Per descrivere quanto sta accadendo al Messina in questa stagione agonistica 2022-23, si potrebbe citare Dorando Pietri, il maratoneta che, il 24 luglio del 1908, dopo avere effettuato una prodigiosa rimonta durante i 42 km e 195 mt del percorso, crollò sul traguardo della maratona olimpica a Londra, percorrendo gli ultimi 500 metri in dieci minuti e tagliando il traguardo solo con l’aiuto di alcuni ufficiali di gara. La medaglia d’oro gli venne revocata dopo ricorso della squadra statunitense, ma del campione olimpico decretato dalla decisione dei giudici, Johnny Hayes, non si ricorda nessuno, mentre l’atleta italiano nato in una frazione del comune di Correggio, in provincia di Reggio Emilia, restò nella storia non solo della sua disciplina, ma dello sport in genere, per indicare chi non riesce a coronare, proprio negli ultimi passi, una impresa atletica.
Era già accaduto contro il Monopoli qualche settimana fa, si è ripetuto sabato scorso a Torre del Greco, ma ieri pomeriggio, al “Franco Scoglio”, il Messina, concedendo la vittoria al Foggia, anche alla luce dei risultati di giornata, ha sprecato una chance, si spera non irripetibile, per centrare quello che sarebbe un vero miracolo sportivo, concetto più volte ribadito da quasi tutto l’ambiente che ruota attorno alla squadra, fin dal momento in cui, a gennaio scorso, la proprietà ha preso la decisione di cambiare due terzi delle figure apicali a livello dirigenziale, oltre a mettere mano al portafoglio in modo importante e consentire l’arrivo di nove elementi in grado di dare almeno una chance di salvezza quando la classifica recitava: ultimo posto con 11 punti e 12 lunghezze di distacco da chi occupava il 15° gradino della graduatoria, la Gelbison, adesso appaiata ai biancoscudati, a 270’ alla fine della stagione regolare.
Una precisazione superflua in contesti normali, ma, nella nostra città, soprattutto in ambito calcistico, si rifugge dalle considerazioni di buon senso preferendo alimentare scenari da grande complotto o cortine fumogene di vario ordine e grado.
Tornando al campo, ieri il Foggia, pur con il suo carico di tensioni, problemi societari, ambientali e con il quarto/quinto allenatore stagionale in panchina, ha vinto una gara in cui i tre punti non servivano a chissà quale obiettivo, mentre il Messina, cui, secondo le dichiarazioni “in vitro” del tecnico alla vigilia, interessava solo la vittoria, ha dimostrato la consueta, cronica, incapacità di rimontare un risultato di svantaggio nel corso della singola partita (sono ben 12 su 19 le sconfitte subite in stagione con un solo gol di scarto), non centrando mai lo specchio della porta difesa da Thiam se non con una parabola lenta su punizione di Grillo nella ripresa, al netto della clamorosa ciabattata alta di Lamine Fofana dopo 20’, con la porta spalancata davanti a sé. Una manovra lenta, involuta, con l’unica soluzione del cross dalla tre quarti, destinato sempre o alla testa dei tre difensori centrali foggiani, oppure comoda preda di un portiere molto alto come quello dei satanelli.
Non si può essere tacciati di essere disfattisti se si afferma che ieri il Messina ha mostrato la corda sotto l’aspetto fisico, mentale e anche caratteriale, creando seria preoccupazione in rapporto ad un eventuale disputa dei playout, perché, se mancano questi fattori, allora gli spareggi diventano una trappola. Il Foggia applica un 3-5-2 con due esterni perfetti per questo modulo come Garattoni e Costa, ma ha avuto la meglio, nei primi 45’, quando ha sfruttato uno dei difetti maggiori del Messina costruito in questa stagione, cioè la presenza di una linea difensiva composta da calciatori bravi in marcatura negli spazi ristretti, ma in grande difficoltà quando resta tanto campo alle loro spalle ed emerge la lentezza strutturale di Ferrara o Helder Baldé, oltre alla poca attitudine nel ruolo di Berto, cui si aggiungeva, ieri pomeriggio, la condizione precaria di Celesia. Per ovviare a questa situazione, già chiarissima in avvio di gara a Torre del Greco, occorre fare molta densità a centrocampo, accortezza che i rossoneri pugliesi hanno bypassato ricercando spesso la profondità, oppure le sponde aeree di Ogunseye, presentandosi diverse volte in area biancoscudata praticamente senza opposizione.
Ezio Raciti (voto 5), quindi, pur dovendo affrontare questo match con diverse defezioni di peso, si affida ad elementi più volte bocciati in questa stagione, sia all’inizio che durante lo sviluppo della contesa, dimostrando grande confusione quando, negli ultimi 20’, con il risultato in bilico, squilibra totalmente la squadra, intasando gli spazi e accrescendo l’ansia collettiva.
Passando alle valutazioni sui singoli, pessima la prova di Grillo (4,5), testardamente ripetitivo nel fare lo stesso movimento a smarcarsi per poi confezionare una miriade di parabole lente e leggibilissime per la difesa ospite, oltre a calci da fermo con grado di pericolosità tendenti allo zero. Sullo stesso livello anche Ragusa (4,5), coccolato ed accolto come il grande campione che, probabilmente, in un recondito angolo del suo cuore e della sua mente ancora è, ma dimostratosi, alla sua decima presenza in maglia biancoscudata, un calciatore lontano dal dimostrare un barlume della pericolosità e determinazione indispensabili per ben figurare in questa categoria. Il modo in cui si ferma, durante i minuti di recupero, su una azione che si sviluppa sulla fascia sinistra in prossimità dell’area avversaria, è l’ennesimo segnale di quanto ci sia un problema più nella testa che nelle gambe di questo ragazzo dalla indiscutibile professionalità e mentalità da atleta, doti sempre dimostrate durante la sua luminosa carriera.
Il fatto che questi due calciatori restino in campo per tutti i 97’ incluso l’extra time di Messina-Foggia, mentre dura di meno la gara di Ibou Balde (6) e Leonardo Perez (6,5), apparsi molto più vivi e incisivi fino a quel momento, non depone a favore riguardo alle capacità di lettura della partita da parte dello staff tecnico biancoscudato, che, a un certo punto, getta nella mischia tutti gli attaccanti presenti in panchina ottenendo in cambio nessun tiro nemmeno nelle vicinanze dello specchio della porta difesa da Thiam. Infatti, Zuppel (5,5) si impegna ma la becca pochissimo, Ortisi (5,5) nell’inedito ruolo di laterale destro arretrato, arrota il sinistro per ciabattare qualche pallone lungo verso l’area avversaria intasatissima, mentre l’unica sicurezza è rappresentata dagli effetti nulli legati all’ingresso di Curiale in qualsiasi partita. Per lui, il voto riproduce la definizione che una volta si legava alle temperature di località sperdute sulla cartina: non pervenuto.
A centrocampo, tanta confusione con il solo Mallamo (6) che almeno ci prova a costruire qualcosa, anche quando la struttura tattica non ha più un minimo di senso, mentre delude Fofana (5), non tanto per la rete divorata dopo 20’ per troppa sicurezza nell’approccio al tiro, quanto per la generale impressione di smarrimento al confronto con avversari, comunque, di buon livello tecnico. Nella ripresa subentra all’ivoriano Fiorani (6,5), come sempre pronto a vestire l’elmetto e buttarsi in ogni contrasto, un esempio vivente del fatto che il “minutaggio” non può essere alibi per nessuno, visto che, molto spesso, proprio gli under biancoscudati hanno dato spessore alle prestazioni collettive in questa stagione, mentre alcuni presunti “senatori” ruminavano calcio di livello assai discutibile.
Un altro buon segnale dalla panchina lo registriamo per la prova di Versienti (6,5) che macina chilometri sulla fascia ritornando ai livelli in cui lo abbiamo visto solo a sprazzi durante momenti diversi di questo campionato, in cui, comunque, solo pochissime volte siamo riusciti ad apprezzarlo sistemato sulla corsia di destra in quel ruolo che, una volta, si definiva “terzino fluidificante”.
Merita un discorso a parte, invece, il reparto difensivo, perché, così come a Torre del Greco sabato scorso, nel primo tempo viene strapazzato, costringendo Fumagalli (6,5), in una occasione, a chiudere la porta con due interventi rilevanti, in altre situazioni, a guardare con apprensione le conclusioni degli attaccanti rossoneri, per capitolare sulla giocata accomodata in modo agevole a Frigerio che decide la partita. Berto (5) viene messo in ambasce da Costa e Frigerio, Helder Baldé (5) a campo aperto è fuori contesto, mentre se la cava egregiamente quando deve chiudere gli spazi nella propria area, Ferrara (5) sbanda se viene puntato da giocatori rapidi, Celesia (5) finisce in mezzo tra Schenetti e Garattoni per poi essere sostituito nell’intervallo, come a Potenza, ma senza l’effetto taumaturgico ottenuto, casualmente, in Basilicata. E proprio in Lucania dovrà recarsi il Messina nel sabato di Pasqua per una sfida che, al momento, appare proibitiva, non tanto per la posizione in classifica dei rossoblù, fin qui impeccabili sotto la guida tecnica di mister Emilio Longo, quanto alla luce della situazione complessiva in casa biancoscudata.
Ritornando da dove era iniziata questa analisi, Dorando Pietri riuscì a monetizzare la sua disavventura, incassando premi dalle corse podistiche a cui partecipò negli anni successivi alle Olimpiadi di Londra, oltre a beneficiare delle sottoscrizioni in suo aiuto per ricompensarlo della sfortunata prestazione, ma le attività aperte dopo il suo ritiro da atleta non andarono bene. Fuor di metafora, gli aiuti più o meno richiesti, possono servire ad arrivare al traguardo, ma si deve avere la forza per arrivarci con le proprie gambe.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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