In un calcio mortificato dall’assenza di pubblico, stritolato da interessi multinazionali che lo confinano dentro gli schermi di tv, computer, smartphone, ricordare che oggi, 3 ottobre, ricorrono i 15 anni dalla morte di Franco Scoglio sembra quasi come una commemorazione di qualcosa, non di qualcuno, che non c’è più.
Il calcio come fenomeno popolare, amato, vissuto, sofferto, materia di depressioni cosmiche e riti orgiastici di massa, per il popolo e con il popolo fa parte di un’epoca remota, ben più dei tre lustri che ci separano dall’ultimo respiro esalato dal dott. Prof. Franco Scoglio, non a caso mentre si trovava dentro uno studio televisivo a discutere animatamente del Genoa Cricket and Football Club con il presidente di allora e di oggi del club rossoblu, Enrico Preziosi.
Per i messinesi, mister Scoglio, eoliano “cannetaro” di Lipari, è l’Allenatore, il personaggio che per più campionati (6) si è seduto sulla panchina dell’Acr Messina nella sua storia calcistica durata dal 1947 al 1998, e nella storia del calcio messinese dal 1900 ad oggi, almeno per quanto riguarda le società più rappresentative. Infatti, l’esperienza di Scoglio come tecnico biancoscudato non è legata soltanto al periodo più iconico del pallone alle nostre latitudini, almeno a memoria d’uomo, iniziato nel 1984, con l’avvento di Turi Massimino alla presidenza a risolvere l’ennesimo, ciclico, rischio di fallimento, e terminato nel 1988, quello dei bastardi, con la scalata dalla C1 fino alla soglia della serie A di Maradona, Platini, Zico, Paolo Rossi. L’eoliano che viveva per il calcio, ossessionato dalle tattiche dei più grandi maestri del football in tutto il globo, aveva già due esperienze alla guida dell’Acr, nel 1974-75, un sesto posto in C impreziosito dalla vittoria contro l’imbattibile Catania di allora, e nel 1980-81, esonerato per lasciare posto al laziale Santececca, che portò la squadra ad una risicata salvezza in C2.
Scoglio, per i messinesi figli del baby boom, quelli nati negli anni 60, era condottiero, guru, capopopolo, comandante rivoluzionario, le sue interviste durante le trasmissioni televisive delle tv locali o gli interventi nei talk di approfondimento del lunedì erano una overdose di adrenalina e dopamina iniettata nei cervelli dei tifosi messinesi, da anni costretti a campionati mediocri, che tornavano a sperare di rinverdire i fasti della serie A di venti anni prima.
Le frasi celebri - “Io applico il metodo dell’Arsenal di Chapman, con primo sistema modernizzato dell’Uruguay 1930, secondo la mia creatività”. “Prima c’è lo spazio, poi la palla, poi la palla con l’uomo nello spazio”. “Io sono migliore di Sacchi. Come uomo.” “Non cambierei la mia squadra con il Francavilla (che aveva appena battuto i suoi uomini per 5-0)”. Sono flash rimasti nella mente di chi vi scrive, che allora era un tifoso con la fortuna di avere visto, all’inizio del proprio praticantato da giornalista, il mitico quaderno coi fogli a quadretti riempiti dai piccoli campi disegnati per tracciare gli schemi e telecomandare Venditelli, Bellopede, Mancuso, Romolo Rossi, Diodicibus, ma non certamente Caccia, Repetto, Catalano, Leonardo Rossi, Gobbo, lasciati liberi di dare sfogo al proprio talento ed alla strabordante personalità in campo e fuori, o Totò Schillaci, mai coinvolto nelle sedute tattiche del gruppo, perché troppo anarchico per i parametri di Franco Scoglio.
Questo è il mister più amato dai messinesi, gelosi del secondo periodo della sua carriera, quello vissuto alla ribalta del calcio nazionale, bandiera del Genoa, fino alle esperienze sulle panchine della nazionali di Tunisia e Libia. Alcuni non lo perdonarono per il “tradimento” delle sue origini, per avere spesso ripetuto che il suo cuore batteva solo per il grifone rossoblù, contestando anche l’intitolazione del S. Filippo.
Ma sempre, quando si sente il nome di Franco Scoglio, un brivido correrà lungo la schiena di chi ha vissuto da tifoso gli anni dei “bastardi”.
Ciao mister.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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