Altro giro, altri regali per il Messina, che consente al Foggia di uscire da una mini crisi di risultati, tornando alla vittoria dopo 5 turni nei quali la piazza aveva iniziato a contestare, prendendo di mira principalmente calciatori e staff tecnico.
COME L'ANNO SCORSO E COME L'ANNO PRIMA - Dal confronto dello “Zaccheria” escono vincitori mister Cudini e il suo gruppo, mentre i biancoscudati piombano nell’ennesimo momento critico della recente storia tra i professionisti, durante la quale, su 90 gare di campionato disputate in serie C, il Messina è rimasto fuori dalla zona playout o dall’ultimo posto solo in un numero di giornate che non superano le dita della mano.
Una dimensione di mediocrità nella quale la società del presidente Sciotto è abituata a vivere, senza trovare soluzioni, malgrado le tante rivoluzioni tecniche, dirigenziali e organizzative fatte in due stagioni e mezza. Ieri sera, in Puglia, il Messina ha riproposto le medesime criticità evidenziate dagli allenatori e giocatori che, in questa parte dell’anno, si sono alternati alle dipendenze della società da agosto 2021 ad oggi e. a questo punto, sembra chiara una incapacità, da parte della proprietà, di fare tesoro delle esperienze vissute nel recente passato.
Potremmo tranquillamente prendere come base di questa rubrica del post Foggia un pezzo dell’anno scorso o di quello precedente risalente al mese di novembre, sicuramente le considerazioni in merito non sarebbero molto diverse, ma adesso serve assolutamente che ciascuno, in casa Messina, faccia il proprio ruolo, partendo dal presidente.
BASTA SCARICABARILE - Sarebbe inaccettabile ascoltare ancora recriminazioni o scaricabarile, finte assunzioni di responsabilità non seguite da decisioni concrete, temporeggiare aumenta la virulenza della ferita e non porta a nulla di buono. Restano 5 partite alla fine del girone di andata, con Juve Stabia, Catania e Monopoli da affrontare in casa, Monterosi e Potenza sul loro campo, pensare a quanti punti occorrono diventa esercizio di stile inutile, mentre servirebbe decidere in fretta, senza cercare facili capri espiatori.
IL CAPRO ESPIATORIO - In quest’ultima categoria ricade sicuramente Giacomo Modica (voto 4 in riferimento alla gara dello “Zaccheria”), che prova a sorprendere Cudini con un classico intramontabile, il “falso nove”, sfruttando positivamente la momentanea indisponibilità delle due punte centrali presenti in organico. Se, però, arrivi due volte in area avversaria nei primi minuti di gara e, invece di altrettanti tiri pericolosi, verso Nobile arriva solo un passaggio rasoterra oppure si cincischia inutilmente, ecco che, dopo un paio di tentativi nemmeno troppo convinti dell’attacco rossonero, salvati nei pressi della propria linea di porta, arriva la trattenuta plateale all’altezza del dischetto del rigore che sembra gemella dell’intervento improvvido contro il Sorrento, e il risultato viene sbloccato, togliendo dagli impacci un Foggia con tante difficoltà ambientali.
MEDIOCRITA' DIFFUSA - Il resto del match, al netto di un atteggiamento meno indisponente rispetto all’ultima uscita col Latina, ma comunque limitato al compitino, si risolve nell’attesa del raddoppio, che giunge puntuale, sempre su calcio d’angolo, come una settimana prima, a chiudere definitivamente la contesa, malgrado mancassero ancora trenta minuti al fischio finale. Un copione già visto dalle nostre parti, che adesso sarà seguito dai tormenti della proprietà, dalla ricerca di colpevoli da parte del cosiddetto “ambiente”, senza nessuno che si prenda la briga di trovare una soluzione da mettere sul tavolo. Partendo da questa considerazione generale, non sorprendono le dichiarazioni di fine gara da parte di mister Modica, che ha visto miglioramenti, si appella alla sfortuna, chiede serenità e si mette a disposizione delle scelte societarie, o di Domenico Franco, secondo il quale, se crei e non segni, alla fine vincono gli altri. Tutto normale, per chi, parafrasando quanto affermato dall’allenatore biancoscudato, “non deve fare il campionato delle prime 4-5 in classifica”.
Quindi, nessuna sorpresa, questa doveva essere la posizione del Messina in questo momento del torneo. Per cui, è normale vedere calciatori incapaci di fare un passaggio semplice al compagno libero, preferendo incaponirsi in azioni personali regalando sempre il pallone agli avversari, oppure altri che lasciano sfilare la sfera a due metri dalla porta, invece di tentare la conclusione, o, infine, marcatori su calci da fermo, consentire ad elementi in maglia rossonera di scegliere quale fosse il tiro migliore per segnare.
Se sei una squadra destinata, al massimo, a tentare la salvezza nella doppia sfida dei playout, non puoi fare altro che consegnarti a chi ti fa sfogare o approfitta dei tuoi errori per costruire vittorie taumaturgiche.
IL COMPITINO DEGLI IMPIEGATI - Ieri sera, nemmeno un baluardo come Fumagalli (5), poco reattivo sul 2-0, si è salvato dalla atmosfera da impiegati del Catasto anni 70 che ha impregnato la prestazione del tanto celebrato gruppo, come si erano autodefiniti in settimana i calciatori scelti quest’anno dal ds Roma e dal tecnico Modica, promettendo di dimostrare sul campo la loro lealtà e vicinanza a chi li aveva voluti a Messina. Così come Manetta (5), troppo ingenuo quando trattiene Carillo sotto gli occhi di uno degli arbitri di Legapro che ha fischiato più rigori in carriera, oppure Firenze (5), dichiaratosi pronto alla battaglia e poi morbidissimo al momento in cui avrebbe potuto indirizzare la partita dopo 2’, mettendo nei guai un Foggia contestato dai propri tifosi, e invece ha scoccato (si fa per dire) quello che i vecchi frequentatori del “Celeste” avrebbero definito “tiro dello 0-0”. Certo, se poi al suo posto, dopo 69’, subentra Emmausso (4), si completa il quadro che definisce perché, sul campo, si vedono cose totalmente aliene rispetto a quanto predicato dallo staff tecnico nei primi due mesi della stagione. Il numero 10 biancoscudato (chiediamo scusa a Peppe Catalano o Enrico Buonocore) esordisce con un colpo di tacco inutile, continua troncando una azione offensiva passando la palla a metà tra Polito e Cavallo in prossimità dell’area rossonera, guarda con distacco nobile un potenziale assist sfilare a un passo da lui, infine sfodera, al quinto e ultimo minuto di recupero, un tiro secco indirizzato proprio dove si trova il portiere foggiano, forse con l’intento di fargli guadagnare un buon voto in pagella. Tutto materiale per accrescere le polemiche, non questioni riguardanti il calcio.
Potremmo poi dimenticare i due bersagli designati della difesa biancoscudata? Polito e Salvo (4,5 a tutti e due) vengono puntati non a caso da Tonin per creare pericoli e la situazione diventa meno evidente solo quando, dopo 10’ della ripresa, il giovane messinese classe 2003 viene sostituito da Pacciardi (5, per la banalità della sua prova), spostando l’altro compagno, elemento inamovibile del reparto arretrato targato Modica, sulla fascia destra, dove perde diversi palloni in uscita e viene messo in difficoltà quasi sempre nel confronto diretto con chi gli si para di fronte da quella parte. Forse uno dei pochi che prova a sbattersi per portare qualcosa a casa è Ortisi (5,5), pur non riuscendo ad essere cattivo e incisivo nelle occasioni in cui si avvicina alla porta di Nobile, senza cavare un cross decente o una conclusione degna di tal nome.
Senza nerbo la partita di due elementi che avrebbero dovuto dare sostanza alla prestazione collettiva, perché Giunta (5) gira a vuoto e solo a sprazzi trova la giocata giusta, Franco (5) non emerge mai dal confronto con i centrocampisti rossoneri.
Passando all’attacco, si potrebbe essere presi dallo sconforto, perché questa squadra non segna da 3 partite è penultima nella classifica delle reti realizzate in questo girone, pur se, allo “Zaccheria”, almeno ha dato un minimo di fastidio alla difesa del Foggia, ma questo accentua la negatività del giudizio sui singoli, a partire dall’eterno incompreso Nino Ragusa (5) capace di sgambettare per 79’ senza riuscire ad essere determinante, con il concorso di colpa da parte di compagni che sprecano le poche intuizioni degne.
Passiamo poi all’invenzione tattica di giornata, cioè il centravanti Zunno (4,5), che, però, guarda un po’ che sorpresa, non è Pedro, ex attaccante del Barcelona adesso alla Lazio, ma nemmeno un calciatore capace di tirare quando ha lo spazio, oppure stoppare il pallone nelle circostanze in cui dovrebbe fare la sponda e, quindi, risulta totalmente inerme in mezzo a tre difensori avversari che vanno a nozze sui lanci lunghi con un elemento non proprio dotato dal punto di vista fisico.
Anonima anche la serata di Scafetta (5), calato molto nel rendimento rispetto alle prime uscite, mentre non desta sorpresa l’apparizione piena di svolazzi, finte e palle perse da parte di Cavallo (4,5), nei 40’ in cui resta sul terreno spelacchiato dello stadio pugliese.
Infine, ultimi ma non per ultimi, Plescia e Luciani, (difficile valutarli) buttati nella mischia per fare un po’ di movimento nell’ultimo quarto d’ora, incluso il recupero, senza grandi risultati malgrado siano i due bomberoni della rosa biancoscudata, che in realtà avrebbe anche un altro attaccante utilizzabile in quella posizione, ma si chiama Zammit è maltese, ieri stava in campo con la sua Nazionale Under 21, non era disponibile per la battaglia, ma, a prescindere da ciò, ancora, evidentemente, non ha imparato “la cultura, il cibo, il metodo di lavoro italiano” (parole e musica di Giacomo Modica, ribadite più volte).
Archiviata la pratica Foggia, diventa abbastanza semplice prevedere cosa potrebbe succedere nelle prossime ore, considerando le esperienze già vissute con questa proprietà: passati i primi tormenti notturni post sconfitta, ci sarà la solita attesa condita da summit familiari, confronti interni, richieste di consigli e poi vedremo cosa partorirà questa complessa elaborazione in casa Sciotto.
Intorno, invece, ci saranno i consueti schieramenti in possesso delle proprie verità, con scenari più o meno fantasiosi e suggestivi, ma sempre meno appassionanti. Il calcio, quello vero, fatto di passione, sogni, sconfitte, ma anche qualche vittoria, non abita più qui da tanto tempo.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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