Si attendeva una risposta ed il Messina l’ha data ieri pomeriggio battendo il Monterosi in modo più netto di quanto dica il punteggio, anche se i laziali hanno provato a reagire, creando qualche grattacapo, ma avrebbero subito un passivo più pesante se i biancoscudati fossero stati più cattivi al momento di concludere le numerose occasioni da gol create soprattutto nella ripresa. Raggiunta quota 44, la salvezza matematica è davvero vicinissima, l’obiettivo stagionale di evitare i patemi d’animo legati al playout è stato raggiunto, adesso restano tre partite da onorare al meglio con la piccola speranza di potere ancora entrare nelle prime dieci, e questo sogno può essere costruito partendo dalla prossima gara, il derby del “Massimino”, da affrontare senza l’assillo del risultato a tutti i costi, ma consapevoli che una eventuale vittoria aprirebbe scenari impensabili solo qualche giorno fa. Restando alla vittoria ottenuta ieri contro gli uomini di mister Scazzola, il Messina ha ritrovato l’atteggiamento giusto per questo tipo di impegni, aggredendo gli avversari senza scoprirsi troppo per poi colpire grazie alla qualità delle giocate confezionate dai propri attaccanti. Contro il Foggia erano stati fatali 5’ del secondo tempo trascorsi tra l’espulsione di Manetta e il gol del raddoppio rossonero, ieri gli ultimi minuti del primo tempo hanno determinato in positivo l’esito finale, consentendo al pubblico presente sugli spalti del “Franco Scoglio” di godersi una vittoria rinfrancante. L’atmosfera avrebbe dovuto essere serena e rilassata, ma, nel dopo partita, le dichiarazioni di Giacomo Modica (voto 6,5 per quanto visto in campo) hanno spostato l’attenzione su temi ricorrenti ormai da almeno 15 anni, nella nostra città, in ambito calcistico, sui quali occorre una riflessione molto più ampia ed articolata rispetto a una semplice reazione limitata all’intervista del tecnico dopo una partita vinta. I temi sono quelli già affrontati da Modica a fine ottobre, con toni diversi tra colloquio in radio e sala stampa, ma la frase simbolo (“a Messina non si può fare calcio” ) riporta esattamente quanto affermato da Pietro Lo Monaco ad ottobre 2014, e, fa riecheggiare quel famoso “dopo di noi il deserto” attribuito a Vincenzo Franza nell’immediatezza della decisione presa dalla famiglia allora proprietaria del Messina di non iscrivere la squadra in B, dirottandola in quinta serie e poi portando alla richiesta di fallimento avanzata dai Giudici del Tribunale peloritano nell’ambito di una inchiesta per falso in bilancio. Ovviamente, ognuna di queste vicende ha un peso specifico diverso, ma tutte pongono all’attenzione di chiunque segua con passione la biancoscudata la considerazione di fondo sulla enorme difficoltà da parte della piazza messinese di tirarsi fuori dalla mediocrità, guardando il futuro con ottimismo. Per questo, le parole di Modica devono costituire uno stimolo a cercare le soluzioni riguardo le criticità evidenziate (pesantezza dell’ambiente attorno alla squadra, attenzione da parte dell’amministrazione comunale e della imprenditoria cittadina al fenomeno calcistico, adeguatezza delle strutture, una organizzazione societaria definita) e non aprire la scena a sterili contrapposizioni o polarizzazioni tipiche della comunicazione sui social, che fanno solo il gioco di chi vuole portare a casa qualche vantaggio personale e non pensare al bene del Messina.
Chiuso, per il momento, questo tema, la mano dell’allenatore sulla vittoria di ieri sta nella scelta iniziale della formazione dettata dalle assenze di uomini importanti per squalifica o condizioni precarie, nella capacità di dettare il giusto spirito combattivo, anche se qualche sbandata difensiva e gli errori banali al momento di chiudere la contesa hanno lasciato in bilico il risultato fino all’ultimo minuto. La differenza è stata fatta dalla qualità di calciatori come Marco Rosafio (7,5) migliore in campo per l’intensità e precisione delle sue giocate, visto che stavolta sblocca il risultato, apparecchia il raddoppio e costruisce almeno altre due facili occasioni da trasformare nel terzo gol, sprecate malamente dai compagni. Marco Zunno (7) ha lo stesso peso specifico del compagno sul lato opposto del fronte d’attacco, innesca le azioni decisive cambiando passo in modo deciso, ma, nella ripresa, diventa inaspettatamente egoista, macchiando relativamente la sua prestazione complessiva. Se ne accorge Domenico Franco (7) altro assoluto protagonista del match e lo richiama in modo piuttosto brusco quando esagera nel cercare la soddisfazione personale penalizzando i compagni. Il centrocampista calabrese torna ai livelli di qualche partita fa, anche in versione centrale nel 4-3-3, aiutato nel compito dalla buona vena dei suoi compagni di reparto. Frisenna (6,5) riesce a fornire un contributo continuo sia nella corsa che tecnicamente, Giunta (6,5) non riesce a mettere in rete due occasioni abbastanza semplici e ciò gli impedisce di coronare al meglio una prova di grande spessore fisico e tattico. La difesa viene sollecitata poco, ma fornisce una prova non esattamente compatta nei singoli, perché Fumagalli (6,5) è perfetto nel primo tempo su un corner velenoso o quando ipnotizza Vano presentatosi solo al suo cospetto, ma non è reattivo come al solito sul gol subito, Salvo (6) se la cava senza particolari sbavature, così come Dumbravanu (6), mentre Manetta (6,5) merita qualcosa in più per compensare le sbandate di Pacciardi (5) che, in due occasioni, nei primi 45’, fa correre i brividi lungo la schiena dei tifosi giallorossi con erroracci da matita blu. Infine, Vincenzo Plescia (6,5), più dinamico e partecipe al gioco rispetto al solito, con la grandissima perla di un gol meraviglioso per prontezza e capacità tecniche, premio meritato a un ragazzo davvero encomiabile per l’impegno messo in ogni sua presenza con la maglia biancoscudata. Il centravanti viene sostituito al 69’ da Nino Ragusa (6) che si spende nelle due fasi, dando un buon contributo. Pochi minuti in campo anche per Scafetta e Civilleri, utili per mettere legna quando serviva portare a casa il risultato, festeggiato adeguatamente dalla squadra con la curva dopo il fischio finale del signor Mirabella, che non ha visto un rigore per fallo di mano clamoroso di Bittante dopo 6’, ma questo non fa più notizia. E forse, con un derby da giocare al meglio, è anche meglio non avere questo tipo di distrazioni.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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