Scorre la settimana di lavoro che porterà il Messina, domani, a radunarsi al “Celeste” prima della partenza verso la Basilicata, vivendo lì l’immediata vigilia del match previsto il sabato di Pasqua, dalle 17.30, allo stadio “Donato Curcio” di Picerno.
Sarà la terzultima tappa della stagione regolare per questa squadra che sembrava avere ingranato la marcia giusta verso la salvezza diretta, ma gli ultimi due stop a Torre del Greco e, domenica scorsa, in casa contro il Foggia, hanno riportato alla luce fantasmi e paure più volte riemersi, negli ultimi 15 anni, quando si parla di calcio a Messina.
Le considerazioni del direttore sportivo Pasquale Logiudice nella sala stampa del “Franco Scoglio”, subito dopo la gara persa 4 giorni fa, non sembrano avere prodotto effetti nel cosiddetto “ambiente”, entità astratta invocata in ambito sportivo che comprende le mitiche “componenti” (squadra, società, pubblico, stampa, città), roba da quarant’anni fa, quando Franco Scoglio ne parlava affermando l’importanza di vederle tutte concentrate verso il medesimo obiettivo. Nel calcio, ma forse non soltanto, a Messina siamo rimasti ancorati a figure retoriche e meccanismi mentali che si riferiscono a un’epoca superata dai fatti e dalle circostanze, facendo, così, incancrenire, situazioni negative, senza mai inaugurare cicli positivi, nei risultati e nelle prospettive.
Così, dal 2005, anno in cui il Messina concluse al settimo posto il campionato di serie A, risultato massimo di una storia calcistica iniziata nel 1900, abbiamo assistito a un susseguirsi di alibi, decisioni contraddittorie, levate di scudi, contestazioni, fallimenti, in cui chiunque si approcciava, da fuori, alla realtà della società calcistica rappresentante la città in qualsiasi categoria, dalla serie A alla D, quando era quinto livello del nostro calcio, ha sempre ricorso al medesimo campionario di scuse, declinate in varie modalità, per dare una motivazione ai tanti risultati negativi, o valorizzare solo per se stesso i rarissimi momenti di vittorie. Ci sarà tempo e modo per tornare su questi argomenti, preferibilmente a salvezza ottenuta, perché, se non si esce dal circolo vizioso che ripropone sempre i medesimi personaggi e le stesse logiche a ogni “giro di valzer” dopo l’ennesimo fallimento (sportivo e finanziario, evento che a Messina si fa coincidere, o si evoca, con estrema facilità), sarà impossibile vedere una qualsiasi prospettiva futura per il calcio messinese.
Il “vogliamoci bene” richiesto da Logiudice, in mezzo a una sequela di allarmi più o meno velati, rimane una vuota considerazione se poi il resto della gente coinvolta continua a diffondere le solite, trite e ritrite, voci o lamentele perse nei mille rivoli del sottobosco di chiacchiere all’interno dei postriboli social (chat, profili fasulli, sussurri da marciapiede).
Il campo deve essere il palcoscenico principale sul quale si gioca il futuro immediato del Messina, che non può prescindere dal mantenimento di questa categoria, obiettivo ancora raggiungibile, sia in questi ultimi 270’, oppure in un eventuale playout. Nei tre giorni di lavoro trascorsi dal gruppo tra il “Celeste” e il sintetico del “Marullo”, ci auguriamo che la decisione di svolgere allenamenti e sedute tattiche rigorosamente a porte chiuse abbia rafforzato i legami tra i singoli giocatori, dato indicazioni sicure allo staff tecnico, chiarito le idee ai dirigenti dell’area tecnica e di quella organizzativa, motivato il presidente a dare la spinta giusta a tutti. Speriamo che qualche elemento importante per l’ottenimento dei punti che mancano alla salvezza abbia ripreso le forze, così come gli infortunati che danno più apprensione (a Kragl si sarebbe aggiunto Ragusa) devono stare comunque vicini ai compagni, facendo sentire il sostegno e i consigli di chi ha maggiore esperienza, mentre, per i più giovani, è giunto il momento di dimostrare, sul terreno di gioco, quanto hanno imparato da una stagione così difficile e cosa possono dare alla causa.
Altri pensieri, recriminazioni, scuse, giustificazioni, anche se avessero un fondamento, devono essere banditi dallo spogliatoio, in un momento fondamentale come questo.
Poi, si potrà pensare al futuro, partendo dal rafforzamento di questa società, trovando le formule e le persone in possesso di professionalità, motivazioni, risorse tali da sostenere la proprietà attuale, oppure creando i presupposti per l’avvento di chi possa davvero mettere le fondamenta per poter riparlare di calcio in questa città, dopo troppi anni di mediocrità diffusa, voluta, alimentata e coltivata dall’inerzia, non sempre involontaria, di chi avrebbe potuto intervenire. Un compito che dovrebbe investire, in primis, la cosiddetta classe dirigente messinese, partendo dal Sindaco come primo cittadino, passando per imprenditori, commercianti, forze produttive, da non “delegare” al primo che si presta per “non avere pensieri” o per trovare un comodo capro espiatorio, ma un impegno che, ogni persona interessata davvero alle sorti del Messina, dovrebbe prendere, nel proprio piccolo, per uscire, tutti insieme, da questo tunnel. Poi si penserà anche ai pochi che, quel tunnel, lo hanno arredato.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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