella storia calcistica peloritana, cozza con il concetto di appartenenza sbandierato l’estate scorsa, sarebbe interessante sapere di chi sia stata questa idea di marketing al contrario.
Detto ciò, conta molto di più quanto si è visto nei 93’, incluso il recupero, visti ieri, a partire dall’atteggiamento tattico di mister Auteri (voto 4), che non si può dire non le abbia provate tutte, cambiando 18 formazioni e applicando almeno 5-6 moduli tattici diversi in questa sua esperienza messinese, che qualcuno si augura fosse tarata per arrivare al traguardo delle 600 panchine tra i professionisti. In realtà non si comprende se tutti questi tentativi siano stati orientati a trovare la formula adatta per la “risolutezza” o se, invece, non sia stata una ricerca di alibi per dire, prima di tutto a sé stesso, di non avere avuto a disposizione il materiale adatto. Alla fine, è stata comprensibile anche la scelta di non presentarsi in sala stampa a fine gara, visto che si sarà stancato anche lui di fare il frontman di questo progetto sportivo abbastanza strampalato.
La stessa valutazione ( VOTO 4 ) va a tutti i protagonisti in campo, partendo da Lewandowski, passivo sui primi due gol, passando per una difesa lasciata in balia degli avversari ma anche poco determinata quando si trattava di gestire situazioni leggibili, così Trasciani è imbarazzante in occasione della terza marcatura gialloblù, Ferrini resta immobile sul corner che sblocca la gara, forse Angileri riesce a far vedere qualcosa di appena decente, ma poi naufraga anche lui nel pressapochismo generale. La linea di centrocampo è totalmente inerme sia in fase di costruzione che di chiusura, perché Fiorani entra in gioco in modo discontinuo, Fofana fa il compitino in modo timoroso e distratto, Mallamo vaga senza nemmeno metterci agonismo, Versienti mette cross sballati e combina danni da distrazione e sane dormite in difesa. Non va meglio con l’inserimento di Marino nella ripresa, visto che il calciatore ex Seregno non riesce a cavare un ragno dal buco.
L’esperimento di giornata era Napoletano trequartista, ma l’effetto è lo stesso dei maldestri tentativi del colonnello Laurenzi di Unomattina, che, in genere, finiscono tra le risate del pubblico in studio e a casa. Solo 45’ per l’ex Parma che sarà stato contento di andare sotto la doccia, chance non concessa al povero ‘Ngombo, qualche settimana fa considerato cartina al tornasole della volontà di investimento della proprietà sul mercato (“ha l’ok del tecnico, si aspetta Sciotto”) e ieri apparso palesemente in difficoltà nel cimentarsi in quello per cui sarebbe stato ingaggiato, ovvero il tiro in porta. Capacità, quest’ultima, sconosciuta anche ai suoi compagni di reparto di serata, dall’inamovibile Balde (altri 90’ nel suo contachilometri stagionale) a Catania, subentrato per esibirsi nella duplice veste di trequartista e di ala capace di arrivare sul fondo per centrare il difensore avversario. In questo, il belga ha già raggiunto il suo primo obiettivo di integrarsi nella squadra.
Nessun commento, per carità di patria, su Konate, oltre un’ora da desaparecido in una posizione ibrida di laterale tra difesa e centrocampo. Assolto il compito ingrato di cercare una definizione per la prestazione del Messina a Castellammare di Stabia, l’ultimo pensiero va al mental coach, figura presentata circa un mese fa il cui apporto verrà sicuramente valorizzato dagli storici che si occuperanno di questa memorabile stagione che, ne siamo certi, riserverà ancora tante sorprese a chi avrà la fortuna, o il coraggio, a secondo dei punti di vista, di seguirne le vicende.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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