Lunga visita del Presidente Nazionale dell'Aia, Associazione Italiana Arbitri, Marcello Nicchi che in una giornata organizzata dalla sezione "Salvatore Rizzo" di Messina è stato ospite del Salone della Borsa della Camera di Commercio. La manifestazione, però, è stata preceduta da una conferenza stampa durante la quale sono stati toccati svariati argomenti legati al mondo arbitrale e del calcio nostrano.
Tanto spazio riservato alla serie A, quindi, con due temi su tutti: la tecnologia in campo e il confronto tra arbitri e giornalisti, ancora ritenuto quasi un tabù da sfatare. Per quanto riguarda il primo argomento, Nicchi ha spiegato come l'adozione della Goal Line Technology sia facoltativa ma prevista dal regolamento e che quindi vada rispettata la scelta delle varie società di utilizzarla o meno. Il Presidente ha però difeso la propria categoria e l'esperimento dei giudici di linea, infallibili da quando presenti in serie A.
Capitolo stampa. "Non abbiamo mai negato un'intervista a un nostro assistito, che sia televesiva o su carta stampata", ha dichiarato Nicchi, precisando però che "a parlare bisogna essere in 2 e il rischio è che l'adrenalina possa falsare le percezioni. A che serve parlare se l'arbitro non si è ancora reso conto di quanto fatto nei 90 minuti? L'errore non è non parlare, ma fare interviste volte alla polemica".
Addrentandosi maggiormente nel territorio, però, di maggior interesse per il calcio messinese l'analisi del sistema arbitrale riguardante le categorie più "basse". Dopo le recenti, tante proteste, in troppi campi, non sarebbe il caso di garantire un maggior aiuto agli arbitri su campi di Prima, Seconda e Terza Categoria se non addirittura nei campionati giovanili? "Noi ogni settimana, dal martedì alla domenica, arbitriamo 11mila partite", ha spiegato Nicchi, "e in certi casi è già difficoltoso trovare l'arbitro da mandare. Penso sia evidente che nelle categorie inferiori non possiamo mandare due o tre arbitri, l'assistente viene introdotto da Promozione o Eccellenza a seconda delle regioni e dei casi".
"Nel mondo dilettantistico", ha continuato il Presidente, "che è quello che ci interessa di più, c'è stata una grande crescita nella preparazione dei nostri arbitri: oggi si vedono ragazzini arbitrare in terza, seconda o prima categoria, molto preparati a livello tecnico e di personalità. Tutto si può migliorare, anzi dico che nella grande quantità si trova anche più qualità. Le selezioni iniziano dal basso, per arrivare ad arbitrare anche in Eccellenza c'è un lavoro di tecnici e presidenti di sezione di quattro o cinque anni. Per arrivare in B ci vuole almeno una decina d'anni. Però dobbiamo aiutarli, nei comportamenti e nel metterli a proprio agio. Questo sia chiaro a tutti, sono ragazzi che a volte, secondo me, non sono neanche arbitri ancora, ma studiano per diventarlo. Come il ragazzino a cui si insegnano i palleggi, gli stop e cose simili, anche l'arbitro deve crescere di pari passo. Cosa accade, che finché siamo nel mondo giovanile siamo alla pari, ma quando si comincia a calcare qualche categoria più alta come la Promozione abbiamo arbitri in fase di crescita e calciatori in fase quasi regressiva. Questi giocatori dovrebbero più aiutarli che metterli in difficoltà. Però in campo allenatori, giocatori, dirigenti, non sempre hanno un buon rapporto con il direttore di gara, spesso non ci si capisce ed è un problema".
Problema che sfocia, spesso, nella violenza, vero problema che affligge il calcio italiano secondo Nicchi: "La violenza nel calcio e nello sport è da debellare, è qualcosa di vergognoso. Il problema è l'assuefazione al fenomeno perché è diventato normale dare uno schiaffo all'arbitro. Non è così e non è giusto. Solo nello scorso anno, sono stati 375 i ragazzi finiti al pronto soccorso, senza pensare a quelli che magari hanno preso uno schiaffo senza dire nulla. Bisogna cambiare passo".
Autore: Giuseppe Fontana / Twitter: @peppe_fontana
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