La gara di ieri pomeriggio al “Guariglia” non sarà dimenticata facilmente nella storia calcistica messinese, perché si tratta di una sconfitta maturata sulla scorta di quanto avvenuto, dentro e attorno alla squadra, a partire da un istante dopo il fischio finale del match di Taranto.
PREPARAZIONE E RITI - Da allora, il gruppo ha trascorso la prima settimana in una atmosfera quasi da regolamento di conti, mentre i giorni precedenti la trasferta di Agropoli hanno visto il ripetersi di riti rivelatisi, purtroppo, utili per dare motivazioni solo a chi non ne ha mai avuto bisogno, cioè quei tifosi che, ieri, hanno dato la massima dimostrazione possibile di maturità, serietà, compostezza e amore sincero per il Messina. I loro volti, dalla mattina presto fino alla nottata, per le strade e sui treni, lungo le vie di Agropoli e sugli spalti del “Guariglia”, la loro lucidità nell’analizzare quanto accaduto in campo e la determinazione nel volere stare sempre vicino alla passione di una vita, è l’unico punto di ancoraggio sul quale far leva per evitare una retrocessione che sarebbe la più mortificante della storia recente per il calcio messinese. Eventualità che non vogliamo prendere nemmeno in considerazione, pur con l’immensa delusione patita ieri pomeriggio in Cilento, al di là del risultato.
RESPONSABILITA' La massima responsabilità per questo 1-0 subito ieri va a chi non è stato capace di gestire la vita dentro e intorno alla squadra in questo ultimo mese e mezzo, sprecando, in modo davvero criminale, quel tempo concesso prima dei playout. Stride in modo imbarazzante il confronto perfino con la Gelbison, realtà piccola ma costruita nel tempo su una idea legata alla valorizzazione del territorio circostante, da dirigenti con limitate possibilità economiche, che, però, quest’anno, era incappata in una annata devastante a causa di equilibri saltati all’interno del gruppo squadra, con quattro allenatori cambiati e una tendenza consolidata alla sconfitta. Pur consapevoli delle difficoltà, i vertici societari della società di Vallo della Lucania hanno giocato la carta del cambio allenatore praticamente a playout quasi certi, affidandosi a un tecnico con grande passato da calciatore, ma emarginato da tempo dalle panchine più in vista, e Galderisi, in poco più di un mese, ha gestito l’ultimo scorcio di campionato e la breve sosta, per recuperare elementi in difficoltà fisica, pensare a come schierarli, creare un gruppo squadra coeso almeno per giocarsi le chance di mantenere la categoria. Il primo round è andato, meritatamente, alla squadra che rappresenta il comprensorio del Cilento, perché ha preparato la partita da ogni punto di vista, è entrata sul terreno di gioco con la giusta determinazione ed ha saputo sfruttare la chance offerta nei minuti finali. Il calcio non è scienza esatta, ma è stato fatale al Messina ripresentarsi in campo ad Agropoli con le stesse incertezze e problematiche di condizione evidenziate a partire dalla sconfitta a Torre del Greco, crocevia psicologico delle sorti di questo campionato.
RESETTARE - Adesso, con la ferita aperta e sanguinante di questo 6 maggio 2023, occorre ripartire subito con uno spirito completamente diverso, sperando che le divinità del pallone decidano di favorire, per una volta, la biancoscudata, sabato prossimo al “Franco Scoglio”. Soffermarsi sulla circostanza che il gol di Tumminello sia giunto nei minuti di recupero non deve fare perdere di vista che la Gelbison aveva costruito anche altre due occasioni abbastanza pericolose per passare in vantaggio, mentre i baldi giovanotti in maglia biancoscudata hanno interpretato questo primo round senza nessuno spirito battagliero, impegnati a fare il compitino, prendersi poche responsabilità, limitare le giocate rischiose, portare al fischio finale un ricco zero e zero, per poi arrivare al premio della doccia calda, magari con due cambi di asciugamano puliti, vero benefit per qualsiasi calciatore professionista degno di tal nome, ovviamente insieme a un messaggio personale di ringraziamento perpetuo per l’immane sforzo sostenuto a portare in giro per l’Italia la biancoscudata. Nessuna parafrasi sarcastica, però, può celare una prestazione complessivamente desolante, impostata sull’attesa della sfuriata da parte dell’avversario e con la speranza, vana, di trovare una singola giocata determinante.Errore imputabile a chi ha la responsabilità tecnica di tali scelte, ma solo perché ricopre quel ruolo, e comunque non in via esclusiva (troppo facile trovare un capro espiatorio)
LE PAGELLE . Ezio Raciti (4) costretto a mettere la difesa bloccata con altrettanti marcatori, cui aggiunge un quinto elemento che, guarda caso, provoca, con un movimento in uscita lento e senza senso, il buco da cui nasce il gol. Imperdonabile concedere tanto, ma soprattutto non avere costruito quasi nulla in fase offensiva. In una prestazione così scialba diventa complicato trovare un migliore in campo di parte biancoscudata. Allora, bisogna scandagliare per individuare chi comunque ha interpretato il proprio compito con un minimo di attenzione e partecipazione superiore al livello sindacale. Tra questi, sicuramente c’è Trasciani (6), applicato nella marcatura su Infantino e De Sena, che vengono limitati con fisico e posizione, mentre, in occasione del gol, non riesce nel miracoloso recupero sulla voragine lasciata dagli altri sue due compagni di reparto in zona, andati a scampagnare nel rigoglioso prato del “Guariglia”. Altro elemento che non ha demeritato è Ferrini (6), adattato in un ruolo nel quale servirebbero rapidità e tecnica per dare un minimo di aiuto in fase di possesso palla, ma lui riesce a fare il terzinaccio vecchio stile limitando i danni. Dal resto della comitiva trasferita in Cilento per due giorni non c’è molto da dire. Fumagalli (5) non interviene mai, però inquieta quella distrazione nel primo tempo su un rinvio dal limite con palla in mano trascinata fuori area, segno che, forse, occorre rimetta la testa nella funzione “leader motivatore” attivata a gennaio scorso, quando era solo lui l’ancora di credibilità del progetto salvezza. Berto (5) viene messo in difficoltà dagli strappi di Kyeremateng, balbetta qualche timida iniziativa nella metà campo avversaria, resta spesso in mezzo ai tentativi di fraseggio avversari, non proprio esaltanti ma comunque volenterosi. La casualità del palo colto nella ripresa sul “cross alla spera in Dio” non può rientrare tra le cose da valutare. Ferrara (5) si sistema a difesa del fortino, pur senza soffrire chissà quali assalti, poi pensa di essere già con il sedere sulla panca degli spogliatoi e lascia libero a Tumminello il corridoio per il vantaggio. Uno dei misteri gloriosi di questo finale di stagione è la situazione di Lamine Fofana (5), prima derubricato alla voce “debilitazione per osservanza religiosa”, adesso in quella fase di limbo nel quale, a tratti, ha vissuto durante questi suoi due anni in biancoscudato. Questo ragazzo ha doti di sensibilità e caratteriali fuori dal comune, adesso è compito di mister Raciti, in versione Mr Empatia, capire quali corde dovrà sollecitare nel ragazzo ivoriano per fargli giocare tutti i minuti della sfida di sabato 13 maggio con il massimo delle forze a sua disposizione, mettendoci il cuore, i muscoli, la grinta che è capace di dare. Il suo contributo sarà fondamentale. Altri fattori da risvegliare mettendoli al servizio della causa sono forza, incoscienza e qualità, le doti di Marco Fiorani (ieri 5), apparso quasi con il motore ingrippato al “Guariglia”, ma con lui serve dare indicazioni chiare e briglia sciolta, perché deve coronare con la salvezza un campionato in cui ha dato dimostrazione di poter ambire a traguardi di carriera molto prestigiosi. Si rivede in campo anche Amara Konate (6), uno dei pochissimi a metterci lo spirito giusto per questo tipo di sfida, perché lotta, conquista palloni, prova anche a spingere, addirittura si prende un giallo per intervento falloso in contrasto.
Le note più grigie vengono dai cosiddetti “grossi calibri” presenti nella rosa a disposizione dello staff tecnico biancoscudato, praticamente impotenti per tutta la durata della partita. Kragl (5) non innesca mai il sinistro perché gli spazi sono pochi e l’appoggio dei compagni è praticamente inesistente. L’impegno del tedesco è indiscutibile, serve concentrazione massima per non sbagliare nulla e dare un sigillo importante a questo periodo che deve essere solo la prima parte della sua esperienza in riva allo Stretto. Prestazione impalpabile, invece, per Marino (5), piazzato come riempitivo in assenza di Ragusa, non trova posizione, ritmo, tempi di intervento, non rompe né costruisce, becca il giallo dopo 36’ e viene sostituito per questo motivo (secondo quanto dichiarato da Raciti a fine gara) quando gli subentra Helder Baldé (4), una delle mosse tecniche meno azzeccate della stagione. Il portoghese fa solo volume in area, prende l’iniziativa di scoprire la zona di competenza e dare spazio a Uliano per l’assist decisivo e diventa, suo malgrado, il chiavistello verso la porta di Fumagalli. Indecifrabile anche la gestione di Ibou Balde (5 politico anche per lui), non solo a Agropoli, visto che, controllando i minuti giocati, lo spagnolo di origini senegalesi è stato sostituito 5 volte nelle ultime sei gare, sempre con risultato in bilico, pur essendo il migliore realizzatore della squadra ed una delle armi migliori in fase offensiva durante il girone di ritorno. Al suo posto, ecco Nino Ragusa (4,5) novello Godot, che entra al 60’, fa subito uno spunto conquistando il corner, poi perde i soliti palloni al primo controllo e si esibisce in un tiro al volo totalmente inutile invece di cercare il controllo e puntare la porta, con il difensore a due metri di distanza. Non servono appelli o esortazioni, il numero 90 biancoscudato ha raggiunto grandi traguardi nella sua carriera grazie alla mentalità da professionista acquisita in giovane età. Adesso deve puntare solo su questa per non mettere l’onta della retrocessione nel suo curriculum pieno di promozioni nella massima serie. Un altro pilastro sul quale dovrà essere poggiata la salvezza è Leonardo Perez (5), ieri impegnato nella solita battaglia contro una intera difesa, mai innescato da compagni lontani o imprecisi, infine precipitoso nell’unica occasione in cui si trova la palla davanti alla porta, in prossimità del 90’, quando sparacchia altissimo.
Anche per lui, come per tutta la squadra e l’ambiente, occorre fare un passo indietro, riprendere seriamente ruoli e responsabilità, non solo della proprietà, a tutela di orgoglio personale e investimenti fatti, ma soprattutto da parte di chi ha legami contrattuali (staff tecnico, ds, dg, calciatori) e, adesso, deve chiudere la pratica, senza alibi, mettendo coraggio e capacità professionali, abbondantemente contenuti nei loro curricula. Al loro fianco troveranno chi c’è sempre stato per sostenere, soprattutto nei momenti di difficoltà, e sarà presente anche sabato prossimo al “Franco Scoglio”, per la sfida che deve valere la salvezza.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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