Carissimo Maestro,
ho seguito le sue dichiarazioni rilasciate ad alcuni colleghi foggiani su una panchina per strada, poco prima di partire per destinazione sconosciuta, dopo l’addio alla panchina (quella vicino al terreno di gioco) rossonera pugliese. Dichiarazioni asciutte, taglienti, come è nel suo stile, riferite al rapporto con il presidente del Foggia Canonico, suo ultimo "datore di lavoro". Qualche giorno fa, su “Gazzetta del Sud” veniva citato dal patron del Messina Pietro Sciotto a margine di una intervista rilasciata al quotidiano cittadino, nella quale il massimo dirigente biancoscudato dichiarava la sua intenzione a mettere in vendita la società costituita nel 2017 per dare alla nostra città l’opportunità di ripartire dalla serie D a seguito della ennesima mancata iscrizione tra i professionisti (dopo quelle del 1993 e del 2008, oltre al fallimento dell’As Messina).
Lei, carissimo Maestro, era, in questo pezzo giornalistico, il “sogno” non realizzabile per il professore Sciotto, considerando che, in questi 40 giorni dalla salvezza raggiunta dal Messina sul campo, nessuno è stato in grado di dare una risposta concreta alle richieste di aiuto e sostegno finanziario esplicitate personalmente dallo stesso Sciotto alle cosiddette forze economiche e produttive cittadine, rimbalzate sempre contro un muro di gomma fatto di indifferenza costruito, almeno da 15 anni, attorno al fenomeno calcio da parte di quella che alcuni definiscono la “città che conta”. Alcune voci sussurrano di un approccio tentato nei mesi scorsi, da parte del presidente Sciotto, nei suoi confronti, al quale avrebbe opposto problematiche legate all’assenza di strutture per svolgere il suo lavoro nel miglior modo possibile, partendo dall’esperienza avuta da suo figlio Karel qualche stagione fa alla guida dell’Acr. E’ obbligo di un giornalista chiedere riscontro direttamente all’interessato delle voci che lo riguardano, ci ho provato contattandola direttamente non riuscendoci perché a quanto pare, come detto anche ai colleghi, non risponde, sul telefonino, ai numeri sconosciuti. Pertanto uso questo mezzo, affidandomi alla famosa teoria dei sei gradi di separazione, per stabilire un contatto e capirne un po’ di più su questa possibilità, o sogno, o suggestione.
Sì, perché, carissimo Maestro, se Lei prendesse in considerazione l’ipotesi di allenare a Messina potrebbe davvero essere la chiave per uscire dal sonno profondo, quasi comatoso, in cui questa città è precipitata, in ambito calcistico, da giugno 2008, dopo la sbornia dei tre anni di serie A. Si troverebbe di fronte un presidente che è davvero innamorato delle Sue idee di calcio, con una disponibilità economica rispettabile, fondata sul lavoro e l’impegno di una intera famiglia, costruita nel corso degli anni, che vede nel Messina una propria creatura da esibire orgogliosamente a tutti. Una anomalia nel mondo del calcio attuale, perché non basata solo su paroloni inglesi o percezioni indotte da algoritmi, con mille difetti ma un pregio assolutamente non confutabile, la buona fede, anche negli errori di valutazione commessi in questi 5 anni di esperienza, contraddistinti, comunque, da una promozione e una salvezza tutt’altro che scontate in una epoca complicata e in categorie nelle quali le entrate sono pochissime.
Lei, carissimo Maestro, conosce benissimo la realità impiantistica nella nostra città, sa che alcune problematiche possono essere risolte in modo abbastanza celere se vi fosse la volontà di farlo e, quindi, potrebbe utilizzare, in città, il "Marullo" di Bisconte con il sintetico ed il "Celeste" in erba, oltre allo “Scoglio” per le gare di campionato. In alternativa, lo “Scirea” di S.Lucia del Mela, potrebbe diventare il quartier generale del Messina, spostando le residenze di calciatori e staff tecnico nelle vicinanze, qualora un trasferimento di circa 45 minuti- massimo 60 - al giorno fosse un problema, mentre non lo è per tutte quelle società che hanno il proprio centro sportivo fuori dal centro cittadino, come Lei sa benissimo avendo lavorato in entrambe le società romane.
Ma lei, soprattutto, carissimo Maestro, conosce abbastanza bene la realtà messinese, i tanti difetti, ma anche i pregi, ed ha tutti gli elementi per valutare quali opportunità potrebbe avere, qui, di continuare a coltivare i suoi stimoli. Le chiedo di valutare, con attenzione e mente aperta, l’opportunità che darebbe a una comunità in cerca della propria identità smarrita per tante ragioni storiche non sempre dipendenti dalla propria volontà, di trovare, ancora una volta, come tanti anni fa, nel calcio vero, giocato, sofferto, vissuto in campo e fuori, una piccola, ma sempre importante, ragione per poter continuare a vivere e pensare al futuro con speranza. In fondo, anche se sembra un inutile esercizio di retorica, per chi lo ama, il calcio non è solo una palla e qualche giovanotto in mutande su un campo verde. Ci pensi, carissimo Maestro, Le chiedo solo questo.
Un saluto affettuoso
DAVIDE MANGIAPANE
Autore: MNP Redazione / Twitter: @menelpallone
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