Sulla plancia di comando di quel Messina che vent'anni fa raggiungeva lo storico traguardo della Serie A, c’era il giovanissimo presidente Pietro Franza, capace di costruire una simbiosi fortissima con la squadra, basti pensare anche al siparietto della macchina con Arturo Di Napoli. I ricordi di oggi di Franza sono i sogni realizzati ieri: “Fa parecchia impressione ripensare al 5 giugno 2004 - dice - una giornata storica per Messina che da 40 anni aspettava quel traguardo. In questi giorni ho rivisto le immagini della festa e mi sono venuti i brividi, quasi da piangere: proprio Piazza Duomo (luogo in cui è stata registrata l’intervista, ndr) era incredibile, tutta colorata di giallorosso come l’intera città. Era tutto preparato per l’evento, ricordo le strisce pedonali giallorosse, il Nettuno con la sciarpa e tutti si sentivano coinvolti: grandi, bambini, anziani, una roba incredibile, una città che esplodeva di energia e voglia di fare e anche l’economia aveva trovato una nuova spinta. Ma soprattutto erano proprio tutti appassionati, oggi è cambiato molto da questo punto di vista”.
Un traguardo storico che arriva al culmine di un momento incredibile, iniziato con Emanuele Aliotta tra i dilettanti e proseguito con Pietro Franza dopo gli anni di consolidamento in Serie B: “Una promozione - ricorda ancora il presidente - arrivata nel momento più incredibile del calcio recente. Il ripescaggio del Catania che aveva fatto ricorso al Tar, quello della Fiorentina dalla C2, il campionato a 24 squadre che diventa il più lungo della storia! 46 partite, una stagione che non finiva mai e che fino all’ultimo poteva concludersi in maniera diversa, tanto che anche noi rischiavamo di fare lo spareggio con il Perugia. Però tante cose sono andate per il verso giusto, siamo stati anche bravi e siamo stati premiati. E poi avevamo una squadra veramente forte, tanto che l’anno dopo con qualche innesto abbiamo fatto molto bene anche in Serie A”.
Ricordi e rapporti personali che non si cancellano per Franza a vent’anni di distanza. E la sensazione, confermata, di quanto il presidente fosse “uno di loro” con i ragazzi che vivevano lo spogliatoio: “Ho ancora oggi legami personali straordinari con i ragazzi, con mister Mutti e con tutti quelli che erano a Messina - continua Franza - e tutto questo succede perché eravamo un gruppo che lavorava bene. I rapporti erano e sono ancora oggi eccellenti: come società eravamo perfetti sul piano economico, i ragazzi avevano a disposizione tutto quello di cui avevano bisogno e loro ci hanno messo cuore e gambe: eravamo una macchina da guerra che funzionava in maniera perfetta”.
Al di là delle vittorie, della gioia incredibile per la promozione, qual è il ricordo che non si cancellerà mai dalla mente di Pietro Franza? “In assoluto la vittoria di San Siro con Giampà meglio di Kaka e poi proprio la partita con il Como. Ma soprattutto - si domanda Franza - cos’era il Celeste?! Una gabbia di leoni, uno spettacolo meraviglioso, quando gli avversari entravano in quello stadio era un inferno ed erano sicuri che avrebbero perso, gli tremavano le gambe. Messina, poi, è sempre stata magica per i giocatori che hanno vestito la nostra maglia, ma quell’anno volevamo fare sempre bene, passando poi dall’inferno al paradiso. Eravamo ultimi in classifica e cercavamo di capire come potevamo salvarci e, passare da quel momento all’arrivare in Serie A, credo sia uno degli eventi sportivi più totalizzanti e forti della storia del calcio”.
Messina in quegli anni era una città che viveva in esatta simbiosi con la propria squadra di calcio, si era legata in maniera indissolubile al gruppo guidato da Emanuele Aliotta che aveva iniziato la prima parte della scalata, fino a esplodere definitivamente di passione con l’approdo in Serie A. Oggi, anche per Pietro Franza, la storia è decisamente diversa: “Guardo con tristezza il momento attuale - conclude l’ex presidente biancoscudato - perché non si riesce mai a iniziare un campionato pensando a traguardi importanti, ma si pensa a sopravvivere e a fare una squadra per ottenere la salvezza. Il momento di euforia, come accaduto anche nell’ultima stagione, arriva sempre, ma purtroppo è solo un evento temporaneo. La sensazione è che pare che manchi un progetto…”
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