Progettato alla fine degli anni ‘80, avviato a metà del decennio successivo e ultimato nel 2004: lo stadio San Filippo è l’emblema della crisi del calcio messinese, lo scoglio sul quale, prima o poi, si infrangono i tentativi di rinascita del pallone alle nostre latitudini.

Convenzioni, accordi procedimentali, concessioni, progetti “bipolari” si sono succeduti negli anni, senza risolvere nulla, ma, anzi, creando ulteriori aggravi soprattutto per la collettività, come, ad esempio, con la vicenda legata al contenzioso tra l’FC Messina, la controllata MondoMessina service e il Comune: 140 milioni di euro valutati con un rischio del 25% (quindi per 35 milioni di euro) nel piano di riequilibrio decennale del Comune, per il danno richiesto dalle società del Gruppo Franza a causa della revoca in autotutela da parte del Consiglio Comunale, nel 2009, degli atti stipulati per perfezionare la convenzione che concedeva, in sostanza, il diritto di superficie per 50 anni all’FC e, per essa, alla MondoMessina service cui era stato ceduto, nel frattempo, il ramo di azienda riguardante le attività collaterali a quelle sportive. Il Tar di Catania, con sentenza pubblicata a settembre 2014, diede, in sintesi, ragione al Comune, ma, nel 2015, è stato depositato un ricorso del cui esito non si ha ancora notizia. In sostanza, quindi, il San Filippo ha esclusivamente prodotto costi per la collettività e vantaggi legati all’aspetto sportivo solo il primo anno di A (2004-2005).  Per il resto, l’unica fonte di reddito derivante dall’utilizzo dell’impianto è stata rappresentata dall’organizzazione di qualche grande concerto o evento.

L’ultimo inganno avente per oggetto le aree attorno al San Filippo è andato in scena a partire dall’agosto 2013. Il 10 agosto di quell’anno, infatti, si svolse un sopralluogo presso l’impianto alla presenza del fresco Sindaco Renato Accorinti, del suo Assessore all’Urbanistica Sergio De Cola e dell’allora patron del Messina Pietro Lo Monaco. Sorrisi, pacche sulle spalle, dichiarazioni di amplissima disponibilità a trovare una soluzione che consentisse di realizzare impianti sportivi utilizzabili dall’Acr e dalla collettività. A proposito della concessione, il Sindaco affermava: “La convenzione per lo stadio è fuori discussione, la faremo, bisogna solo stabilire le modalità migliori. A me interessa che si possano mettere a frutto gli sforzi della società, lo dobbiamo fare tutti insieme per rilanciare il calcio nella nostra città". In quella occasione, Accorinti e De Cola proposero all’Acr l’individuazione di due aree di proprietà comunale, una situata a monte dello stadio, adibita a parcheggi a servizio dell’impianto sportivo e l’altra a valle, tra la SS 114 e la prima parte del viale che porta allo svincolo autostradale. La foto con l’abbraccio ed i sorrisi convinti di Lo Monaco ed Accorinti sembrava preludere ad un accordo che avrebbe portato redditi alla società di calcio e vantaggi sia al Comune che alla collettività, rendendo fruibili due terreni pubblici totalmente abbandonati o inutilizzati. Fu quello, forse, uno dei pochissimi momenti in cui due personaggi dalla forte personalità e dall’ego non proprio sottodimensionato, pur con modalità e approcci differenti, come il Sindaco ed il proprietario dell’Acr, ebbero la possibilità di dialogare, poiché, da allora, il passaggio dalle parole e dai buoni propositi ai fatti concreti si avvolse in una nebbia sempre più fitta.

La “pratica” passò nelle mani dei tecnici, con la supervisione dell’Assessore De Cola e si susseguirono gli incontri al Municipio per individuare l’iter che consentisse a Pietro Lo Monaco di “mettere in moto le ruspe”. Si arrivò al mese di aprile 2014, quando si discusse dell’argomento del centro sportivo da costruire nei terreni comunali vicini al San Filippo all’interno della Giunta, fino all’ultimo momento di confronto, alla fine di giugno, nel quale venne consegnata una bozza di convenzione, già anticipata agli interlocutori istituzionali del Comune un paio di mesi prima, nella quale l’Acr proponeva il percorso della cessione del diritto di superficie per 99 anni dei due terreni e la ristrutturazione della palazzina sulla quale si appoggia la Curva Sud. Sui terreni, si sarebbero costruiti due campi di calcio a undici, due a sette, uno a cinque, una piscina coperta, con spogliatoi e servizi, oltre alle tribune. La ristrutturazione della palazzina prevedeva il rifacimento dell’area degli uffici e delle sale di riunione, la sistemazione degli impianti e la realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla terrazza dell’edificio, riconvertendo i locali adibiti ad uffici comunali in una palestra e in un centro fisioterapico attrezzato per il pubblico. Il tutto sarebbe stato finanziato e realizzato dall’Acr Messina, con una spesa prevista di 5 milioni di euro, cui si sarebbero aggiunte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per un importo di 6,5 milioni di euro, oltre alle fidejussioni previste dalla legge per questo tipo di accordi. In totale, quindi, un impegno finanziario di 11,5 milioni di euro oltre IVA a carico dell’Acr che, grazie alla cessione del diritto di superficie per 99 anni, avrebbe potuto attingere a un mutuo del Credito Sportivo, replicando, in sostanza, per grandi linee, quanto già realizzato dal Calcio Catania con il Comune di Mascalucia, per costruire il centro di Torre del Grifo. Nella proposta veniva anche indicato il corrispettivo per la concessione del diritto di superficie, quantificato nelle somme necessarie per la costruzione degli impianti e la ristrutturazione dell’edificio (5 milioni di euro più gli oneri di urbanizzazione per 6,5 milioni di euro), negli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria della struttura e nell’utilizzo dei campi e delle strutture per due giorni a settimana più due mattinate, a prezzi ridotti per l’avviamento dei giovani allo sport, concordando il calendario con il responsabile del Dipartimento comunale competente.

Questo, in sintesi, il contenuto della proposta dall’Acr, che, alla luce di quanto avvenuto nell’ultimo anno, non ha alcuna possibilità di essere attuata in quei terreni, visto che non sono nella disponibilità del Comune. Riproporre adesso questa vicenda non vuole servire ad alimentare polemiche su torti, ragioni, comportamenti o tare caratteriali, visto che, obiettivamente, le chiacchiere sono state tante, sia da parte del Comune che da parte dell’Acr, ma solo per evidenziare un modus operandi che, dalle nostre parti, conduce sistematicamente al nulla di fatto.

Invece, sarebbe l’ora che tutti coloro i quali sono coinvolti nella gestione degli impianti sportivi si assumano le proprie responsabilità e si mettano all’opera per trovare la soluzione più corretta e concreta sul piano legislativo, istituzionale, amministrativo ed imprenditoriale. Che parte da una proposta della Giunta Comunale, passa per il Consiglio per i temi di propria competenza e può sfociare sia in un accordo con la parte interessata, che, molto più probabilmente, in un bando pubblico. Continuare con le soluzioni provvisorie, i salti nel buio o le polemiche sterili servirà solo a mantenere la gestione degli impianti sportivi in una fase di precarietà che porta esclusivamente a danni per la collettività, sotto tutti i punti di vista. 

Sezione: Il focus / Data: Sab 20 giugno 2015 alle 10:19
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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