Un paio di screen di PostoRiservato.it figli del mitologico “inoltrato molte volte”, poi il messaggino whatsapp d’ordinanza e infine il post sui social. Il Messina lancia così la campagna abbonamenti (ché mandare un comunicato stampa, per una società che ogni giorno innova e rinnova se stessa, sarebbe stato troppo banale) e lo fa a sorpresa, “sfidando” il momento storico e la contestazione della tifoseria organizzata, compatta nella comunicazione sulla diserzione dello stadio di casa finché l’attuale proprietà resterà al timone del Messina. Un sostegno che però non mancherà nelle gare in trasferta, quelle in cui l’amore per la maglia trova il proprio apice massimo. E che non sono per tutti.
Passione, orgoglio, appartenenza, sostegno, amore, pazienza, passione, fedeltà. Sostantivi importanti scelti nel riassumere il lancio della campagna abbonamenti e tutti termini vivi nella tifoseria biancoscudata, forse mai come oggi. Perché la maglia non è e non sarà mai in discussione anche per chi, con grande sofferenza, sceglierà di non essere presente sui gradoni del "Franco Scoglio". È invece in discussione la proprietà di questo Messina. E non per ragioni imprenditoriali o di ambizione, ma perché quando si logora fino a tal punto un rapporto così importante come quello con l’ambiente e la tifoseria, non ci sono compromessi che tengano o toppe che possano nascondere il disappunto, come la polvere sotto al tappeto. C’è solo da prendere atto del lavoro svolto (bene o male sarà solo la storia a dirlo) invece di trincerarsi dietro pietismo e silenzi.
Il professionismo, lo stipendio pagato, il nessun punto di penalizzazione non possono nascondere tutto ciò che è stato. Il fondo, non quello estero e “importante” con cui si starebbe ancora dialogando per la cessione, il Messina lo ha già toccato, ma il rischio è che qui ci sia ancora tanto da scavare. Gli ultimi sette anni, passo dopo passo, dichiarazione dopo dichiarazione, sono riusciti a placare le ambizioni di una piazza verace, che storicamente ha sempre sognato attraverso il calcio, scacciando una realtà sociale spesso non semplice. Ci si è rassegnati e assuefatti alla mediocrità, anestetizzando con la stanchezza e la rassegnazione.
Dal tifoso del club organizzato al “cane sciolto” che con la diserzione raggiungono il massimo della protesta nei confronti della proprietà, anche facendo un danno a sé stessi restando lontano dallo stadio. Dal vecchietto che ancora trova la forza per “arrampicarsi” fino alla tribuna del Franco Scoglio a chi il Messina ce l’ha tatuato dentro e gli scorre nelle vene. Facce della stessa medaglia che soffrono maledettamente per questa situazione, contrapposti a "eroi social" il cui pensiero è vincolato da un inoltrato in più o in meno su whatsapp, dalla possibilità di sentirsi importanti, da un parcheggio o da un accredito. Da una spilletta da poter indossare con malcelato orgoglio, quella del tifoso dal cuore intonso.
E nelle scorse ore, riascoltando un’intervista di Messina Sportiva con l’allora neo-presidente del Messina, datata agosto 2018 e diventata clamorosamente virale sui social e nelle famose chat whatsapp, il percorso (non) compiuto dal club in questi ultimi sette anni si sintetizza a pieno: “Serie A, Serie B, non c’è cautela perché siamo a Messina. Il nostro obiettivo è vincere in casa e fuori. Mi sono sbilanciato perché se organizziamo la società come si deve, prendere i giovani giusti e avere una intelaiatura importante, possiamo avere la fortuna che ha avuto il Chievo. Se so fare andremo avanti, altrimenti non sarò all’altezza io”. Erano parole vestite da buoni propositi, oggi non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro per rappresentare la realtà. Specie dopo avere lanciato una campagna abbonamenti inneggiando al bene comune. A convenienza.
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