Renato Ferretti, e chi era costui? Siamo sicuri che, come dei novelli Don Abbondio, moltissimi tifosi biancoscudati si siano posti questa domanda, davanti al nome del più “fecondo” calciatore peloritano. E invece, chi non si è mai imbattuto nelle tabelle compilate dagli amanti delle statistiche, molto probabilmente strabuzzerà gli occhi davanti a questo nome poco familiare. Qualunque sia la vostra conoscenza della storia calcistica messinese, quasi nessuno, per ovvie ragioni di età, ricorderà le gesta di questo mancino naturale, trascinatore della squadra sia in campo che fuori. Renato Ferretti da Alessandria, prolifica ala sinistra piemontese, approdò sulle rive dello Stretto nel 1930, innamorandosi immediatamente della città di Antonello.
L’impomatato eroe giallorosso, classe 1907, vestì la casacca dell’allora Associazione Calcio Messina per un settennio, dal settembre 1930 al luglio 1937, disputando due tornei di prima divisione (allora terzo gradino nazionale della piramide pallonara) e 5 campionati di serie B. Non abbiamo, purtroppo, la certezza assoluta sul numero di reti messe a segno da Ferretti con indosso la casacca biancoscudata, poiché alcune statistiche parlano di 89 reti realizzate, altre di 90 e, altre ancora, attribuiscono all’alessandrino la cifra di 93 marcature. Questa difficoltà nel determinare le marcature di Ferretti, causata dalla lontananza temporale delle sue gesta, poco importa, però, agli innamorati della gloriosa biancoscudata. Nessun altro giocatore, difatti, si avvicina anche solo lontanamente ad una delle tre cifre custodite dagli almanacchi di storia del calcio.
Sul podio dei migliori realizzatori peloritani, infatti, si posizionano, staccati di diverse lunghezze, tre beniamini incontrastati della tifoseria messinese: Salvatore Schillaci con 77 reti, Arturo Di Napoli con 62 e Vittorio Torino con 58 (ad essere pignoli ci sarebbe anche Giovanni Corallo, probabilmente autore di 59 marcature ma, le più accreditate fonti, parlano di 56). Nonostante le poche notizie esistenti, Renato Ferretti riuscì a far felici i nostri nonni molto più di Totò, Artù e Vittorio. Alcuni stralci di giornale, emersi magicamente dalle emeroteche cittadine, ci hanno permesso di abbozzare un ritratto di questo eroe leggendario che, sulle rive dello Stretto, guadagnò la prima promozione in serie B della storia biancoscudata.
Altri tempi, altro calcio. Uno sport ancora pienamente anglosassone, scevro da polemiche, “violini” e manette contemporanee. Un giuoco che si faceva con poche lire ma che riusciva a scaldare i cuori dei primi appassionati e che, ovviamente, creava eroi destinati a scolpire il loro nome nella storia delle squadre di appartenenza. E’ l’epoca dei Meazza e dei Piola, dei Caligaris e dei Sentimenti IV. E’ un’età aurea, alla quale contribuì certamente anche Renato Ferretti, senza avere, però, un posto assicurato nella storia del calcio peloritano. Il perché non è mai facile da capire. Questione di opportunità e di tempismo. L’alessandrino abbandonò Messina pochi anni prima della seconda guerra mondiale e, probabilmente, i tifosi biancoscudati, sbattuti al fronte da un giorno all’altro, cominciarono a preoccuparsi più dei nazisti e degli anglo-americani che dei gol di un’ala mancina con i capelli impiastricciati di brillantina.
Fortunatamente, però, la classifica dei marcatori di tutti i tempi incorona sempre lui, da più di 70 anni al primo posto, recandogli la gloria che, molto probabilmente, merita. Un uomo profondamente innamorato di Messina e del Messina che, nel 1947, decise di ritornare sulle rive dello Stretto per guidare la neonata A.C.R. per una manciata di partite. Soldi non ne giravano, di gloria in serie C se ne guadagnava poca. Eppure, lui decise di sostituire Oronzo Pugliese e traghettare la squadra ad una salvezza meritata. Così, in silenzio, com’era abituato a fare.
Di storie da raccontare ce ne sarebbero parecchie, nate e vissute in sette anni di amore giallorosso. Una di queste, forse, merita più delle altre di essere raccontata, se non altro perché si addice al Dna messinese, composto da due eliche del tutto particolari: luce e polvere.
Nella stagione 1936-37 il Messina si trova, infatti, agli ultimi posti della classifica di serie B. Undici ragazzotti, con una casacca bianca bordata di giallorosso, lottano come dei leoni per aggrapparsi alla salvezza ma, a volte, le compagini che sbarcano al “campo di Gazzi” sono più forti e meglio attrezzate. L’Associazione Calcio Messina, però, può contare su un tifo indiavolato e su due fuoriclasse decisi a vendere cara la pelle: Vincenzo Lumia l’africano e Renato Ferretti, il cannoniere. Lumia, trequartista dai piedi buoni, nato a Tunisi e cresciuto a Tripoli, dove il padre lavorava per conto del Regno, sapeva come innescare quell’alessandrino taciturno, dallo scatto bruciante e dal tiro al fulmicotone. Ferretti non è più un ragazzino, ha 30 anni e medita da tempo di ritornare a casa, nel suo freddo Piemonte. Però, dopo 7 anni splendidi, non vuole lasciare Messina ed i messinesi con una retrocessione.
Dopo una stagione di patimenti, i giallorossi concludono al decimo posto, a pari punti con Pro Vercelli, Venezia e Catania. Per la lega è necessario giocare un mini-torneo di 6 giornate, alfine di decidere quale squadra farà compagnia alle già retrocesse L’Aquila, Catanzaro e Viareggio. Le partite, giocate in un caldo infernale, decretano un’incredibile classifica: tutte e quattro le compagini terminano a 6 punti, con 3 vittorie e 3 sconfitte ciascuno. A Roma non sanno più che pesci pigliare e, per dipanare la matassa, inventano una soluzione all’italiana: che si disputi un velocissimo quadrangolare, con due semifinali ed una finale, in gara secca. Le squadre, provate da una lunghissima stagione e dal primo caldo estivo, vennero accoppiate per ragioni geografiche e, il Messina di Lumia e Ferretti si ritrova ad affrontare il Catania sul neutro di Palermo, soluzione praticamente impensabile in un’epoca come la nostra.
In un rovente 4 luglio, con messinesi, catanesi e palermitani assiepati insieme sulle tribune del “campo” rosanero, Ferretti si carica la squadra sulle spalle e, con due pregevoli assist, manda in gol Gardini e Gerbi. Il Messina si salvò alla lotteria degli spareggi, mandando il Catania a giocarsi una permanenza che perderà nello scontro finale con il Venezia. Fu l’ultima partita del brillantinato attaccante biancoscudato, nella quale non finì nel tabellino dei marcatori, pur realizzando il suo gol più bello.
Renato Ferretti da Alessandria, il re messinese che va riportato sul suo trono.
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @redattore
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