Dura è la vita della neopromossa, in qualsiasi campionato, soprattutto se militi nel girone C della Legapro, ti chiami Messina e torni ad affacciarti tra i professionisti dopo anni di anonimato nei campi di serie D e due fallimenti in meno di 10 anni. Alla quattordicesima giornata appena conclusa possiamo affermare, con assoluta certezza, che questa sarà una stagione di grande sofferenza per chi ama la biancoscudata e non intende guardare alle sue vicende da lontano, magari pontificando davanti a uno schermo, oppure dopo avere letto il risultato tra una partita e l’altra in Tv, comodamente seduto sul divano del proprio salotto. In una settimana, dopo la vittoria rinfrancante ottenuta ai danni del Campobasso, fino a quel momento castigamatti in trasferta, sono venute le sconfitte contro due assolute protagoniste designate del torneo, il Catanzaro al “Ceravolo” e l’Avellino allo “Scoglio”, 3 gol subiti a zero in 180’ più recupero, senza tirare nemmeno una volta in porta, dopo avere impostato entrambe le partite per portare a casa due punti in totale, non determinanti ai fini della salvezza, ma sicuramente importanti per accrescere la fiducia e dare ulteriori motivazioni ad un gruppo di calciatori costruito di sana pianta in pochi giorni di agosto e passato dalle direttive filosofiche e spregiudicate di Sasà Sullo al pragmatismo ossessivo di Eziolino Capuano. Il tecnico più esperto e navigato della categoria, a fine partita, sottolinea alcuni aspetti particolari, da leggere, forse, ma nemmeno tanto, tra le righe delle sue dichiarazioni. Mister Capuano (voto 5,5) è arrabbiato per avere perso subendo pochissimo dall’Avellino in termini di conclusioni, per la mancata applicazione dei suoi “codici di gioco” da parte di alcuni interpreti, dando, poi, la carota dell’impegno massimale da parte dei giovani interpreti da lui scelti per la contesa e il bastone del confronto impari tra le doti di quegli stessi elementi rispetto a quelli messi in panchina dagli irpini. Poco male, se ci si ferma alle parole in superficie, ma le considerazioni dell’allenatore nato a Salerno e cresciuto a Pescopagano hanno un peso se si pensa che, fino alla gara casalinga contro la Paganese, prima del girone di ritorno, solo su questi uomini si può fare affidamento per accumulare i punti indispensabili a costruire le fondamenta della salvezza, condizione imprescindibile per non andare incontro all’ennesimo fallimento, forse non solo sportivo, del calcio messinese.
Restano, quindi, 6 gare da cui trarre il massimo possibile in termini di punti, a prescindere dagli avversari, dalle condizioni esterne, da infortuni, squalifiche, episodi contro, tacchetti, pranzi, cene o decisioni arbitrali, condizioni del terreno di gioco o ambientali. Sarebbe il caso di chiedere anche la massima compattezza da parte dell’ambiente, ma lì non vorremmo sconfinare nel campo dell’utopia, vista la tendenza stampata nel nostro DNA di messinesi all’autolesionismo.
Commentare o dare delle valutazioni agli interpreti di una gara il cui risultato più logico sarebbe stato lo 0-0, decisa da un rimpallo che ha favorito Kanoute su azione da corner, sembra esercizio abbastanza ambizioso, ma vale la pena provarci. Il migliore in campo è Lewandoski (6,5) che almeno svolge il proprio ruolo pienamente nelle uniche due occasioni in cui, prima il suo compagno di squadra Carillo e poi D’Angelo in una mischia, lo chiamano all’intervento decisivo. Il resto della squadra svolge il compito di chiudere gli spazi alle fonti di gioco avversarie, soprattutto ai danni di Micovski e Di Gaudio, mentre gli esterni Rizzo e Tito riescono a creare difficoltà ai loro opposti in maglia biancoscudata (a proposito, due sconfitte su due con la tanto attesa camiseta blanca). Mancando Morelli, resta in panchina Rondinella, unico esterno basso destro di ruolo, e il Messina gioca quasi 60’ con Sarzi Puttini (5) a destra e Goncalves (5) a sinistra, poi il portoghese e il correggese si invertono le posizioni, ma il numero 3 continua a giocare solo col mancino, fin quando stramazza al suolo e viene sostituito da Distefano, ingiudicabile nei circa 25’ “disputati”. Il terzetto difensivo non dà spazi a Maniero o agli inserimenti delle mezzepunte biancoverdi, però resta sempre l’impressione che, in agguato, vi sia un piccolo o grande svarione decisivo ai fini del risultato. Celic (5,5) randella senza pietà, Carillo (5) entra da protagonista negativo, come a Catanzaro, nell’azione che decide l’esito della gara, poi sembra perdersi nel fango, Mikulic (5,5) tiene la zona di competenza con attenzione, ma nulla di più. Il centrocampo è l’enigma di questo scorcio di stagione, sicuramente per l’assenza di un elemento della caratura tecnica di Damian e la difficoltà a ricorrere all’intera rosa disponibile.
Nel dopo partita, Capuano chiarisce che Marginean sarebbe entrato nell’intervallo in caso di risultato di parità, ma forse la sua fisicità, visione di gioco e gestione del pallone avrebbero aiutato a tentare almeno di costruire qualcosa, al netto della pulizia e forza nel tiro dimostrata in allenamento, anche sulle punizioni. I tre centrocampisti inseriti all’inizio stentano a farsi vedere. Fofana (5) fa un intervento difensivo determinante, resta a terra e, sul corner susseguente, non rientra in campo lasciando libero da marcatura proprio Kanoute. Capuano lo sottolinea a fine gara, ma, su calcio da fermo, una squadra più attenta riesce a trovare le contromisure, non rischia di farsi autogol. Simonetti (6) prova a dare un minimo di raziocinio, lotta in tutte le zone del campo, non riesce a incidere come vorrebbe. Catania (4,5) pattina sul terreno di gioco senza trovare collocazione, rendendosi utile in qualche modo solo in fase di copertura. Resta negli spogliatoi durante l’intervallo, Russo (5,5) prende il suo posto, ha qualche fiammata, addirittura si cimenta prima in un abbozzo di pendolo dietro le due punte e, nel finale, ridiventa esterno nel 4-2-4 con cui i biancoscudati chiudono il match.
I due attaccanti dovrebbero essere valutati con il classico senza voto, ma invece sia Adorante che Vukusic prendono 5,5 perché sprecano i pochissimi palloni giocabili pervenuti dalle loro parti. Busatto (sv) entra a un soffio dal triplice fischio ma combina ben poco.
Alla fine, nel fango del “Franco Scoglio”, restano dei ragazzi stanchissimi, a testa bassa, che prendono i fischi della Curva Sud consapevoli di non avere reso al massimo, malgrado il grande impegno e dedizione gettate in campo. Ma non c’è tempo per recriminazioni o rimpianti, Latina in trasferta e Fidelis Andria tra le mura amiche sono le prossime due tappe, determinanti per evitare di scivolare ancora più in basso in classifica.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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