Difficilmente una singola persona è capace di segnare un’epoca, men che meno in un periodo come quello attuale, nel quale si perde facilmente di vista la veridicità del sentimento e la concezione del reale. Ci sono uomini, però, che riescono a incarnare i loro tempi in maniera ineccepibile, diventando una pubblicità involontaria della loro stessa esistenza e assurgendo allo status di simbolo per intere generazioni. Ecco, quando questi personaggi decidono di dire basta alla vita e di chiudere il conto con l’esistenza, lo smarrimento può riversarsi su intere comunità. Nella giornata di ieri, la città di Messina e l’Italia intera si sono sentiti molto più soli.
Totò Schillaci, uno dei personaggi di cui sopra, ha deciso che era giunta l’ora dei saluti. Ci piace pensare che sia andata esattamente così: una scelta personale e non un obbligo dettato da un altro tipo di fattore. Il numero 9 dagli occhi spiritati, eroe del mondiale ’90 e primo italiano a segnare nel Sol Levante ha lasciato definitivamente la sua Palermo. Totò è stato tutto questo, è vero… ma a Messina no, a Messina Totò è sempre stato un’altra cosa. I gol con la maglia azzurra o con quella celeste del Jubilo Iwata sono arrivati dopo, utili ad aprire gli occhi del mondo su quel ragazzo umile e determinato.
Ma noi conoscevamo Totò da sempre, da prima di tutti gli altri. Per Messina Totò era il ragazzo dell’Amat Palermo, arrivato sullo Stretto per qualche milione di lire, insieme a Carmelo Mancuso. Totò era il centravanti delle promozioni, il bomber di Zeman e Scoglio, l’uomo che il 21 settembre del 1986 fece strabuzzare gli occhi all’Olimpico intero quando il Messina sconfisse la Lazio per 0-1. Totò è il calciatore che ha indossato per più volte la maglia biancoscudata, al secondo posto tra i cannonieri dopo il fiabesco Ferretti.
Totò amava spesso tornare a Messina, per parlare degli anni in cui aveva distrutto le difese avversarie con la maglia giallorossa indosso. La sua presenza non passava mai inosservata, perchè la città amava stringersi intorno a lui, come percorsa da un fremito adolescenziale. “Oggi viene Schillaci” si diceva, e la notizia passava di bocca in bocca in poco tempo, diffondendosi tra le vie del centro così come nelle periferie. Era stato così anche nello scorso giugno, quando Totò era salito sul palco del Giardino Corallo insieme all’inseparabile Carmelo Mancuso, nonostante la malattia fosse tornata prepotentemente a tormentarlo.
Adesso Totò ha preferito andare via, lasciandoci tutti più soli. Chi lo ha amato visceralmente, gioendo dei suoi immensi prodigi, sa che un’epoca si è irrimediabilmente chiusa. Il dolore ed il senso di abbandono, da ieri, ci stanno appiccicati come molesti ed invadenti ospiti. In un momento in cui la passione per il Messina sopravvive a stento, mortificata perfino nei campionati giovanili, il bisogno di icone nelle quali riconoscersi è sempre più importante. Non eravamo ancora pronti a lasciare andare anche Totò ma, del resto, non lo saremmo mai stati veramente.
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @menelpallone
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