Poco più di una settimana fa, sempre sulla nostra testata, abbiamo ricordato la riammissione del Messina in serie A, datata 25 luglio 2006, in seguito all’affaire Calciopoli. Ma, come ogni tifoso peloritano ricorderà, le estati biancoscudate erano tutto fuorché tranquille, anche nel dorato mondo della massima serie. Di sicuro, nel corso della notte dei tempi, un progenitore del popolo peloritano avrà tirato un terribile tiro mancino al dio del pallone, vista la stidda che segue il Messina da troppi anni a questa parte.
Mentre le altre piazze riescono a ripartire, sfruttando gli arcinoti “giri di ruota”, sulla sponda sicula dello Stretto non si riesce a ripartire con un progetto degno di questo nome. Evidentemente ci meritiamo quel che abbiamo ma, quindici anni fa, a capo del Messina c’era un signore che riusciva a mettere d’accordo la maggior parte dei supporters: Pietro Franza. In pochi, infatti, lo contestavano mentre il tifo peloritano guardava alla sua figura come a quella di un condottiero da seguire.
Qualche scricchiolio nel rapporto tra tifosi e presidente, però, apparve nel luglio del 2005, appena due mesi dopo il “magnifico” settimo posto raggiunto dalla banda di Bortolo Mutti. Nonostante le rassicurazioni della famiglia Franza sull’iscrizione al campionato 2005/2006, infatti, il Messina venne estromesso dalla “famigerata” Co.Vi.Soc.C., per alcune inadempienze finanziarie. La città subì uno schiaffo a ‘ntrasattare, interrompendo la visione onirica che l’aveva portata a sognare l’Europa del calcio. I primi mummuriamenti cominciarono a circolare tra i tifosi, nonostante la stragrande maggioranza del popolo biancoscudato gridava all’ennesimo sopruso ordito dalle società settentrionali. Il posto del Messina, infatti, faceva gola al Bologna del presidente Gazzoni Frascara, retrocesso in virtù dello spareggio perso nel derby contro il Parma.
Dopo un mese asfissiante, scandito da teorie complottiste, battaglie a mezzo stampa tra Franza e Gazzoni e considerazioni di improvvisati esperti di diritto sportivo, il Messina venne riammesso in serie A da una sentenza del Tar del Lazio che, nel tardo pomeriggio del 2 agosto 2005, accolse il ricorso della società della famiglia Franza. In città si scatenò il delirio: i club organizzati, che per protesta avevano bloccato il servizio di trasporti sullo Stretto, si riversano a Piazza Cairoli, per festeggiare la decisione della giustizia ordinaria. Nel giro di poco tempo, tifosi provenienti da ogni parte della città e financo dalla provincia, si unirono al corteo dei club, per una serata a tinte giallorosse che ricordava le imprese degli anni passati.
Subito dopo la sentenza, il presidente Pietro Franza, festante, dichiarò: “E adesso costruirò un grande Messina!”. Anche se i tifosi si aspettavano molto di più, il patron riuscì a confermare tutti i pezzi da 90, per i quali c’erano state sontuose offerte, anche da club esteri. Sullo Stretto, invece, giunsero solamente Sculli e Muslimovic, visto che la trattativa per Langella, forte esterno in forza al Cagliari, fallì negli ultimi secondi del calciomercato per il diniego di Massimo Cellino.
Le incomprensioni tra la proprietà e la città, comunque, vennero cancellate dalla sentenza del Tar che, come un colpo di spugna ben assestato, fece ritornare il sereno in casa Messina. Sereno che, purtroppo, svanì nel giro di qualche mese quando, per via di un precoce imborghesimento, la città contestò il torneo titubante degli uomini di Mutti. La fine della storia sta all’inizio, ovvero nel nostro pezzo del 25 luglio, citato nelle prime righe. Se volete, o se non ricordate…date un occhio…
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @menelpallone
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